La vicenda che ha interessato il Tribunale di Grosseto (sentenza n. 669 del 10 ottobre 2020) è insorta a seguito della impugnazione di delibera assembleare con la quale è stata approvata la installazione di una piattaforma elevatrice esterna funzionale alla eliminazione delle barriere architettoniche.
L'elemento centrale della disamina che occupa il percorso logico-giuridico con il quale il Tribunale ha accolto la impugnazione promossa attiene al giudizio di bilanciamento degli interessi ovvero la valutazione dei sacrifici richiesti ai condomini rispetto alla esigenza di abbattere le barriere architettoniche che non può prescindere da un attento e rigoroso esame della situazione di fatto e dello stato dei luoghi e dal rispetto dei limiti imposti dalla normativa applicabile.
Nell'excursus del ragionamento operato dal Giudice, preliminarmente non è mancata una scrupolosa analisi sull'inquadramento normativo della disciplina riferibile al caso di specie, anche ai fini del raggiungimento del quorum: innovazione ex art. 1120, comma II, n.2) Cod. Civ. o modifica di destinazione d'uso?
Vediamo le argomentazioni con cui il Tribunale ha motivato la decisione assunta.
Installazione ascensore in condominio, l'iter Giudiziale
Alcuni condomini hanno proposto impugnazione avverso la delibera con la quale è stata approvata la realizzazione di un impianto di elevazione esterno
A sostegno delle proprie doglianze i condomini hanno contestato che tale opera (i) determina un ingombro del vano scale, riducendo significativamente la luce, (ii) limita l'area di parcheggio e viabilità, (iii) non rispetta le distanze di legge da alcuni balconi e finestre, nonché (iv) dimezza l'ampiezza del portone di ingresso.
Al contempo, gli attori assumono che le suddette circostanze configurano una chiara violazione dell'art. 1117 ter, comma I, n.1) e 2) Cod. Civ. in quanto una parte dei beni comuni vedrebbe compromesso la fruizione ordinaria, per cui tale effetto sostituirebbe una modifica della destinazione d'uso.
Quale domanda in subordine, gli attori denunciano, in ogni caso, la violazione dell'art. 1120, comma II, n.2) Cod. Civ., rilevando che, anche a voler reputare la installazione una innovazione, la stessa sarebbe vietata poiché rende inservibile all'uso le parti comuni, con evidente menomazione del diritto di godimento, oltre a costituire una alterazione del decoro del compendio condominiale.
Costituito in giudizio, il condominio ha contestato la tesi attorea in considerazione del fatto che la realizzazione della piattaforma elevatrice è propedeutica all'abbattimento delle barriere architettoniche in favore di tutti condomini, motivando che proprio in virtù di tale circostanza la norma applicabile è l'art. 1120, comma II, n.2), Cod. Civ. stante, ivi, l'espresso richiamo a detto intervento.
Installazione ascensore in condominio, innovazione o modifica destinazione d'uso
Prima di entrare nel merito delle valutazioni relative ai motivi della richiesta di realizzazione dell'elevatore e compararli con le limitazioni che a tale opera conseguono per gli altri condomini, il Giudicante afferma come la fattispecie debba essere asservita al disposto di cui all'art. 1120, comma II, n. 2) Cod. Civ., ritenuto che la richiamata norma prevede testualmente «I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: […] 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche [...]».
Invero, detta finalità, risulta chiaramente dai progetti ed autorizzazioni amministrative rilasciate, presentati in sede di assemblea condominiale, menzionati nel verbale e depositati nel giudizio.
Non vi è dubbio, pertanto, nel caso, che l'intervento deliberato in aderenza all'art. 2 Legge n.13/1989, sia conforme allo spirito della medesima legge, rubricata "Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati", il cui intento è quello di ridurre sensibilmente le condizioni di disagio nel godimento della propria abitazione per le persone diversamente abili.
Installazione ascensore in condominio, il giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi
Nella indagine tesa a ponderare gli antitetici interessi, è primario l'apprezzamento della situazione del caso concreto, tenuto conto che maggiore potrà essere la privazione dei condomini nel godimento delle parti comuni quanto maggiori siano le necessità contingenti delle persone diversamente abili che risiedono nel condominio.
Nella vicenda de qua, le sensibili limitazioni nell'utilizzo stato dei luoghi, quali spazi comuni, come illustrati e descritti dagli attori ad avvallo della fondatezza della impugnazione, ha trovato conferma nella CTU espletata all'interno del giudizio.
Posto ciò, la esemplificazione del ragionamento esposto dal Giudice nel pervenire alla decisione adottata, pone particolare attenzione all'intervenuto decesso della condomina per la quale il progetto di realizzazione della piattaforma era stato presentato, rilevando come i problemi di deambulazione rappresentati dal di lei figlio non hanno trovato una prova puntuale ma solo generica.
In proposito, pertanto, il Giudicante reputa doveroso procedere ad un giudizio di bilanciamento degli interessi particolarmente rigoroso con riferimento al sacrificio richiesto ai singoli condomini per le limitazioni al godimento delle parti comuni che tale opera comporterebbe.
Premesso quanto sopra, occorre precisare come, secondo quanto prescritto ex art. 1120, comma IV, Cod. Civ. «Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino».
Sul punto è utile ed opportuno ricordare che nel concetto di inservibilità è compresa anche l'ipotesi di una significativa riduzione della fruizione e/o godimento e non solo la inutilizzabilità integrale ed assoluta delle parti comuni.
Nella fattispecie in esame, oltre alle rilevanti limitazioni lamentate dagli attori, l'esito della perizia resa in corso di causa ha accertato e confermato anche che la realizzazione dell'ascensore esterno determina una situazione nella quale non è rispettata la distanza legale tra l'opera ed i balconi.
A tal riguardo, anche il sollevato richiamo, da parte del condominio, all'art. 3, comma II, della Legge n.13/1989, o meglio alla deroga ivi prevista, non è confacente in quanto è fatto salvo l'obbligo di rispettare le distanze di cui agli artt. 873 e 907 Cod. Civ. nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare ed i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o area comune.
Sotto tale profilo non può dubitarsi che il richiamo ai fabbricati alieni impone di escludere che la disposizione possa applicarsi in ambito condominiale.
In conseguenza, la norma derogatoria sulle distanze non è applicabile.