Secondo l'articolo 889 c.c., alcune opere specifiche, come pozzi, cisterne e fosse di latrina, devono essere collocate a una distanza minima di due metri dal confine, anche se delimitato da un muro divisorio. Per le condutture di acqua, gas e simili, il legislatore prescrive una distanza minima di un metro.
L'articolo 889 richiama le disposizioni dei regolamenti locali, che possono permettere deroghe o fissare distanze diverse.
La norma sopra detta mira ad evitare danni alle proprietà adiacenti, tutelando i fondi vicini da infiltrazioni o trasudamenti, con una presunzione assoluta di pericolosità che non ammette prova contraria.
Tale articolo si basa su una valutazione preventiva dei rischi associati alle condutture, considerando la potenziale attitudine di queste opere a arrecare danno.
La distanza di almeno un metro dal confine che l'art. 889, comma 2, c.c. prescrive per l'installazione dei tubi dell'acqua, del gas e simili, si riferisce alle condutture che abbiano un flusso costante di sostanze liquide o gassose e, conseguentemente, comportino un permanente pericolo per il fondo vicino, in relazione alla naturale possibilità di trasudamento e di infiltrazioni e non è pertanto applicabile con riguardo alle canne fumarie per la dispersione dei fumi delle caldaie le quali, avendo una funzione identica a quella del camino, vanno soggette alla regolamentazione di cui all'art. 890 c.c. e, quindi, poste alla distanza fissata dai regolamenti locali. L'applicazione della norma prescinde da indagini sull'effettiva pericolosità della condotta posta a una distanza inferiore.
L'articolo 889 c.c. si applica anche in ambito condominiale, stabilendo regole precise sulle distanze che devono essere rispettate per le opere come tubazioni, pozzi e cisterne vicino ai confini, anche quando questi interessano aree comuni o divisorie tra proprietà.
Nei caseggiati questa regolamentazione può essere derogata ma eventuali deroghe richiedono una dimostrazione rigorosa dell'impossibilità di rispettare la distanza prescritta.
In merito a tale aspetto merita di essere esaminata una recente decisione del Tribunale di Taranto (sentenza n. 811 del 4 aprile 2025).
Conflitto su impianto idrico e sentenza negativa
La controversia è nata dal conflitto tra l'attrice, proprietaria di un immobile che necessitava di un impianto idrico-fognario indipendente, e i convenuti, proprietari della proprietà confinante.
Al centro della disputa vi era l'impossibilità, da parte dell'attrice, di rispettare la distanza minima di un metro dal confine, come previsto dall'articolo 889 c.c., a causa delle caratteristiche del luogo.
Non essendo riusciti a trovare una soluzione bonaria, la questione è stata portata davanti al Tribunale.
L'attrice ha richiesto al Tribunale di accertare l'impossibilità tecnica di installare nel proprio appartamento le tubazioni del nuovo impianto idrico-fognario rispettando la distanza legale di un metro dal confine con la proprietà dei convenuti e, conseguentemente di essere autorizzata a realizzare l'impianto a una distanza inferiore rispetto a quella prescritta dalla legge.
I convenuti hanno contestato le richieste dell'attrice facendo presente che l'attrice aveva a disposizione soluzione alternative rispettose della norma sopra detta. Il Tribunale ha dato torto all'attrice.
Il giudice pugliese ha notato che la distanza minima prevista dall'articolo 889 c.c. può essere derogata solo con il consenso esplicito del proprietario confinante (nel caso in questione mancante), implicando l'istituzione di una servitù.
Come ricorda il giudice tale deroga è anche ammessa nelle situazioni condominiali, purché il giudice di merito valuti attentamente la compatibilità della distanza con la struttura del condominio stesso.
Tuttavia l'attrice e i convenuti non sono risultati condomini ma titolari di due diversi immobili confinanti.
In ogni caso secondo il giudice pugliese l'attrice non è riuscita a provare l'esigenza assoluta di collocare il nuovo impianto idrico fognario della propria abitazione ad una distanza inferiore ad un metro, così come prescritta dall'art. 889 c.c. Anche per tale ragione la domanda è stata rigettata.
Del resto l'attrice non ha chiesto l'accertamento della sussistenza del vincolo di condominialità fra le unità immobiliari coinvolte nella fattispecie in esame, implicitamente confermandone l'inesistenza: in altre parole l'attrice ha richiesto solo l'applicazione analogica al caso de quo dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia condominiale.
Deroghe alle distanze legali in ambito condominiale
La giurisprudenza ha chiarito che l'articolo 889 c.c. non si applica nell'ipotesi dell'installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una reale abitabilità dell'appartamento, intesa nel senso di una condizione abitativa che rispetti l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e lo sviluppo delle moderne concezioni in tema di igiene, salvo l'apprestamento di accorgimenti idonei ad evitare danni alle unità immobiliari altrui (Cass. civ., sez. II, 28/12/2020, n. 29644).
La giurisprudenza che sino ad ora si è pronunciata ha riconosciuto la derogabilità della norma solo in ipotesi eccezionali di condominalità.
Tuttavia quando un condomino realizza un nuovo bagno o ristruttura un impianto preesistente, se è possibile deve rispettare le distanze di cui all'art. 889 c.c., qualora i lavori possano essere eseguiti con soluzioni più onerose ma contemperando i reciproci interessi tra i condomini in modo tale da garantire i diritti del vicino, seppur non assicurando l'integrale rispetto delle distanze (Cass. civ., sez. II, 02/02/2016, n. 1989). In altre parole la deroga al rispetto delle distanze presuppone l'impossibilità di posizionare altrimenti le tubazioni, attesa la (necessaria) contiguità delle unità immobiliari comprese nell'edificio condominiale.
Questa considerazione tiene conto delle peculiarità dell'edificio condominiale, che ospita più appartamenti in un'unica costruzione, dove l'applicazione rigida della norma potrebbe non essere praticabile.