In tema d'impugnazione di delibere condominiali riguardanti la mera gestione delle parti comuni, nel caso in cui la deliberazione impugnata davanti all'Autorità Giudiziaria fosse invalidata, solamente l'amministratore sarebbe legittimato ad agire ed in questo caso ad impugnare il provvedimento giudiziale contestato.
Ciò vuol dire che i condòmini non possono appellare la sentenza del grado di giudizio cui ha partecipato il condominio (anche nell'ipotesi di contumacia della compagine).
Questa, in brevissima sintesi, la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 29748 depositata in cancelleria il 12 dicembre 2017.
Non si tratta del primo pronunciamento in tal senso, anzi: l'orientamento - come dice la stessa sentenza - è ormai consolidato.
Ciò che interessa oltre al principio è la portata più ampia che questo potrebbe avere. Vediamo in che senso.
Il caso: un condòmino impugna una delibera assembleare contestando il piano di ripartizione adottato in quella decisione.
Arrivati in Cassazione a proporre ricorso erano alcuni condòmini e non il condominio in persona dell'amministratore, che aveva partecipato ai precedenti gradi di giudizio. Ciò è bastato alla Suprema Corte per dichiarare l'inammissibilità del ricorso.
Motivo? Quei condòmini non erano stati parti del giudizio fino alla proposizione del ricorso per Cassazione.
Come, direbbe qualcuno, ma se per lungo tempo ci è stato insegnato che i condòmini possono sempre intervenire in giudizio in quanto il condominio non ha autonoma personalità giuridica. Vero, ma - aggiungiamo noi sulla scorta delle pronunce della Corte nomofilattica - fino ad un certo punto.
Il punto è questo: ci sono impugnazioni diverse da altre impugnazioni e ciò le differenzia ai fini della legittimazione ad agire è l'oggetto della causa.
Si legge in sentenza che «la legittimazione passiva esclusiva dell'amministratore del condominio nei giudizi relativi alla ripartizione delle spese per le cose ed i servizi collettivi promossi dal condomino dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione all'interesse particolare di uno di essi (Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8198)».
Ciò, dice la Corte, non riguarda solamente le controversie sulla ripartizione delle spese, ma più in generale quelle afferenti principalmente alla gestione delle cose comuni. Qualche anno fa si disse la stessa cosa in relazione ad una controversie riguardante la nomina di un amministratore (Cass. n. 19223/2011).
Per la Cassazione l'interesse collettivo - cioè quello di tutti i condòmini - e quelli individuali dei singoli partecipanti alla compagine, non sono sovrapponibili. Tutt'altro!
La pronuncia in esame afferma chiaramente che in seguito ad una sentenza resa in un giudizio al quale ha partecipato solamente il condominio «non va consentita l'impugnazione individuale relativamente alle controversie aventi ad oggetto non i diritti su di un bene o un servizio comune, bensì la gestione di esso, intese, dunque, a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, nelle quali non v'è correlazione immediata con l'interesse esclusivo d'uno o più condomini, quanto con un interesse direttamente plurimo e solo mediatamente individuale, giacché, nelle cause di quest'ultimo tipo, la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, spetta in via esclusiva all'amministratore, e la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest'ultimo finisce per escludere la possibilità d'impugnazione da parte del singolo condomino» (Cass. 12 dicembre 2017 n. 29748).
La riflessione che questa pronuncia apre - cui si faceva menzione in principio - è la seguente.
Se i condòmini non possono impugnare la sentenza resa contro il loro condominio perché non hanno partecipato personalmente al grado di giudizio precedente, allora lo potrebbero fare qualora avessero esperito intervento volontario nel processo ai sensi dell'art. 105 c.p.c.?
La Cassazione riconosce la facoltà di proporre appello all'interventore volontario (si veda ad es. Cass. 29 gennaio 2015 n. 1671).
La questione quindi è in realtà un'altra: data la nettezza delle affermazioni della Corte, è considerabile come possibile un intervento volontario di uno dei condòmini nell'ambito di giudizi d'impugnativa delle delibere condominiali che lo riguardano solo indirettamente?
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