Il Tribunale di Sassari (3 marzo 2025, n. 183) ha riconosciuto legittima la risoluzione del contratto di compravendita dell'unità immobiliare sita all'ultimo piano di un edificio condominiale a seguito dell'opposizione, manifestata da alcuni comproprietari, alla sopraelevazione ex art. 1127 c.c. Perché la statuizione sia compresa appieno occorre analizzare la particolare vicenda sottesa alla pronuncia.
Disputa su sopraelevazione e clausola contrattuale in condominio
Il contenzioso trae le mosse dal rogito con cui l'acquirente diventava proprietario dell'unità immobiliare sita all'ultimo piano di un edificio condominiale; all'interno della compravendita veniva espressamente specificato che il negozio si sarebbe risolto nell'ipotesi in cui i condòmini avessero manifestato opposizione alla sopraelevazione, atteso che l'acquisto era finalizzato proprio al compimento di tale operazione edilizia.
A sua volta, nel rogito il venditore assumeva l'impegno di compiere ogni attività fosse stata necessaria per il perseguimento dello scopo che l'acquirente si era prefisso.
Nonostante l'assemblea non si opponesse alla sopraelevazione, alcuni condòmini ponevano il loro veto in virtù di una clausola del regolamento contrattuale che vietava espressamente l'operazione.
L'attore invocava dunque l'autorità giudiziaria al fine di ottenere la risoluzione del contratto, con conseguente retrocessione dell'importo pagato e risarcimento dei danni.
Il convenuto eccepiva, invece, la nullità della clausola risolutiva espressa azionata da parte attrice per indeterminatezza dell'oggetto non riferibile alle parti contrattuali e, in via subordinata, l'illegittimità della stessa per assenza del termine e violazione del principio di buona fede, rappresentando peraltro come l'acquirente fosse a conoscenza della possibilità che anche un solo condomino potesse opporsi alla sopraelevazione in virtù della norma del regolamento contrattuale che, seppur invisa alla maggioranza, era comunque ancora formalmente operativa.
Il Tribunale di Sassari, con la sentenza in commento, ha accolto la domanda attorea sulla scorta delle seguenti argomentazioni.
Innanzitutto, il convincimento dell'autorità giudiziaria è corroborato dal tenore letterale del rogito: «essendo l'acquisto finalizzato alla sopraelevazione per quanto e ove consentito dalle disposizioni di legge in materia, le parti convengono che in caso di opposizione da parte di alcuno dei condòmini in forza del soppresso articolo del regolamento di condominio, la parte venditrice si obbliga a garantire la parte acquirente per quanto compravenduto facendosi carico di ogni onere e responsabilità al riguardo.
In caso di esito negativo le parti convengono fin da ora la risoluzione del presente contratto ai sensi di legge».
Il dato testuale del contratto depone quindi univocamente nel senso che la possibilità di edificare in sopraelevazione sul lastrico oggetto della vendita fosse elemento essenziale e caratterizzante la funzione economico sociale del negozio.
L'impegno del venditore, che aveva specificamente assunto la garanzia per quanto compravenduto «facendosi carico di ogni onere e responsabilità al riguardo», e l'espresso riferimento alla risoluzione del contratto in caso di esito negativo, hanno indotto a ravvisare a carico dell'alienante l'assunzione di un obbligo contrattuale in senso proprio, ossia di un impegno a garantire l'adempimento dipendente dal fatto del terzo, anche per l'eventuale impedimento dell'edificazione cagionato dall'opposizione del condomino, poi effettivamente verificatasi nella specie, a pena di risoluzione del contratto.
Ne consegue che la preclusione all'esercizio della sopraelevazione, sebbene ascrivibile in via immediata al fatto del terzo, ha integrato, proprio per l'espresso obbligo in tal senso assunto dal venditore, un inadempimento contrattuale.
Al riguardo deve premettersi che ai sensi dell'art. 1127, c.c., la realizzazione di una nuova costruzione sulla superficie sovrastante il fabbricato comune costituisce facoltà insita nel diritto dominicale e compete per legge al titolare dell'ultimo piano o del lastrico di copertura dell'edificio, qualora non vi sia opposizione degli altri condòmini, fondata sul pregiudizio della nuova costruzione per la condizione statica dell'immobile o per il suo aspetto architettonico.
L'esercizio di detta facoltà era stato tuttavia escluso dal regolamento contrattuale, essendo irrilevante la deliberazione assunta a maggioranza con cui l'assemblea esprimeva la volontà di sopprimere il divieto.
Tanto premesso, essendo stata manifestata la definitiva opposizione di un condomino alla sopraelevazione programmata dall'acquirente, risulta giustificata l'invocata risoluzione del contratto, ben potendo ritenersi acclarato e definitivo l'inadempimento dell'alienante all'obbligazione assunta essenziale nell'economia del contratto.
Il Tribunale di Sassari ha infine precisato come non sia rilevante indagare sulla conoscenza che l'acquirente potesse avere del persistente divieto di sopraelevazione e dell'inefficacia del suo superamento siccome deliberato da un'assemblea condominiale non totalitaria, essendo invece determinante il fatto che la parte alienante avesse espressamente assunto l'obbligo di vendere una superficie edificabile e di tale caratteristica il lastrico non era dotato stante il perdurante dissenso manifestato da alcuni condòmini.
Analisi giuridica sul diritto di sopraelevazione in condominio
La pronuncia del Tribunale di Sassari fornisce l'abbrivo per analizzare la normativa di cui all'art. 1127 c.c. riguardante il diritto di sopraelevazione.
Ai sensi dell'appena citata disposizione, Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio - così come il titolare esclusivo del lastrico solare - «può elevare nuovi piani o nuove fabbriche», salvo che:
- il titolo lo proibisca;
- le condizioni statiche dell'edificio non lo consentano;
- se pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.
È dunque chiaro sin da subito come il regolamento avente natura contrattuale possa precludere l'esercizio di tale diritto e che solo una decisione unanime possa derogare al divieto, come ha correttamente ricordato il Tribunale di Sassari.
La Corte di Cassazione (6 dicembre 2000, n. 15504) ha già da tempo ricordato come il diritto di sopraelevare spetti - al proprietario esclusivo del lastrico solare o dell'ultimo piano di un edificio condominiale - ai sensi e con le limitazioni previste dall'art. 1127 c.c., senza necessità di alcun riconoscimento da parte degli altri condòmini, mentre limiti o divieti all'esercizio di tale diritto, assimilabili ad una servitù altius non tollendi, possono esser costituiti soltanto con espressa pattuizione, che può esser contenuta nel regolamento condominiale di tipo contrattuale.
Sempre correttamente il Tribunale di Sassari ha ritenuto che il divieto contenuto nel regolamento potesse essere fatto valere anche da un solo condomino, nonostante l'assemblea di parere contrario.
Secondo risalente giurisprudenza di legittimità (Sez. Un., 21 gennaio 1988, n. 426), la domanda rivolta a denunciare l'illegittimità della sopraelevazione dell'ultimo piano di edificio condominiale, per violazione dell'art. 1127 secondo comma c.c. o di norme convenzionali (come quelle del regolamento contrattuale), può essere proposta pure dal singolo condomino, a tutela del decoro o della statica del fabbricato, ovvero del proprio godimento di aria o luce.
Dal punto di vista processuale, la controversia spetta alla cognizione del giudice ordinario, anche quando si tratti di edificio urbano, ricollegandosi a posizioni di diritto soggettivo, e può implicare la condanna alla demolizione del manufatto (eseguibile con la procedura di cui agli artt. 612 e ss. c.p.c. in tema di obblighi di fare).