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Il diritto di servitù su parti comuni non conferisce la qualità di condòmino

Il riconoscimento di un diritto di servitù su parti comuni a favore di una proprietà esclusiva esterna non conferisce automaticamente la qualità di condòmino, sollevando questioni sulla compartecipazione alle spese.
Avv. Caterina Tosatti 
14 Mar, 2025

Le questioni affrontate dalla sentenza n. 28268 del 04 novembre 2024 della Corte di Cassazione hanno una spiccata importanza e ricaduta pratica per tutti quei Condominii che abbiano la comproprietà, insieme ad un soggetto terzo ed estraneo all'edificio, di un bene immobile, di talchè ne debbano regolare i diritti e gli oneri di spesa.

Analisi delle controversie tra proprietari e condominio

Un gruppo di proprietari cita in giudizio un Condominio onde sentire accertare che le unità immobiliari in proprietà dei detti proprietari ed attori, costituite da un appartamento ed uno spazio destinato a cinema all'aperto, siti sulla medesima via del Condominio, ma a numero civico diverso, non sono incluse nel Condominio e, pertanto, non siano obbligate a corrisponderne le spese.

La diatriba nasce dalla conformazione di fatto dei luoghi, perché le due unità immobiliari citate vantano una servitù di passo attraverso l'androne appartenente al Condominio convenuto.

Secondo i proprietari delle due unità, la presenza di detta servitù ed il suo esercizio escludono gli stessi dall'acquisire natura di condòmini del Condominio cui l'androne afferisce, altrettanto escludendoli dalla contribuzione alle spese per esso.

Il Condominio, costituitosi, chiede in via riconvenzionale l'accertamento della qualità di condòmini dei proprietari attori e, quindi, che le due unità immobiliari facciano in realtà parte del medesimo Condominio e siano pertanto obbligate alla contribuzione alle spese per la manutenzione dell'androne e dell'ingresso comuni.

Il Tribunale accoglie la domanda degli attori, ma la Corte d'Appello, cui ricorre il Condominio, riforma in parte la pronuncia, ritenendo che un atto notarile del 1949, riferibile all'immobile destinato a cinema all'aperto, escluda l'appartenenza di detto immobile al Condominio, in quanto contenente la menzione di una «servitù di passo attraverso l'ingresso e l'androne in favore degli spettatori del pubblico locale esistente nel terreno retrostante e dei fabbricati ivi esistenti», mentre quanto all'altro immobile un successivo atto del 1953, sempre ricevuto da notaio, senza costituire nuova servitù, reca un obbligo dell'acquirente (uno degli odierni attori) di contribuire nella misura di 2/3 alle spese dell'androne, obbligo che trova fondamento nella servitù di passaggio istituita nel 1949 e tutt'ora vigente.

Ricorrono avverso tale sentenza i proprietari, il Condominio propone controricorso, anche su punti formali relativi ad un passaggio in giudicato della questione relativa alla seconda unità immobiliare.

La Corte opera una cassazione con rinvio al primo Giudice.

In particolare, secondo la Corte, il riconoscimento in favore di immobili di proprietà individuale (nella specie, quelli di proprietà degli attori) di un diritto di servitù costituito per contratto e posto a carico di parti comuni di un Condominio edilizio (nella specie, l'ingresso e l'androne del fabbricato del Condominio) non vale di per sé a conferire (né a negare) al titolare di tale servitù la qualità di ‹‹condòmino››, agli effetti della contitolarità delle parti comuni dell'edificio stabilita appunto dall'art. 1117 c.c., dell'attribuzione dei diritti sulle stesse in proporzione al valore della rispettiva unità immobiliare (art. 1118 c.c.) e dell'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione e il godimento a norma dell'art. 1123 c.c.

Rammentando che il Condominio può nascere sia tra edifici verticali che tra unità immobiliari collocate su piano orizzontale, la Corte osserva poi come l'uso delle parti comuni ex art. 1117 c.c., come ad esempio del portone di ingresso e dell'androne che siano strutturalmente e funzionalmente destinati al servizio di distinti corpi di fabbrica, appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un unico complesso immobiliare, è regolato dall'art. 1102 c.c.

La disciplina del condominio di edifici è, invero, costruita sulla base di un insieme di diritti e obblighi, armonicamente coordinati, contrassegnati dal carattere della reciprocità, che escludono la possibilità di fare ricorso alla disciplina in tema di servitù, presupponente, invece, fondi appartenenti a proprietari diversi, nettamente separati e posti uno al servizio dell'altro (Cass. n. 884 del 2018).

Se si ravvisa unicamente una servitù prediale su un bene condominiale (come, nell'esempio di causa, sul portone di ingresso e sull'androne del fabbricato del Condominio), in favore di una proprietà esclusiva esterna al complesso immobiliare, tale proprietà non viene a partecipare al condominio, agli effetti degli artt. 1117, 1102, 1118 e 1123 c.c.; l'esercizio della servitù viene regolato, piuttosto, a norma degli artt. 1063 e ss. c.c. e le spese inerenti alle opere necessarie vanno sostenute secondo quanto prescrive l'art. 1069, comma 3, c.c. (Cass. n. 6653 del 2017).

E' poi questione di fatto, apprezzabile in sede di interpretazione del titolo costitutivo, accertare se la "servitù di passo" attraverso l'ingresso e l'androne del fabbricato condominiale, esercitabile dagli spettatori del locale pubblico esistente nell'area retrostante, configuri una servitù industriale, nell'ampia accezione di cui all'ultima parte dell'art. 1028 c.c., essendo l'utilità inerente al fondo dominante destinato ad attività commerciale nella sua funzione, o, piuttosto, una servitù aziendale, ove l'utilità sia intesa inerente all'azienda che insiste sull'immobile (cfr. Cass. n. 11064 del 1994; n. 16427 del 2012).

Infine, ma non meno importante, la Corte opera un rilievo pregiudiziale che la conduce, unitamente a quanto evidenziato sopra, a rinviare al Giudice del I° (Tribunale); infatti, trattandosi di domande di accertamento della qualità o meno di condòmino di alcuni soggetti, vertendo pertanto sul diritto reale di proprietà, la Corte ritiene che sia le domande dei proprietari attori che la riconvenzionale del Condominio avessero violato il litisconsorzio necessario a favore di tutti i condòmini del Condominio, unici legittimati passivi a contraddire con gli attori e legittimati attivi a poter proporre la domanda riconvenzionale (salva, si specifica per il lettore, eventuale procura ad hoc e sostanziale, in tal senso, conferita all'Amministratore, ove comunque costui rimarrebbe come soggetto che agisce in virtù della procura menzionata, non nella sua qualità di Amministratore del Condominio).

Avv. Alessandro Gallucci Servitus altius non tollendi, ossia la servitù di non costruire oltre una certa altezza.

Indicazioni della corte per l'integrazione del litisconsorzio

La Corte indica al Giudice del merito che dovrà rieditare il processo una volta integrato il litisconsorzio necessario a favore di tutti i condòmini del Condominio i punti da seguire.

In primis, ai sensi dell'art 1117 c.c., l'androne e il portone d'ingresso che siano strutturalmente e funzionalmente destinati (non oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, quanto) al servizio di più corpi di fabbrica che si sviluppano orizzontalmente, appartenenti a proprietari diversi, ma costituenti un'unica entità immobiliare, devono presumersi oggetto di comunione dei predetti proprietari, se il contrario non risulti dal titolo (Cass. n. 4986 del 1977; Cass. n. 1737 del 1968).

In secondo luogo, detto titolo contrario, ex art. 1117 c.c., alla presunzione di condominialità dell'androne, avente tale destinazione oggettiva all'uso comune, richiede una espressa ed inequivoca dichiarazione di volontà, contenuta nel primo atto di frazionamento costitutivo del Condominio, che, in contrasto con l'esercizio del diritto comune, faccia ritenere che tale bene sia stato riservato dall'alienante o attribuito ad un singolo condomino in proprietà esclusiva.

In terzo ed ultimo luogo, non configura ex se titolo contrario, agli effetti dell'art. 1117 c.c., la costituzione di una servitù a carico di parti comuni ed a vantaggio di una o più proprietà esclusive, in quanto l'esistenza di una siffatta servitù in favore della singola unità immobiliare non esclude la condominialità del fondo servente, del quale resta contitolare anche il proprietario della porzione individuale dominante.

Alla ammissibilità di una servitù gravante su un bene condominiale e a favore di una proprietà individuale compresa nell'edificio non ostano, invero, né il principio nemini res sua servit, sussistendo sia la diversità dei fondi (dominante e servente), sia la (parziale) non coincidenza soggettiva dei titolari di tali fondi; né l'assunto difetto di utilità, sul presupposto che il vantaggio attribuito dalla servitù rientrerebbe già nel contenuto del diritto di condominio.

Piuttosto, se nell'ambito della relazione di accessorietà supposta dall'art. 1117 c.c., ciascun condòmino si avvale delle parti comuni in virtù del diritto di condominio, nondimeno il godimento delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, a vantaggio delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, può attuarsi mediante l'ampliamento delle relative facoltà, altrimenti commisurate al valore della rispettiva proprietà, mediante un titolo attributivo di maggiori diritti ex art. 1118, primo comma, c.c. Diversamente, se a beneficio di una o più unità immobiliari si impone sulle cose comuni un peso, che la destinazione delle cose in sé, o la misura dell'uso, non consentirebbero, vale a dire quando si assoggetta la parte comune, in favore di una o alcuna proprietà esclusiva, a fornire una utilità ulteriore e diversa, si dà luogo al sorgere di una servitù ex art. 1027 c.c., da costituire col consenso di tutti i partecipanti (Cass. n. 11207 del 1993; n. 3749 del 1999; n. 6994 del 1998; n. 22408 del 2004).

In definitiva, allorché al partecipante è attribuito convenzionalmente il diritto di utilizzare le cose, i servizi e gli impianti comuni in modo ulteriore e diverso, tale diritto non può che qualificarsi come servitù, costituita sulla cosa comune in favore della porzione di proprietà individuale.

Sentenza
Scarica Cass. 4 novembre 2024 n. 28268
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