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Regolamento della comunione: modifiche e analogie con la disciplina condominiale alla luce delle pronunce della Corte di Cassazione.

Il regolamento della comunione, per limitare i diritti dei condomini sulle cose comuni, deve essere approvato con il consenso di tutti i comunisti.
Avv. Alessandro Gallucci 
14 Set, 2010

Con unna recente pronuncia, la n. 13632 del 4 giugno 2010, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del regolamento della comunione, delle maggioranze necessarie alla sua approvazione e di quelle che servono nel caso in cui i comunisti decidessero di modificarlo.

La sentenza si fa notare oltre che per il suo contenuto in relazione alla specifica fattispecie anche per l’analogia con quanto previsto in materia di regolamento condominiale.

Prima di esporre il principio di diritto espresso dai giudici di piazza Cavour è utile comprendere al meglio che cosa dicono le norme sulla comunione in materia di regolamento.

L’art. 1106, primo comma, c.c. recita: “ con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente (ossia la maggioranza dei partecipanti alla comunione espressa secondo il valore delle loro quote n.d.A.), può essere formato un regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune”.

Se si tiene presente che solitamente nella comunione le quote dei partecipanti sono uguali (d’altronde è lo stesso codice civile, all’art. 1101 c.c. a specificare che in assenza di diversa disposizione le quote si presumono uguali) si potrà concludere che per approvare un regolamento è sufficiente che la maggioranza dei partecipanti alla comunione sia d’accordo nell’adottarlo.

Al pari del regolamento del condominio, seppure sfrondato dei riferimenti che caratterizzano tale atto, anche il regolamento della comunione è finalizzato a dettare norme per l’amministrazione ed il miglior godimento della cosa comune. Esso può essere definito come regolamento della comunione di natura assembleare.

Come per “lo statuto del condominio” anche il succitato regolamento della comunione, per limitare i diritti dei condomini sulle cose comuni, deve essere approvato con il consenso di tutti i comunisti. Parleremmo in tal caso, continuando nel parallelo con il condominio, di regolamento della comunione di natura contrattuale

Che cosa accade se i partecipanti alla comunione approvano all’unanimità il regolamento finalizzato esclusivamente a disciplinare l’ordinaria amministrazione e il miglior godimento della cosa comune e successivamente vogliano modificarlo?

Sarà necessaria l’unanimità dei consensi o, invece, dovrà essere ritenuta bastevole la maggioranza prescritta dal primo comma dell’art. 1106 c.c.?

E’ di questo che si è occupata la Cassazione con la sentenza n. 13632/10. Secondi i giudici di legittimità " in tema di comunione, non ha natura contrattuale il regolamento che, avendo ad oggetto l’ordinaria amministrazione e il miglior godimento della cosa comune (art. 1106 c.c.),rientra nelle attribuzioni dell'assemblea e, come tale, seppure sia stato approvato con il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, può essere modificato dalla maggioranza dei comunisti; ha invece natura di contratto normativo plurisoggettivo, che deve essere approvato e modificato con il consenso unanime dei comunisti, il regolamento quando - contenendo disposizioni che incidono sui diritti del comproprietario ovvero stabiliscono obblighi o limitazioni a carico del medesimo o ancora determinano criteri di ripartizione delle spese relative alla manutenzione diversi da quelli legali - lo stesso esorbita dalla potestà di gestione delle cose comuni attribuita all'assemblea" (così Cass. 4 giugno 2010 n. 13632).

In definitiva, alla modifica del regolamento della comunione di natura assembleare può provvedervi l’assemblea essendo sufficiente la maggioranza indicate dall’art. 1106 c.c. indipendentemente dalla quella che è stata raggiunta al momento dell’approvazione dell’atto.

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