Il condominio è caratterizzato dalla necessaria coesistenza di unità abitative di proprietà esclusiva e di parti comuni, strutturalmente e funzionalmente vincolate alle prime.
Tale vincolo di accessorietà è una condizione necessaria per l'esistenza stessa del condominio, per cui il condominio stesso, per sua natura, non è suscettibile di divisione: la contitolarità di diritti e doveri sulle parti comuni del condominio non è divisibile, possibilità questa sempre prevista invece nella comunione semplice.
Si tratta, a ben vedere, di un'applicazione della regola generale di cui all'art. 1112 c.c., in virtù della quale lo scioglimento della comunione può essere sempre chiesto, a condizione, però, che non si tratti di cose che, se divise, cesserebbero di servire all'uso cui sono destinate.
Le parti comuni dell'edificio rientrano appunto in quest'ultima categoria: non possono essere oggetto di divisione, poiché destinate, dal punto di vista strutturale e funzionale, alle unità di proprietà esclusiva.
Nel condominio dunque la indivisibilità è la regola.
Eccezionalmente, ai sensi dell'art. 1119 c.c., la divisione delle parti comuni condominiale è ammissibile solo se possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condominioe con il consenso di tutti i partecipanti al condominio.
Il requisito del consenso unanime è stato aggiunto dall'art. 4 della legge di riforma del condominio n. 220/2012, con l'evidente fine di rafforzare l'indivisibilità delle parti comuni del condominio e il loro rapporto di accessorietà o strumentalità rispetto alla migliore fruizione delle unità immobiliari esclusive.