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Le infiltrazioni dal terrazzo condominiale costringono l'inquilino a traslocare? Il condominio deve restituire i canoni con gli interessi.

Se l'inquilino è costretto ad affittare un altro appartamento per fuggire dalle infiltrazioni il condominio ne paga le conseguenze.
Avv. Giuseppe Nuzzo Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

Tra i danni che il condominio è obbligato a risarcire al singolo proprietario, costretto ad abbandonare il proprio appartamento a causa delle infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico solare comune, rientra anche la restituzione dei canoni che il proprietario stesso ha dovuto pagare per l'affitto di una nuova abitazione, comprensivi degli gli interessi maturati, intesi come lucro cessante, computabili sul valore medio del credito dalla data di stipulazione del contratto di locazione fino alla decisione del giudice.

Questo il principio di diritto affermato dalla quinta sezione penale del Tribunale di Roma con la sentenza n. 20406 del 13 ottobre 2015. Secondo il giudice capitolino, tra i danni patrimoniali risarcibili rientrano anche gli interessi da lucro cessante sui canoni d'affitto rimborsati al condomino costretto a lasciare l'immobile a causa delle infiltrazioni.

I frutti sul valore medio del credito (il totale dei canoni pagati) vanno computati dalla stipula della locazione. Possibile anche il risarcimento dei danni non patrimoniali legati alla salute che, però, nella fattispecie sono stati negati, perché il condomino non ha dimostrato il nesso causale tra lesioni lamentate e fenomeni infiltrativi.

Il caso preso in esame del Tribunale romano è un "classico": una condomina lamentava infiltrazioni d'acqua nel proprio appartamento provenienti dal lastrico di proprietà condominiale. Infiltrazioni di intensità tale da costringere l'anziana proprietaria ad abbandonare i locali e sistemarsi in un altro alloggio, in affitto.

Di tal ché, nella richiesta di risarcimento danni rivolta al condominio, la donna includeva, oltre alle spese necessarie per riparare il lastrico e l'appartamento, anche il rimborso dei canoni di locazioni che era stata costretta a pagare per l'inutilizzabilità dell'appartamento, oltre al risarcimento del danni alla salute.

La C.T.U. espletata in corso di causa ha confermato le responsabilità del condominio denunce dell'anziana condomina. Effettivamente, sono evidenti i fenomeni infiltrativi che hanno interessato il soggiorno e il bagno della signora e che hanno danneggiato parte degli intonaci, la tinteggiatura del soffitto e la carta da parati.

Tutta colpa, secondo il consulente tecnico, della "mancata tenuta localizzata del manto impermeabile (guaina) del terrazzo condominiale"; difetti che l'amministrazione condominiale avrebbe dovuto prontamente eliminare, essendo la struttura di copertura di proprietà comune.

Infiltrazioni da terrazza a livello: il risarcimento va richiesto a tutti i condomini.

Ci sono, dunque, tutte le prove sufficienti per affermare la responsabilità esclusiva del condominio. Infatti, l'origine delle infiltrazioni in questione è riconducibile senza dubbio alla mancata tenuta idraulica della guaina del terrazzo condominiale.

Sicché, tenendo conto della matura comune del terrazzo ex art. 1117 c.c., deve affermarsi la proprietà condominiale, cui consegue il dovere, in capo al condominio-custode, di curarne la manutenzione e, ai sensi dell'art. 2051 c.c., la responsabilità per danni derivanti dalla sua negligenza.

Tra questi danni, figurano le spese che la proprietaria è stata costretta ad affrontare dopo aver dovuto lasciare il suo appartamento, divenuto "malsano" per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal terrazzo comune dell'edificio.

E, oltre ai lavori di riparazione nei locali (circa 4 mila euro), il danno patrimoniale comprende anche la ripetizione dei canoni di affitto versati dalla condomina (circa 43 mila euro), obbligata a trovarsi un'altra sistemazione per non vivere tra le muffe sulle pareti.

Sul capitale scattano gli interessi intesi come lucro cessante dalla data di stipula del contratto d'affitto fino alla sentenza del giudice.

In particolare, alla donna competono gli interessi a titolo di lucro cessante computabili sul valore medio del credito al tasso annuo del 2,4% - da quando la casa fu presa in affitto sino al provvedimento del tribunale - pari al rendimento che presumibilmente la condomina avrebbe ricavato dalle somme dovute se le avesse tempestivamente percepite e investite, ad esempio, in titoli di Stato.

Quanto innanzi, anche alla luce dell'insegnamento della Corte di Cassazione (sentenza n. 1712/1995) secondo cui "il mancato godimento di un bene, protrattosi per una pluralità di anni, è un credito risarcitorio per lucro cessante che matura anno per anno ed è suscettibile di rivalutazione monetaria, con attribuzione degli interessi sulla somma rivalutata, solo a partire da ciascuna annualità".

Sul totale delle somme liquidate per sorte capitale e lucro cessante competono poi, ai sensi dell'art. 1282 c.c., gli interessi legali dalla data della decisione del giudice fino al saldo.

Sul fronte dei danni non patrimoniali, la condomina aveva chiesto il risarcimento delle lesioni al diritto alla salute, per aver abitato in un ambiente malsano e umido a causa delle infiltrazioni.

Ma su questo punto, il Tribunale ha respinto la domanda risarcitoria, perché "in nessuna delle certificazioni mediche prodotte è dato rinvenire un elemento ricollegabile al fenomeno infiltrativo, né si evince con certezza scientifica che le dedotte patologie possano essere conseguenza dell'ambiente malsano in cui la signora ha vissuto".

Sentenza
Scarica Tribunale di Roma, n. 20406 del 13 ottobre 2015
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Daniela
Daniela 07-09-2016 10:55:46

In quali casi si applica il principio di verticalità?

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