L'installazione di un ascensore in condominio è un intervento che può migliorare notevolmente la qualità della vita, soprattutto per chi ha difficoltà motorie. Tuttavia, spesso si scontra con ostacoli di natura giuridica e urbanistica, che possono rendere il processo più complesso del previsto.
Da un lato, infatti, esiste un principio di solidarietà tra condomini, riconosciuto anche dalla giurisprudenza, secondo cui l'installazione dell'ascensore può essere considerata un'opera necessaria per garantire l'accessibilità agli spazi comuni. D'altro canto, ci sono problemi "urbanistici" che possono complicare la realizzazione dell'opera.
Si deve considerare che il silenzio assenso (ossia l'approvazione tacita dell'intervento in caso di mancata risposta dell'amministrazione entro un certo periodo) non può formarsi se il privato non fornisce tutti i documenti richiesti, perché l'amministrazione deve avere la possibilità di effettuare le verifiche necessarie sulla base degli allegati alla SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e delle eventuali integrazioni documentali.
A tale proposito una recente decisione del Consiglio di Stato, pur riconoscendo l'importanza di eliminare le barriere architettoniche, stabilisce che tali interventi devono comunque rispettare determinate procedure e requisiti normativi (sentenza 8 maggio 2025 n. 3925).
Vicenda e decisione
Una condomina presenta al Comune di Parma, in data 10 luglio 2020, la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), con cui segnala l'immediato inizio dei lavori di nuova costruzione di un ascensore privato ad uso esclusivo della medesima da costruirsi su suolo condominiale, esternamente al condominio.
Il SUAP (Settore Sportello Attività Produttive ed Edilizia) del Comune, rilevata con riferimento alla sopra menzionata SCIA l'assenza dei requisiti e dei presupposti richiesti dalle norme e dagli strumenti urbanistici comunali, dispone il divieto di prosecuzione dell'attività unitamente alla richiesta di conformazione entro 60 giorni, ai sensi dell'art. 14 della LR n. 15/13.
In primo luogo, è stata sollevata una questione di tempistica, poiché l'assenso dell'assemblea condominiale risultava ormai datato. In particolare il Comune ha richiesto una dichiarazione dell'amministratore di condominio ove "si attesti che la decisione assunta nel medesimo in merito all'ascensore è tutt'ora in corso di validità ovvero che tale decisione non è stata superata da altre decisioni successive…"; del resto le vicine della condomina (controinteressate) avevano sostenuto che il progetto di ascensore non era stato "mai condiviso con l'assemblea e mai dalla stessa assentito".
A questo si aggiungeva l'assenza di documentazione essenziale, come il certificato medico attestante la disabilità e una dichiarazione sostitutiva relativa alle difficoltà di accesso all'abitazione.
Oltre a ciò, il Comune ha rilevato una carenza sul piano tecnico: mancavano gli elaborati progettuali necessari per dimostrare le soluzioni adottate per il superamento delle barriere architettoniche.
Inoltre, il progetto non risultava pienamente conforme alle prescrizioni contenute nell'articolo 7 del DM LLPP 14 giugno 1989 n. 239, che disciplina gli interventi per l'eliminazione degli ostacoli strutturali.
Un aspetto particolarmente rilevante riguardava il vincolo urbanistico: nel progetto si dichiarava che l'immobile non era sottoposto a tutele, ma secondo il regolamento edilizio risultava vincolato.
Questo contrasto ha reso necessaria la richiesta del parere della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, che però non era stato acquisito.
Per poter ottenere tale parere, il Comune ha inoltre richiesto una rappresentazione grafica dettagliata, da diverse angolazioni, che illustrasse sia lo stato attuale dell'edificio sia le modifiche previste dal progetto. In mancanza di tale parere, la SCIA risultava inefficace e i lavori non potevano essere avviati.
Infine, il provvedimento contestava il mancato rispetto delle disposizioni regionali, in particolare sui requisiti minimi degli elaborati grafici necessari per l'asseverazione analitica del progettista.
La condomina interessata ad installare l'ascensore esterno si è rivolta al Tar che ha respinto il ricorso. La questione è stata sottoposta al Consiglio di Stato.
La ricorrente ha notato, tra l'altro, che il Comune ha il potere-dovere di verificare se la delibera dell'assemblea condominiale attribuisce il titolo per la presentazione della SCIA, ma non può chiedere ulteriori dichiarazioni che non siano espressamente richieste dalla legge.
La decisione del Consiglio di Stato: riflessioni conclusive
Il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune, facendo presente che la condomina (nel ricorso di primo grado, come pure nell'atto d'appello) si è limitata a sostenere la tardività della richiesta di integrazione della documentazione, senza mettere in discussione la rilevata carenza degli elaborati progettuali.
Come hanno correttamente rilevato i giudici ammnistrativi, l'amministrazione deve poter verificare la conformità dell'opera rispetto al progetto sulla base delle informazioni fornite dal privato. Se queste informazioni sono incomplete o insufficienti, il termine per il silenzio assenso non può decorrere, perché l'amministrazione non ha gli elementi necessari per esprimere un giudizio.
È importante sottolineare che la sentenza chiarisce che la valutazione amministrativa si concentra principalmente sulla documentazione tecnica del progetto, verificando che gli elaborati siano completi e adeguati. Le questioni condominiali, pur avendo rilevanza civilistica, non rappresentano un ostacolo formale alla presentazione della SCIA. Questo significa che, anche se ci sono controversie tra i condomini sulla decisione di installare l'ascensore, ciò non impedisce automaticamente l'avvio della procedura amministrativa, purché il progetto rispetti le normative tecniche e urbanistiche. L'appello è stato respinto.