Può capitare che un fabbricato presenti dei problemi di natura strutturale, tali da comprometterne, persino, la staticità. Ovviamente, se ciò fosse confermato da una perizia, i condòmini dovrebbero intervenire, progettando e realizzando la stabilizzazione delle fondamenta dell'edificio. Sarebbe, quindi, necessario affrontare delle spese per i lavori occorrenti.
Inoltre, sino alla conclusione degli stessi, gli appartamenti del condominio sarebbero, inevitabilmente, deprezzati nel loro valore di mercato.
Cosa succede, però, se nelle more di questo intervento, un appartamento viene ceduto? È valida la compravendita di un immobile compreso in un fabbricato con problemi strutturali?
Ha risposto a queste domande la recente sentenza del Tribunale di Pisa n. 4 del 2 gennaio 2023. Prima, però, di comprendere come ha provveduto l'ufficio de quo, approfondiamo meglio il caso concreto.
Validità della compravendita di un immobile con problemi strutturali
Un edificio presentava dei problemi strutturali che ne compromettevano, persino, la staticità. Nel 2004, quindi, era commissionata una perizia diretta ad accertare la situazione e a proporre delle soluzioni.
La problematica si trascinava negli anni senza alcuna sostanziale risoluzione, sino a giungere all'agosto del 2013, allorquando l'assemblea del condominio… approvava un importante intervento di stabilizzazione delle fondamenta.
Nelle more di questi accadimenti, cioè nel 2009, un appartamento del fabbricato era oggetto di compravendita. Ebbene, il compratore dell'immobile, in forza dei vizi strutturali del condominio, chiedeva che il contratto venisse annullato.
Secondo la tesi dell'acquirente, opportunamente esposta in sede giudiziale dinanzi al competente Tribunale di Pisa, il venditore aveva, dolosamente, omesso di informare la controparte dei suddetti problemi. Insomma, se l'attore fosse stato, adeguatamente, informato dei fatti, avrebbe rinunciato all'acquisto o avrebbe proposto un corrispettivo minore.
In ragione di queste motivazioni, il compratore de quo chiedeva l'annullamento del contratto e, in subordine, la risoluzione del medesimo. In tutti e due i casi, la domanda era accompagnata dalla richiesta di un risarcimento dei danni.
La tesi difensiva del venditore era molto chiara. Secondo il convenuto, la controparte era a conoscenza dei problemi strutturali dell'edificio.
Bastava, infatti, consultare il rogito per verificare che in esso si faceva riferimento al precedente contratto di provenienza dell'immobile. All'interno di quest'atto, infatti, era citata la perizia che accertava i vizi in questione.
Tra le parti, inoltre, era stata sottoscritta una transazione per cui era preclusa all'acquirente ogni possibile contestazione nascente dalla compravendita.
Il Tribunale di Pisa, esaminati gli atti, ha rigettato la domanda attorea e ha condannato il soccombente al pagamento delle spese di giudizio.
Dolo omissivo del contraente: quali effetti sul contratto?
Il dolo del contraente, identificabile con un comportamento inteso a raggirare la controparte e ad indurla a sottoscrivere un contratto che, diversamente, non avrebbe concluso, conduce all'annullamento del accordo ex art. 1439 cod. civ. In tal caso, infatti, si dice che il consenso del contraente raggirato è stato viziato e, perciò, non può essere considerato valido il percorso formativo dell'accordo.
Il dolo di cui si sta parlando può essere anche di natura omissiva. In tal caso, il raggiro consisterebbe in un'inerzia del contraente in costanza della quale la controparte, con malizia ed astuzia, viene ingannata «Il dolo omissivo rileva quale vizio della volontà, idoneo a determinare l'annullamento del contratto, solo quando l'inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l'inganno perseguito (ex multis Cass. civ. ord. n. 11009/2018)»,
Nella vicenda in commento, il dolo omissivo sarebbe consistito nell'aver omesso di informare l'acquirente dei problemi strutturali dell'edificio di cui faceva parte l'immobile ceduto. Con questa omissione, il compratore sarebbe stato ingannato ed indotto ad acquistare un appartamento che, se avesse saputo, non avrebbe comprato o avrebbe acquistato a condizioni diverse.
Per il Tribunale di Pisa, però, ciò è stato escluso, alla luce delle informazioni contenute nell'atto di provenienza del bene.
I contraenti fanno riferimento all'atto di provenienza: quali effetti sulla compravendita?
Nella vicenda in esame, i contraenti del rogito avevano fatto riferimento al contenuto del contratto di provenienza dell'immobile oggetto di trasferimento. Per il Tribunale di Pisa, tale circostanza è stata decisiva per escludere ogni dolo omissivo da parte del venditore.
Nel precedente atto, infatti, erano stati chiaramente esplicitati i problemi strutturali dell'edificio, facendo, altresì, riferimento alla perizia del tecnico incaricato che li aveva accertati. Per questo motivo, la dicitura nel rogito, in cui si affermava che le parti erano a conoscenza e facevano riferimento al contratto di provenienza, in assenza di prove contrarie, era sufficiente ad escludere che l'acquirente non fosse stato informato della questione.
L'ufficio toscano, a proposito della veridicità delle affermazioni contenute in un atto pubblico, ricorda, quindi, che «l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato nonché delle dichiarazioni delle parti o degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza, "ma non prova la veridicità e l'esattezza delle dichiarazioni rese dalle parti, le quali possono essere accertate con tutti i mezzi di prova consentiti dalla legge, senza ricorrere alla querela di falso" (Cass. Civ. 229.3/2017; cfr. ex multis, Cass. Civ. n. 20214/2019)».
Perciò, in assenza di prove contrarie, che possano smentire la riferita piena conoscenza dell'atto di provenienza dell'immobile acquistato, non è possibile smentire ciò che in esso è riportato.