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Lavanderia tintoria: immissioni e danni alla proprietà soprastante

Risarcimento danni per lesioni murarie dovute alle vibrazioni prodotte dalla lavanderia sottostante. Causalità e onere della prova.
Avv. Caterina Tosatti 
Mag 13, 2022

Le immissioni determinate dal fondo (bene immobile) o da elementi presenti sullo stesso che cagionino danni ad altro fondo scontano la responsabilità oggettiva prevista dall'art. 2051 c.c., in quanto il proprietario del fondo che 'produce' le immissioni è custode dello stesso e deve curare che esso non derivi danni a terzi.

Questo l'approdo del Tribunale di Nuoro, con la sentenza n. 295 del 4 maggio 2022 che esamineremo oggi.

Lavanderia tintoria, immissioni e danni alla proprietà soprastante: La pronuncia

La vicenda trae origine dall'azione di Tizio contro Caio, anche quale legale rappresentante di una lavanderia/tintoria, contro le immissioni da questa create a danno dell'immobile soprastante, di proprietà di Tizio.

In particolare, Caio, conduttore di Sempronia, stabiliva nei locali sottostanti l'immobile di Tizio, un esercizio di lavanderia tintoria, eseguendo, tra le altre, l'apposizione di scarichi a parete in corrispondenza delle soprastanti finestre dell'appartamento di Tizio, cosicché, all'avvio dell'attività, il medesimo appartamento subiva le immissioni di forti e continui rumori e di vibrazioni, queste ultime di intensità tale da far tremare le pareti ed impedire l'apertura delle finestre nelle ore di attività della lavanderia, a causa delle esalazioni degli scarichi.

Oltre a ciò, si verificavano lesioni alle pareti perimetrali ed alla pavimentazione dell'immobile di Tizio.

Veniva richiesto un intervento dei Vigili del Fuoco, per la verifica statica dell'immobile.

Persistendo, nonostante questo e le diffide, l'attività della lavanderia, Tizio attivava una procedura di Accertamento Tecnico Preventivo (ATP), che si concludeva con la quantificazione dei danni, l'indicazione dell'origine delle vibrazioni e la natura delle esalazioni maleodoranti.

Tizio attivava quindi il giudizio di merito dinnanzi al Tribunale onde ottenere la condanna di Caio, anche nella sua qualità, a risarcire il danno patrimoniale, stimato dal CTU, oltre a quello morale per il disagio ed a quello derivante dal mancato utilizzo dell'immobile.

Caio, costituitosi, affermava che il danno non fosse a lui imputabile e che il rumore e le esalazioni non superassero la soglia di tollerabilità indicata dall'art. 844 c.c. in materia di immissioni ed infine che le lesioni murarie all'immobile di Tizio non fossero ascrivibili alle vibrazioni - oscillazioni prodotte dalla lavanderia.

Il Tribunale accoglie la domanda di Tizio, relativa al risarcimento del danno per le lesioni murarie, respingendo ogni altra domanda in quanto ritenuta infondata o per difetto di prova.

Responsabilità del custode e nesso di causalità nei danni da immissioni

Secondo il Tribunale, Tizio ha sostanzialmente formulato una domanda di risarcimento dei danni nei confronti di Caio, ritenendolo custode della cosa (l'immobile condotto ed i macchinari quivi posizionati) che ha creato il danno, secondo il paradigma dell'art. 2051 c.c., che prevede che «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalla cosa che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

In questo contesto, chi lamenta il danno, ovvero il danneggiato, deve provare il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento lesivo e l'esistenza del rapporto di custodia sulla cosa in capo al danneggiante; spetta invece al danneggiante dimostrare, per andare esente dal rimprovero della responsabilità, l'esistenza di un fattore estraneo che, avendo carattere di imprevedibilità e eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale, quindi il caso fortuito.

Sempre secondo il Tribunale, dagli atti del giudizio risulta chiaro e non contestato il rapporto di custodia tra Caio (danneggiante) e la cosa (l'immobile ove esercita l'attività di lavanderia/tintoria e i macchinari utilizzati), della quale lo stesso esercita il possesso.

È però sul nesso di causalità che il Tribunale incide rispetto alle risultanze dell'ATP svolto tra le parti, nel senso di cui diremo.

La CTU resa all'esito dell'ATP aveva raggiunto le seguenti conclusioni:

  • le esalazioni provenivano dallo scarico dei fumi di combustione e del vapore acqueo prodotto da un macchinario della lavanderia alimentato a gas; gli scarichi erano posizionati sulla parete del fabbricato ed immediatamente sotto il davanzale della finestra dell'immobile, così di per sé integrando una violazione della normativa in materia di scarichi, la quale prevede che se lo scarico è diretto ed esterno, esso dovrà avere sempre un terminale che non sia a filo parete, quindi con necessità di una canna fumaria che convogli ed evacui i prodotti di combustione al di sopra della copertura del fabbricato per evitare pericoli e danni gravi alla persona
  • i forti rumori prodotti dai macchinari non sono tali da superare la soglia di tollerabilità prevista dall'art. 844 c.c. e dalla normativa generale
  • le lesioni alle pareti ed alle pavimentazioni sono compatibili con i movimenti oscillatori dell'edificio, la cui origine può ricercarsi negli effetti indotti da movimenti tellurici, traffico veicolare, vento, rilevanti fenomeni di natura sonora, trasformazioni dell'area attorno al fabbricato e sollecitazioni indotte dai macchinari della lavanderia.

È interessante notare come la CTU concluda affermando di non essere in grado di stabilire con certezza l'origine delle lesioni, imputandola a questa o quella causa, bensì affermi che sussiste una sorta di concorso e che la causalità è paritaria.

Inoltre, si dà atto, quanto alle «trasformazioni dell'area attorno al fabbricato» che erano stati eseguiti lavori per l'apertura di un vano nel muro al piano terra dove è situata la lavanderia e lavori di sostituzione della colonna di scarico condominiale, i quali parimenti potevano porsi come concause delle lesioni a pareti e pavimenti dell'immobile di Tizio.

Peraltro, durante il sopralluogo eseguito dal CTU, lo stesso riporta che i macchinari 'incriminati' non erano in funzione e che Caio affermava che una macchina non era in funzione perché non era mai stata usata, mentre l'altra era rotta da più di un anno, circostanza questa smentita dal verbale dei VVF, di talché il CTU deve ricorrere ad informazioni presso fornitori e tecnici esperti rispetto a tali macchine, dalle quali deduce che le stesse, peraltro vetuste, erano in grado di produrre rilevanti effetti vibratori tali da costituire inconvenienti, anche gravi, sugli ambienti vicini.

Per questo il CTU si determinava a liquidare il danno (relativo alle lesioni) in circa €. 3.000,00; ma il Tribunale, a fronte dell'incertezza circa l'origine del danno, riduce la quota di responsabilità spettante a Caio al 50%, cioè ritiene che le lesioni all'immobile di Tizio siano state causate, in via probabilistica e secondo il criterio del "più probabile che non" utilizzato dalla giurisprudenza, al 50% dalle macchine utilizzate da Caio ed al 50% da tutti i fenomeni, naturali e non, indicati dal CTU.

Ci permettiamo di osservare sommessamente che, a fronte delle affermazioni del CTU e delle prove che ci sembra siano state versate ed acquisite in atti, la verosimile causa principale delle lesioni appare essere, se non altro per coincidenza di date ed eventi, l'attività delle macchine utilizzate da Caio, perché, quantomeno, degli altri fenomeni naturali e non si sarebbe dovuta dare una prova maggiormente circostanziata e, in difetto, non risulterebbe corretto imputare il 50% di responsabilità ad eventi naturali dei quali non si è nemmeno data prova, almeno indiziaria o per presunzioni (andando a dedurre la presenza di terremoti o di fenomeni di forte vento rilevati da enti terzi e costituenti fatto notorio).

Sentenza
Scarica Trib. Nuoro 4 maggio 2022 n. 295
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