Il condominio quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde, in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste procurati alla proprietà esclusiva di uno dei condomini.
Si è posto il problema di stabilire se questo principio operi anche per i danni da infiltrazioni derivanti direttamente dal tubo di scarico delle acque piovane che parte da un lastrico di proprietà esclusiva.
Il problema è stato recentemente analizzato dal Tribunale di Benevento (sentenza 9 luglio 2024 n. 1330).
Infiltrazioni dai pluviali del lastrico e risarcimento danni. Fatto e decisione
I proprietari di un'unità immobiliare facenti parte di un piccolo caseggiato subivano fenomeni infiltrativi, derivanti dal terrazzo sovrastante in uso esclusivo a due condomini; di conseguenza citavano davanti al Tribunale gli altri condomini, lamentando che le infiltrazioni si manifestavano oramai da tempo, determinando uno stato di degrado e l'insalubrità dell'ambiente, con estese macchie di umidità sulle pareti e pittura e intonaci scrostati; gli attori sottolineavano che si era reso necessario l'intervento dei Vigili del Fuoco, i quali avevano accertato un'evidente infiltrazione d'acqua che coinvolgeva il quadro elettrico presente sulla parete d'ingresso, con necessità di fare lavori a tutela della privata incolumità.
Per questi motivi, chiedevano accertarsi i danni all'appartamento, nonché alla parete dello stabile e condannarsi i convenuti all'eliminazione delle cause del fenomeno infiltrativo e al risarcimento del danno.
Si costituivano, tra gli altri, i titolari della terrazza che non si ritenevano responsabili, sostenendo di essere meri utilizzatori della copertura piana dello stabile. Il Tribunale disponeva consulenza tecnica d'ufficio; lo stesso giudicante chiedeva all'ausiliario di verificare se le proprietà individuali di tutte le parti in causa fossero indipendenti tra loro o se facessero parte di un condominio.
Il CTU, al riguardo, pur evidenziando che alcune unità immobiliare degli attori avevano ingresso indipendente, accertava l'esistenza di un condominio.
Inoltre notava che il terrazzo in proprietà esclusiva fungeva da copertura, per le abitazioni sottostanti degli attori e degli altri convenuti e che il tubo di raccolta delle acque meteoriche che partiva dalla terrazza era oggetto di ingresso delle utenze degli attori e degli altri convenuti. Il Tribunale ha dato ragione agli attori. A convincere il giudice campano è stata la relazione del CTU che ha evidenziato, in primo luogo, con ampio corredo fotografico e anche grazie ad una videoispezione del tubo di scarico delle acque meteoriche a mezzo di sonda, come i fenomeni di infiltrazione fossero determinati dalla mancata manutenzione e impermeabilizzazione del tubo medesimo presente sul lastrico, il quale, poi, innestandosi nel muro perimetrale della terrazza, fuoriusciva attraverso un manicotto per procedere verticalmente sulla parete esterna, con ingresso anche delle utenze degli attori e degli altri convenuti, determinando l'ammaloramento degli attigui ambienti della proprietà.
Del resto, anche in presenza di ingressi separati (ma, comunque, relativi ad un medesimo edificio con struttura muraria esterna in comune), lo stesso CTU ha confermato l'esistenza di un piccolo condominio.
In ogni caso gli attori hanno allegato e provato (con foto dello stato dei luoghi, rapporto dei pompieri, computo metrico del CTP) le copiose infiltrazioni d'acqua, le quali, giunte nella unità abitativa in loro proprietà hanno determinato uno stato di degrado e insalubrità degli ambienti.
Inoltre hanno dedotto, in via indiretta, che tale fenomeno infiltrativo derivava dal terrazzo sovrastante e, in particolare, dal tubo di raccolta delle acque piovane utilizzato da tutta la collettività condominiale.
Dal momento che le infiltrazioni non sono state causate direttamente dal lastrico solare bensì dal tubo di scarico delle acque piovane usato da tutti, il Tribunale ha condannato i convenuti al pagamento, in solido tra loro e in favore dei danneggiati, dell'importo necessario per l'eliminazione del fenomeno infiltrativo e il ripristino dell'unità abitativa degli attori (importo dal quale dovrà essere detratta la somma da imputare agli attori in base alla loro quota millesimale).
Riconoscimento della responsabilità del condominio per le gronde
Per comprendere la soluzione proposta dalla decisione in commento bisogna ricordare che
le gronde, i doccioni e i canali di scarico delle acque meteoriche del tetto o lastrico di uno stabile condominiale costituiscono bene comune, atteso che, svolgendo una funzione necessaria all'uso comune (in quanto "servono all'uso e al godimento comune"), ricadono tra i beni che l'art. 1117 c.c. include tra le parti comuni dell'edificio.
Infatti le gronde convogliano le acque meteoriche dalla sommità dell'edificio fino a terra o a scarichi fognari e svolgono quindi funzione che prescinde dal regime proprietario del terrazzo di copertura, salva anche la facoltà di un uso più intenso che, compatibilmente con il disposto dell'art. 1102 c.c., possa farne il proprietario del terrazzo stesso per suoi usi. Recentemente si è affermato che le gronde, i doccioni e i canali di scarico che convogliano le acque meteoriche dalla sommità di un edificio condominiale svolgono una funzione necessaria all'uso comune, essendo irrilevante la circostanza che la copertura del fabbricato, dal quale provengono tali acque, sia costituita da tetto a falda, da lastrico o da terrazzo di proprietà esclusiva. Quindi ogni responsabilità alla manutenzione e realizzazione delle pluviali in via generale è da imputare al condominio (Trib. Napoli 3 giugno 2024, n. 5722).
La proprietà esclusiva del lastrico o terrazzo dal quale provengano le acque che si immettono nei canali non muta questo regime, giacché l'art. 1126 c.c. disciplina soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico propriamente inteso e non di altre parti dell'immobile, la cui esistenza è, per esso, indipendente da quella del lastrico, salvo che altrimenti risulti espressamente dal titolo, nè è consentita un'interpretazione che per analogia estenda il regime dei costi di riparazione stabilito in via eccezionale dall'art. 1126 c.c. (Cass. civ., sez. II, 22/12/2014, n. 27154).