Nell'ambito del contenzioso in materia di condominio, sono ricorrenti le vertenze che attengono alla contestazione di opere eseguite dai singoli proprietari su parti comuni dell'edificio, in assenza di autorizzazione e/o comunque in violazione del decoro architettonico o, ancora, in disprezzo di clausole contenute nel regolamento
La querelle portata avanti alla Corte d'Appello di Milano (sentenza n.2562 del 30 settembre 2024) interessa il tema illustrato, avendo ad oggetto la lite insorta tra il condominio ed un condomino a seguito della installazione, da parte di quest'ultimo, di una canna fumaria a servizio esclusivo del di lui immobile sulla facciata, nonostante la adozione di delibera contraria in relazione a tale intervento.
A tal riguardo, è confacente ricordare che il disposto di cui all'art. 1102 c.c., rubricato "uso della cosa comune" riconosce a ciascun comproprietario il diritto di trarre dal bene comune un'utilità, sia più intensa o diversa da quella ricavata dagli altri comproprietari, purché non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso, fermo restando la ulteriore valutazione sulla compromissione del decoro architettonico in correlazione alle norme di cui agli artt. 1120 e 1122 c.c.
Al contempo, è opportuno rappresentare che anche il regolamento condominiale può prevedere prescrizioni ad hoc, restrittive dell'uso delle parti comuni, ponendo espressi divieti ai diritti e facoltà dei condomini, in ragione della tutela del decoro e di altre esigenze.
Divieto di installazione della canna fumaria in facciata. Fatto e decisione
Un condominio ha convenuto in giudizio avanti al Tribunale il proprietario di una unità ubicata all'interno contestando l'avvenuta apposizione di canna fumaria sulla facciata all'uopo chiedendo la condanna alla rimozione ed alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi stante il pregiudizio arrecato al decoro dell'edificio e l'espresso divieto contenuto nel regolamento contrattuale.
Il Giudice di prime cure ha accolto la domanda rilevando tanto la lesione del decoro che la violazione del regolamento.
Il condomino ha promosso, quindi, appello avverso la sentenza di primo grado, lamentando l'erronea valutazione della documentazione agli atti e dell'art. 116 c.p.c. censurando la natura contrattuale del regolamento e sostenendo che lo stesso non poteva essere a lui opponibile in assenza di trascrizione dello stesso nei pubblici registri, ritenendo insufficiente i il mero richiamo nel contratto di compravendita.
La Corte d'Appello ha respinto il gravame, confermando la sentenza resa dal Tribunale, per i motivi in appresso esposti.
Pari uso, decoro architettonico e regolamento
Per una esaustiva disamina dell'argomento, è appropriato rammentare che il disposto di cui all'art. 1102 c.c. pone, quali divieti all'utilizzo della cosa comune, la alterazione della destinazione ed il pari uso degli altri partecipanti.
Sul punto, con particolare riferimento alla esecuzione di opere, è confacente acquisire che l'art. 1120, comma IV, c.c., dettato in tema di innovazioni, prescrive il divieto di alterazione del decoro architettonico dell'edificio inteso quale omogeneità delle linee e delle strutture, ovvero dell'armonia estetica che lo contraddistinguono e conferiscono allo stesso una definita fisionomia ed una specifica identità.
Parimenti, l'art. 1122 c.c., in relazione al compimento di opere su parti di proprietà o uso individuale, stabilisce che "il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio".
Dalla lettura del combinato disposto delle evocate norme, emergono, dunque, chiaramente i limiti che devono essere rispettati nell'uso da parte dei singoli dei beni comuni.
Tanto premesso, è frequente che, come nella fattispecie in esame, la installazione di un'opera su una parte comune, quale è notoriamente la facciata di un edificio, possa compromettere tanto il pari uso degli altri condomini che il decoro della stessa.
Preso atto della ratio delle norme richiamate, e della doverosa interpretazione ed applicazione, ogni volta, in relazione allo specifico caso concreto, non possiamo ignorare che clausole del regolamento di condominio possano porre divieti espressi, ovvero prescrizioni puntuali in tal senso.
In linea generale ed in aderenza alle osservazioni formulate, per quanto concerne la apposizione di canne fumarie, la Giurisprudenza ha affermato, in più occasioni, che "In materia condominiale, l'apposizione della canna fumaria pertinente a unità immobiliare di proprietà esclusiva non reca, di per sé, danno alla cosa comune, quale è la facciata dell'edificio, a condizione che ciò non alteri il decoro architettonico del fabbricato, come si desume dal combinato disposto degli articoli 1102,1120, comma 2, e 1122 c.c." (Tribunale Sassari sez. I, 25/09/2020, n.898).
E' di tutta evidenza, come, dunque, nella ipotesi in cui insorga una controversia, sia necessario accertare non solo la conformità dell'opera alle disposizioni citate ma, anche, al regolamento condominiale qualora prescriva restrizioni alla installazione di beni su parti comuni.
Natura vincolante del regolamento condominiale
Nella vicenda de qua, il condominio ha avanzato domanda di rimozione della canna fumaria, apposta dal condomino sulla facciata, sostenendo che la stessa era stata installata in violazione di un articolo del regolamento condominiale, avente - tra l'altro - natura contrattuale.
Ad avviso della Corte, è inequivocabile la natura contrattuale del regolamento, essendo stato predisposto dal costruttore del fabbricato e successivamente menzionato in tutti gli atti di compravendita.
Ugualmente, è risultato ineludibile il divieto ivi sancito in relazione alla occupazione da parte dei condomini, anche provvisoriamente, degli parti comuni, con previsione di precise limitazioni a tutela della facciata, con l'effetto conseguente di incidere sui diritti e sulle facoltà dei singoli nelle loro rispettive proprietà, qualora potenzialmente lesive del decoro del condominio.
In proposito, è giusto sottolineare che, qualora il regolamento condominiale preveda condotte vietate ai fini della tutela del decoro, queste assumono efficacia vincolante nei confronti dei condomini.
Ne deriva, ulteriormente, che in caso di conflitto, la presenza di restrizioni alla installazione di beni o modifica di elementi che caratterizzano la fisionomia dell'edificio o ne definiscono una particolare connotazione è dirimente sulla risoluzione della lite.
Trascrizione del regolamento ed opponibilità
Fermo quanto sopra, è utile precisare che la censura sollevata dal condomino in merito alla inopponibilità nei di lui confronti del regolamento, in quanto non trascritto, è palesemente infondata.
Invero, la clausola richiamata del regolamento non limita i diritti dei singoli condomini sull'uso delle proprietà esclusive ma, diversamente, pone un espresso divieto unicamente per l'utilizzo delle parti comuni, motivo per cui l'assenza di trascrizione non ne inficia la validità.
Non può esservi dubbio o esitazione sulla circostanza che la realizzazione di una canna fumaria sulla facciata attenga all'uso di un bene comune.
A conforto, è appropriato sottolineare che, in aderenza ad orientamento costante della Giurisprudenza "Il regolamento contrattuale di condominio, anche se non materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita delle singole unità immobiliari, fa corpo con esso allorché sia espressamente richiamato ed approvato, così che le sue clausole rientrano "per relationem" nel contenuto dei singoli contratti di acquisto e vincolano i relativi acquirenti" (Cass. Civ. n.8279/1999).
In ultimo, nella fattispecie de qua, dalla documentazione allagata in atti, anche a voler prescindere dalla rilevanza ed efficacia della clausola contenuta nel regolamento, è emerso il pregiudizio che tale opera determina sul decoro dell'edificio.