Con la sentenza n. 5059 del 23 ottobre 2024, il Tribunale di Palermo ha affrontato la questione relativa al risarcimento del danno da mancato godimento dell'immobile di proprietà di un condòmino danneggiato da infiltrazioni derivanti dall'omessa manutenzione del tetto a falde dell'edificio condominiale.
In particolare, il Tribunale ha riconosciuto il danno sopravvenuto alla sentenza passata in giudicato che aveva già condannato il Condominio alla rimessione in pristino dell'immobile danneggiato trattandosi di danno (" sopravvenuto") causato dalla protrazione della medesima condotta illecita da parte del danneggiante e dalla conseguente perdurante compressione dell'interesse dominico del condòmino danneggiato.
Il Tribunale ha riconosciuto, altresì, il danno futuro da lesione della facoltà di godimento del bene da parte del condòmino ossia fino all'effettiva esecuzione da parte del Condominio delle opere di rimessione in pristino dell'immobile.
Infiltrazioni alla singola unità immobiliare per omessa manutenzione della copertura a falde dello stabile condominiale. Fatto e decisione
Un condòmino citava in giudizio il Condominio in persona dell'amministratore p.t. al fine di ottenere l'accertamento della responsabilità del Condominio ed il risarcimento dei danni subiti a causa di fenomeni infiltrativi nella propria unità immobiliare derivanti dalla copertura a falde dello stabile condominiale.
In particolare, il condòmino allegava di essere proprietario di un immobile posto all'ultimo piano dello stabile condominiale; che detto immobile era interessato da fenomeni infiltrativi causati dall'omessa manutenzione di beni condominiali (copertura a falde dello stabile condominale); che il Tribunale con precedenti provvedimenti aveva posto a carico del Condominio l'obbligo di eseguire immediatamente le lavorazioni necessarie per rimuoverne tanto la causa, quanto gli effetti dannosi prodottisi nel suo immobile e nelle parti comuni; che con successivo accordo raggiunto nell'ambito di un procedimento di mediazione, egli era stato esonerato dal pagamento degli oneri condominiali ordinari e straordinari relativi ai predetti lavori posti a carico del Condominio; e che, tuttavia, il Condominio era rimasto inadempiente al suddetto obbligo di fare.
Il condòmino chiedeva, pertanto: 1) il risarcimento per equivalente delle conseguenze pregiudizievoli per la compagine condominiale derivanti dalla omessa esecuzione dei suddetti provvedimenti giudiziari definitivi e nel dettaglio dell'esborso sostenuto per rinnovare l'autorizzazione all'installazione dell'ascensore; 2) il risarcimento del danno pari al costo delle opere non ancora eseguite dal Condominio sia nell'immobile di sua proprietà sia sui beni comuni; 3) il risarcimento del danno da privazione del cd. del bonus mobili, da mancata fruizione del bonus edilizio al 50% per i lavori di ristrutturazione del proprio immobile e da mancata detrazione degli interessi del mutuo ristrutturazione; 4) il risarcimento del danno da mancato accesso ai benefici del cd. super ecobonus del 110%; 5) il risarcimento del danno non patrimoniale all'immagine professionale sofferto in ragione del suo coinvolgimento nei suddetti procedimenti giudiziari; 6) il risarcimento del danno da mancato godimento dell'immobile di sua proprietà.
Si costituiva in giudizio, tardivamente, il Condominio contestando la ricostruzione dei fatti offerta dal ricorrente chiedendo il rigetto delle domande.
Il Tribunale ha ritenuto inammissibili le domande attoree di cui ai punti 1) e 2) sopra indicati: la prima in quanto il condòmino avendo subito un danno alla propria unità immobiliare derivante dalla omessa manutenzione dei beni comuni, era titolare di un interesse contrario rispetto a quello del gruppo condominiale e, pertanto, non poteva agire nel suo interesse; la seconda, per essere stata già disposta l'esecuzione in forma specifica del danno relativo al costo delle opere non ancora eseguite dal Condominio per cui la richiesta di liquidare anche il risarcimento del medesimo pregiudizio per equivalente avrebbe dato luogo ad una indebita locupletazione.
Il Giudice ha, poi, ritenuto improcedibile la domanda di cui al punto 3) in ragione del giudicato esterno di cui alla sentenza di uno dei giudizi sopra richiamati non avendo l'attore allegato e dimostrato che il fatto costitutivo delle voci di danno invocate (danno da privazione del cd. del bonus mobili, da mancata fruizione del bonus edilizio al 50% per i lavori di ristrutturazione del proprio immobile e da mancata detrazione degli interessi del mutuo ristrutturazione) fosse sopravvenuto al passaggio in giudicato della predetta sentenza.
Ha, altresì, rigettato la domanda di risarcimento del danno da mancato accesso ai benefici del cd. super ecobonus del 110% per non aver l'attore fornito la prova in ordine al fatto che laddove il Condominio avesse dato completa esecuzione alle statuizioni contenute nei citati provvedimenti giudiziari lo stabile condominiale sarebbe stato conforme alle analitiche prescrizioni dettate dalla normativa di settore per accedere al beneficio del super bonus.
Del pari, il Giudice ha rigettato la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale all'immagine professionale sofferto dall'attore, in ragione del suo conivolgimento nei procedimenti giudiziari dettagliatamente indicati nell'atto introduttivo del giudizio, per non aver dimostrato i pregiudizi ricollegabili all'attività professionale svolta.
È stata, invece, accolta la domanda di risarcimento del danno da mancato godimento dell'immobile di proprietà dell'attore essendo stata accertata, grazie alla Ctu espletata, la perdurante compressione del proprio interesse dominico stante l'inottemperanza del Condominio all'obbligo di rimessione in pristino dell'immobile attoreo risultante dal relativo capo condannatorio del provvedimento giudiziale passato in giudicato.
Da ultimo, è stata accolta anche la richiesta dell'attore di condanna del convenuto Condominio al risarcimento del danno futuro per la lesione della sua facoltà di godimento dalla data di pubblicazione del provvedimento in esame e fino all'effettiva esecuzione da parte del Condominio delle opere di rimessione in pristino dell'immobile, tramite "condanna in futuro".
Responsabilità del Condominio per infiltrazioni e danno da mancato godimento dell'immobile
Il Condominio è responsabile dei fenomeni infiltrativi nell'immobile di proprietà del singolo condòmino derivanti da omessa manutenzione di beni comuni ( nella specie del tetto a falde) ex art. 2051 c.c. ai sensi del quale " ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito".
Qualora il diritto del condòmino di pretendere il risarcimento del danno da mancato godimento del proprio bene - a causa di fenomeni infiltrativi nell'appartamento di sua proprietà legati all'omessa manutenzione dei beni comuni - sia stato già accertato con sentenza passata in giudicato ed il Condominio non abbia ottemperato all'obbligo di rimessione in pristino dell'immobile danneggiato, il condòmino ha diritto ad ottenere la liquidazione del danno da mancato godimento sopravvenuto alla indicata statuizione.
Ciò, perché il danno da mancato godimento dell'immobile danneggiato sopravvenuto alla statuizione accertativa di responsabilità del Condominio è causato dalla protrazione della medesima condotta illecita da parte del danneggiante ovvero dalla perdurante inottemperanza dell'obbligo di rimessione in pristino dell'immobile attoreo.
Del pari, va riconosciuto il risarcimento del danno futuro da lesione della facoltà di godimento del bene di proprietà del condòmino attore ossia di quel danno che si produrrà nella sua sfera giuridica dalla data di pubblicazione del provvedimento e fino all'effettiva esecuzione da parte del Condominio delle opere di rimessione in pristino dell'immobile, tramite " condanna in futuro".
Sul punto, il Tribunale ha condiviso la tesi di quanti ritengono il rimedio della condanna in futuro non già eccezionale (e come tale insuscettibile di interpretazione analogica da ultimo Cass., n. 24819/2023) ma, al contrario, generale e atipico e valutano positivamente l'interesse del danneggiato alla predisposizione anticipata (rispetto all'inadempimento od all'ulteriore inadempimento) di un titolo esecutivo (dotato di un'efficacia differita al momento in cui l'illecito sarà cessato), qualora, come nella specie, debba ritenersi più probabile (se non certo) che l'illecita compressione della dimensione conservativa del suo meritevole interesse (che nella specie si protraeva ininterrotta da un decennio nonostante l'accertamento della responsabilità del convenuto) perdurerà anche oltre la data di pubblicazione della sentenza.
Secondo il Tribunale, infatti, la concessione del rimedio della condanna in futuro in casi come quello di specie appare imposta da alcuni principi, derivanti dalla Costituzione e da fonti sovranazionali oltre che elaborati dalla giurisprudenza, che sarebbero apertamente violati ove il titolare di un interesse meritevole, coinvolto in una dinamica illecita di carattere permanete e che abbia ottenuto un accertamento definitivo del proprio diritto al risarcimento del danno, fosse costretto (una volta cessata la compressione della sua sfera giuridica) ad adire nuovamente l'autorità giudiziaria per ottenere soddisfazione della medesima pretesa risarcitoria.
La concessione del rimedio risarcitorio per il futuro si fonda, infatti, sui principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale (artt. 3, 24, 103, 111 e 113 Cost., artt. 8 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, 13 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo - stando all'interpretazione offertane dalla Corte di Giustizia già a far data dalla sentenza Johnston del 1986 - e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, e oggi del Trattato di Costituzione Europea), sul principio di flessibilità del rimedio risarcitorio in relazione al singolo caso concreto (in tal senso, cfr., Cass., 17 settembre 2013, n. 21255 cit.) tant'è che la decisione giudiziale, nel singolo contesto applicativo, è chiamata, sul versante dell'an, a individuare, tra i molteplici rimedi disponibili, quello più appropriato alla situazione bisognosa di protezione" (sul punto cfr. Cass. n. 21255/2015) dal conseguente principio di atipicità del rimedio risarcitorio "che mira al raggiungimento dell'interesse protetto e che incontra i soli limiti dell'impossibilità materiale o della ragionevole esclusione legislativa diretta a tutelare un interesse maggiormente rilevante" (così Cass. n.21253/2013).
Tutto ciò affinchè il processo consenta al titolare del diritto di ottenere tutto quello e proprio quello che gli derivi dal riconoscimento della situazione soggettiva.