Qualora venga realizzato un impianto malfunzionante l'impresa che ha eseguito i lavori può andare esente da responsabilità sostenendo di aver rispettato nel dettaglio il progetto tecnico realizzato da tecnici della committente?
A questa domanda ha dato una risposta la Cassazione nella sentenza n. 31273 del 24 ottobre 2022.
Impianti di climatizzazione malfunzionante e responsabilità dell'impresa esecutrice di un progetto del committente: la vicenda
Una società chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di una cliente a cui, sulla base di un contratto di appalto originario del maggio 2010 poi modificato con scrittura del 7 dicembre 2010, aveva realizzato un impianto di climatizzazione.
L'intimata si opponeva al decreto ingiuntivo e domandava la risoluzione per inadempimento, per la difformità delle opere dalle prescrizioni del Decreto del Ministero dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37 (Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a, della legge n. 248 del 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici).
Il Tribunale ha dato ragione all'impresa. Secondo il giudice di primo grado l'appaltatrice aveva cominciato ad operare in autonomia soltanto da agosto 2010, essendo stata in precedenza mera esecutrice materiale di un progetto realizzato da terzi, eseguendo le opere sotto la direzione dei lavori di un tecnico incaricato dalla cliente.
Anche la Corte di Appello sottolineava che, sulla base degli accordi contrattuali, l'appaltatrice era costretta a procedere all'esecuzione dei lavori nel rispetto delle caratteristiche tecniche, delle forniture di materiali e di apparecchiature indicate nel progetto esecutivo e illustrate nella documentazione di sviluppo, nonché attenersi al computo metrico e alle tavole degli impianti.
Quest'ultima ricorreva in cassazione sottolineando, tra l'altro, gli obblighi gravanti sull'impresa di funzionalità e conformità tecnica e giuridica degli impianti, indipendentemente da omissioni, errori, imperfezioni, sviste o imprecisioni contenuti negli elaborati grafici e nei computi metrici.
La decisione della Cassazione
La Cassazione ha dato torto all'impresa. Come hanno sottolineato i giudici supremi la circostanza che l'appaltatore esegua l'opera su progetto del committente o fornito dal committente non lo degrada, per ciò solo, al rango di "nudus minister" poiché la fase progettuale non interferisce nel contratto, esulando dagli obblighi delle rispettive parti.
Ne consegue che l'appaltatore è tenuto non solo ad eseguire a regola d'arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruità e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori, segnalando al committente, anche nel caso di ingerenza di costui, gli eventuali errori riscontrati, quando l'errore progettuale consiste nella mancata previsione di accorgimenti e componenti necessari per rendere il prodotto tecnicamente valido e idoneo a soddisfare le esigenze del committente.
È importante sottolineare che l'appaltatore, anche se nella realizzazione dell'opera si attiene alle previsioni del progetto fornito dal committente, può non di meno essere ritenuto responsabile per i vizi dell'opera stessa.
Bisogna sempre considerare la diligenza qualificata ex art. 1176 c.c., comma 2, che impone all'appaltatore (sia egli professionista o imprenditore) di realizzare l'opera a regola d'arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell'attività.
L'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo.
Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.
La sentenza impugnata è stata quindi cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello in diversa composizione.