La documentazione contabile condominiale non necessita di forme rigorose come per le società, ma essa deve comunque rendere intellegibili le entrate, le uscite, i modi di impiego e la ripartizione delle spese. Le stesse, in altri termini, devono essere verificabili a posteriori per i condòmini e per gli eventuali terzi chiamati a controllare l'operato dell'amministratore.
Lo ha ribadito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 10869, pubblicata lo scorso 24 aprile 2025.
Analisi del contenzioso sulla trasparenza dei rendiconti condominiali
Un condòmino aveva impugnato la delibera condominiale con la quale era stato approvato il bilancio consuntivo e il piano di riparto per violazione dei principi di chiarezza, intellegibilità e specificità del rendiconto, con riferimento ad alcune voci di spesa. L'impugnazione era stata accolta, con conseguente annullamento della delibera assembleare.
La sentenza era però stata ribaltata in secondo grado, perché i giudici di appello avevano ritenuto che il rendiconto non dovesse riportare analiticamente i documenti specificativi delle singole voci di spesa, potendo i condòmini fare richiesta di tale documentazione all'amministratore.
Nel caso di specie, i condòmini avevano avuto la possibilità di esaminare preventivamente la documentazione e di verificare la corrispondenza dei dati riportati alle singole voci di spesa indicate nel rendiconto.
Anche questa sentenza era stata impugnata. Secondo i ricorrenti, infatti, il rendiconto dovrebbe mettere il condòmino nelle condizioni di verificare, in via autonoma, la contabilità condominiale, senza che il comproprietario debba attivarsi per un controllo preventivo della documentazione contabile.
Secondo i medesimi, inoltre, la redazione del rendiconto dovrebbe essere redatta in modo da facilitare il controllo dei dati da parte dei condomini che non hanno specifiche competenze, senza che sia necessario un controllo preventivo della documentazione giustificativa delle spese in esso riportate.
La Suprema Corte ha però respinto il ricorso, ribadendo il principio secondo cui il rendiconto è funzionale all'esigenza di porre i condòmini in condizione di sapere come sono state concretamente utilizzate le quote versate, cui corrisponde l'obbligo dell'amministratore di mettere a disposizione degli stessi la documentazione giustificativa delle spese ivi indicate.
Detto rendiconto non deve però essere redatto in forma rigorosa, atteso che non trovano diretta applicazione, nella materia condominiale, le norme prescritte dalla legge per i bilanci delle società.
Tuttavia, per essere valido, il rendiconto deve essere privo di vizi intrinseci e deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifica le spese sostenute (si vedano: Cass. civ., sez. II, 09/10/2023, n. 28257; Cass. civ., sez. VI, 18/01/2023, n. 1370; Cass. civ., Sez. II, 07/07/2000, n. 9099).
Inoltre, il rendiconto deve essere intellegibile, al fine di consentire ai condòmini che, generalmente, non hanno conoscenze approfondite sul come un bilancio debba essere formato, di poter controllare le voci di entrata e di spesa, anche con riferimento alla specificità delle partite.
Invero, come si desume dagli artt. 263 e 264 c.p.c., che si applicano anche nell'ipotesi di rendiconto condominiale, la specifica indicazione delle partite costituisce il presupposto fondamentale perché esse possano essere contestate (cfr. Cass. civ., sez. II, 14/02/2017, n. 3892).
Nel caso di specie, secondo la Cassazione, i condòmini avevano avuto la possibilità di esaminare preventivamente la documentazione messa a disposizione dell'amministratore e di verificare la corrispondenza dei dati riportati con le voci di spesa indicate nel rendiconto.
Di conseguenza, in presenza della documentazione giustificativa delle spese, ai condòmini non era stato affatto precluso di farne richiesta all'amministratore, richiedere chiarimenti e svolgere le verifiche sulle spese sostenute dal condominio.
Importanza della chiarezza nei rendiconti condominiali per i condomini
Con la decisione in commento la Suprema Corte ha ribadito che il rendiconto condominiale deve essere redatto sulla base dei criteri dettati dall'art. 1130-bis c.c., il quale impone di dare conto delle voci di entrata e di uscita e ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, dei fondi disponibili e delle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentirne l'immediata verifica.
Esso, come è noto, si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario e di una nota sintetica esplicativa della gestione.
Pertanto, benché la documentazione contabile condominiale non necessiti di forme rigorose come per le società, la stessa deve comunque rendere intellegibili le entrate, le uscite, i modi di impiego e la ripartizione delle spese.
Le stesse, in altri termini, devono essere verificabili a posteriori per i condòmini e per gli eventuali terzi chiamati a controllare l'operato dell'amministratore (ad esempio proprio il giudice, in caso di impugnazione della delibera di approvazione del consuntivo, ma si pensi anche al revisore contabile eventualmente nominato dall'assemblea).
Si tratta all'evidenza di un criterio elastico, che verrà volta per volta adattato al caso concreto dal giudicante.
I condomini hanno diritto a verificare la documentazione condominiale prima dello svolgimento dell'assemblea chiamata ad approvare il consuntivo redatto dall'amministratore, ma quest'ultimo non è tenuto ad allegare le c.d. pezze giustificative all'avviso di convocazione.
Inoltre l'eventuale rifiuto frapposto dall'amministratore all'esercizio del diritto di accesso del condòmino alla documentazione condominiale deve essere provato da quest'ultimo e detta circostanza, in ogni caso, non comporta di per sé l'annullabilità della deliberazione assembleare.