La vicenda. Due condomini proponevano reclamo avverso un'ordinanza con la quale il Tribunale accoglieva la richiesta dell'amministratore del condominio di consentire l'accesso, nella proprietà esclusiva dei condomini reclamanti, di tecnici incaricati per eseguire dei rilievi.
I condomini, a sostegno del proprio reclamo, deducevano in particolare che: l'ordinanza era stata emessa senza che fosse stato ritualmente instaurato il contraddittorio tra le parti e che, pertanto, i reclamanti non avevano avuto modo di costituirsi.
Ciò in quanto il ricorso ed il pedissequo decreto di fissazione udienza erano stati notificati presso l'indirizzo dello stabile condominiale dove nessuno dei due condomini risultava effettivamente residente avendo, gli stessi, comunicato in precedenza il cambio di indirizzo all'amministratore del condominio.
Da tale circostanza conseguiva la nullità della notifica.
Quanto al merito, i condomini reclamanti sostenevano la sopravvenuta cessazione della materia del contendere dal momento che, nelle more, questi avevano acconsentito ai rilievi richiesti all'interno della propria abitazione.
Chiedevano, pertanto, al giudice che venisse sospesa l'esecutorietà dell'ordinanza reclamata con pronuncia di inesistenza e/o nullità della notifica del ricorso e decreto da parte del condominio ed illegittimità degli atti posti in essere successivamente ed in conseguenza del ricorso stesso.
Il condominio si costituiva in giudizio eccependo, in via preliminare, la tardività del reclamo proposto dai due condomini. Ciò in quanto l'ordinanza era stata notificata ai reclamanti in data 14 marzo 2016 mentre il reclamo era stato proposto in data 6 maggio 2016, ben oltre il termine di 15 giorni previsto dalla legge.
Si osserva, in particolare, che in data 9 marzo 2016 i reclamanti avevano richiesto la visibilità del fascicolo telematico in questione.
All'esito di tale consultazione telematica il giudice aveva emesso l'ordinanza poi reclamata.
Ciò posto, il condominio sostiene che dal momento in cui il fascicolo era stato consultato telematicamente, iniziava a decorrere il termine per l'impugnazione del provvedimento, pertanto la proposizione del reclamo era tardiva.
Quanto al merito, il condominio sosteneva l'inammissibilità del reclamo per sopravvenuta cessazione della materia del contendere ed, infine, l'infondatezza dell'impugnazione in quanto presso lo stabile ove era stata eseguita la notifica, vi era una cassetta per la corrispondenza dalla quale era possibile presumere che i due condomini ricevevano la posta presso quell' indirizzo. Il condominio chiedeva, pertanto, la conferma dell'ordinanza reclamata.
La sentenza. La posizione del Tribunale adito, nel caso di specie, si rivela particolarmente interessante. Il giudicante, infatti, ritiene che il reclamo proposto dai condomini debba essere ritenuto inammissibile in quanto tardivo: Il Tribunale, infatti, rifacendosi a precedenti e consolidati orientamenti giurisprudenziali, ha ritenuto che dal momento in cui gli interessati hanno avuto conoscenza legale degli atti del procedimento, tra i quali vi è anche l'ordinanza poi reclamata, decorre il termine per impugnare.
Già con pronuncia risalente al 1997 (Cass. Civ. sent. n. 6474/1997) la Cassazione sosteneva: "se il termine previsto dall'art. 669 terdecies cpc decorre dalla notificazione, se anteriore, o dalla comunicazione del provvedimento, è anche vero che quest'ultima può trovare equipollenti in altri fatti o atti giuridici che siano idonei ad assicurare una conoscenza effettiva e piena del relativo provvedimento, analoga a quella che si produce con detta comunicazione quale, come nella specie, il rilascio in copia autentica alla parte".
Ebbene: il Tribunale di Rieti ritiene che "fatto giuridico equipollente alla notificazione o comunicazione dell' atto" possa considerarsi senz'altro la visione del fascicolo telematico da parte dell'interessato contenente, ovviamente, il provvedimento da impugnare.
Da tale momento si realizzerebbe, pertanto, la conoscenza legale dell'atto.
Occorre considerare, tuttavia, che sebbene il Giudice adito operi un richiamo alla sentenza della Cassazione citata, le due fattispecie appaiono diverse l'una dall'altra: nella sentenza della Cassazione, infatti, è specificato che "atto o fatto giuridico equipollente alla conoscenza dell'atto" possa essere il rilascio di copia autentica da parte della cancelleria il che garantisce, in qualche modo, che il provvedimento sia effettivamente visionato dalla parte.
Il Tribunale di Rieti, invece, parlando di "richiesta di visibilità del fascicolo telematico" intende l'inoltro della pec al difensore da parte della cancelleria con la quale gli si comunica che il fascicolo può essere visionato.
Tale procedimento, a ben vedere, non garantisce che il difensore abbia realmente effettuato l'accesso al fascicolo e che ne abbia avuto legale conoscenza.
Nonostante tale divergenza tra le fattispecie descritte, il Tribunale di Rieti ritiene di dover allineare la propria pronuncia a quella della Cassazione di cui sopra considerando tardivo il reclamo dei condomini e ritenendo, quindi, che la semplice comunicazione di accettazione inviata con la pec dalla cancelleria al difensore debba ritenersi sufficiente alla legale conoscenza dell'ordinanza da parte del reclamante e che, pertanto, il termine di impugnazione decorre proprio dalla ricezione della stessa pec.
È importante chiedersi, a questo punto della trattazione, cosa debba intendersi in concreto per "conoscenza legale dell'atto".
Vasta giurisprudenza si è espressa sul tema (cfr Cass. Civ. n. 11319/2004; Cass Civ. n. 4727/2016) ma prenderemo in considerazione una importante sentenza della Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 5761/1998) la quale ha previsto che ai fini della conoscenza effettiva di un provvedimento, è possibile ricorrere anche a vie diverse rispetto all'attività svolta normalmente dalla cancelleria nelle forme dell'art. 136 cpc e 45 disp. Att. Cpc.
È possibile, per la Cassazione, adottare forme equipollenti a quelle previste dall'ordinamento… "purché sia assicurata la completa conoscenza della comunicazione da parte del destinatario e vi sia certezza della data..".
È frequente, per esempio, la prassi dell'apposizione del "visto per presa visione" apposto dal difensore sull'originale del biglietto di cancelleria inerente il provvedimento che si vuole comunicare.
Conclusioni. Tornando alla fattispecie decisa dal Tribunale di Rieti e alla luce della suddetta sentenza a Sezioni Unite della Cassazione non si può non osservare che, effettivamente, la pec di accettazione da parte della cancelleria circa la richiesta di consultazione del fascicolo informatico non fornisce l'assoluta certezza che il difensore abbia realmente visionato tale fascicolo né tantomeno è possibile risalire ad una data certa nella quale ciò è avvenuto.
La pec inviata dalla cancelleria fornisce soltanto la certezza che il difensore aveva inoltrato una precedente richiesta e che la stessa è stata accolta ma non sicuramente la legale conoscenza del provvedimento come dispone la Cassazione nel principio sopra enunciato.