L'attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e alla dislocazione dell'impianto e i dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.
In base al principio di responsabilizzazione, poi, spetta al titolare del trattamento (come ad, esempio, un condominio) valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità dello stesso, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche.
Se la telecamera viene installata dal singolo condomino, anche al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.), l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio antistanti l'accesso alla propria abitazione, escludendo ogni forma di ripresa anche senza registrazione di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l'abitazione di altri condomini. In caso contrario la vittima potrebbe richiedere un risarcimento danni.
Viene da domandarsi se quanto sopra valga anche per l'installazione, da parte del singolo condomino, di una telecamera finta. Per aggiungere credibilità a questi manufatti non funzionanti, molto spesso viene installato anche il cartello di informativa, che conferisce maggiore credibilità alla finta installazione e contribuisce indubbiamente al valore deterrente di tale soluzione.
A proposito di tale questione merita di essere segnalata la recente sentenza del Tribunale di Taranto n. 2640 del 7 novembre 2023.
Installazione di telecamera finta del singolo condomino. Fatto e decisione
Una condomina decideva di impugnare una delibera con cui l'assemblea le aveva intimato di rimuovere la telecamera poiché priva di autorizzazione condominiale.
L'attrice notava che, nel caso di specie, pur essendo i condomini informati circa la vigente normativa in materia di impianti di videosorveglianza, l'assemblea aveva deliberato a maggioranza la rimozione della telecamera predetta, nonostante l'autorizzazione condominiale non solo non fosse necessaria ma neppure richiesta.
La stessa partecipante al condominio lamentava che la delibera - voluta da altro condomino - mirava a danneggiarla.
In altre parole - a giudizio dell'attrice - la decisione assunta dall'assemblea era un vero e proprio atto emulativo vietato dall'articolo 833 c.c. e, quindi, una delibera nulla. Il Tribunale non ha accolto le ragioni della condomina.
La CTU espletata (come emergeva dagli allegati i rilievi fotografici) ha precisato che il dispositivo oggetto della controversia era in realtà una finta telecamera, cioè un semplice dispositivo di plastica privo di qualsiasi dotazione impiantistica, funzionale esclusivamente ai fini dissuasivi nei confronti di male intenzionati.
Alla luce di quanto sopra, lo stesso CTU ha concluso che l'oggetto rilevato nel corso del sopralluogo, installato dall'attrice sul pianerottolo del terzo piano del condominio, è un manufatto di plastica, privo di qualsiasi dotazione impiantistica, che simula la presenza di una telecamera a fini dissuasivi e, pertanto, non è in grado né di riprendere, e tantomeno di registrare alcun dato sensibile.
L'impugnazione della delibera assembleare è stata perciò rigettata per carenza d'interesse dell'attrice e per mancanza dell'oggetto del deliberato, non risultando la richiesta di autorizzazione per l'installazione di telecamera, avanzata dalla condomina, avere ad oggetto una vera e propria telecamera effettivamente funzionante.
Il Tribunale ha deciso di compensare le spese tra le parti, fatta eccezione per le spese della CTU che sono state poste a carico dell'attrice che, pur potendo dichiarare il non funzionamento della telecamera "giocattolo" ha taciuto sul punto, inducendo il giudice a disporre una CTU con le relative spese.
Implicazioni legali dell'uso di telecamere finte in ambito condominiale
Nella controversia esaminata, la telecamera installata dall'attrice è risultata essere "finta", ovvero apposta al solo fine di svolgere una funzione deterrente avverso potenziali intrusioni da parte di terzi malintenzionati e inidonea a riprendere e registrare.
Trattasi in realtà non di un dispositivo elettronico, impiantistico, ma di un mero involucro di plastica inidoneo ad effettuare riprese e di conseguenza anche ad arrecare pregiudizio alla privacy di alcuno.
A tale proposito le Linee guida EDPB 3/2019 (pubblicate il 29 gennaio 2020) sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video hanno chiarito che non è applicabile il Regolamento europeo, quando una persona non è in alcun modo individuabile.
La normativa in questione non è applicabile alle fotocamere false, vale a dire a qualsiasi fotocamera che non funziona e, quindi, non elabora alcun dato personale.
Allo stesso modo il Garante (nella FAQ 5 dicembre 2020 in materia di videosorveglianza n. 16) ha ribadito che la normativa in materia di protezione dati non si applica al trattamento di dati che non consentono di identificare le persone, direttamente o indirettamente, come nel caso delle riprese ad alta quota (ad esempio, tramite droni) o nel caso di fotocamere finte o non funzionanti, perché non c'è nessun trattamento di dati personali.
Come è stato affermato da un giudice di merito non vi è alcuna lesione del diritto alla riservatezza, quindi, se la telecamera di sicurezza istallata dal vicino è finta e posta come deterrente contro i malintenzionati (Trib Latina 17 settembre 2018).
Meno recentemente, con il provvedimento sulla videosorveglianza del 2004 (poi riproposto ed aggiornato nel 2008 e nel 2010), il Garante aveva precisato, però, che l'installazione meramente dimostrativa o artefatta di telecamere non funzionanti o per finzione, anche se non comporta trattamento di dati personali, può determinare forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi pubblici e privati e pertanto può essere legittimamente oggetto di contestazione.
In altre parole tali manufatti potrebbero generare un affidamento incolpevole da parte di chi si trova nelle aree apparentemente videosorvegliate, con possibili conseguenze di responsabilità in capo al soggetto che abbia deciso di installarle.
Discorso diverso, però, se l'angolo visuale delle telecamere finte è limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza.