Con pronuncia emessa in data 9 dicembre 2024, n. 3227, il Tribunale di Genova accoglieva la domanda per l'accertamento dell'accettazione dell'eredità da parte degli eredi e che dichiarassero la loro qualità, con riferimento ad un appartamento, introdotta da un condominio.
Infatti, tutti i convenuti erano da considerarsi debitori nei confronti del condominio-attore, in virtù di un decreto ingiuntivo emesso, ritualmente notificato ai convenuti.
Tra l'altro alcun convenuto aveva proposto opposizione a tale provvedimento monitorio, e si era proseguito anche con l'azione esecutiva.
Si costituiva in giudizio un solo erede, deducendo di aver accettato l'eredità del proprio coniuge, fin dalla data di decesso, compiendo atti che presupponevano la volontà di accettare, come il pagamento (con denari propri) di debiti ereditari, sostenendo le spese funerarie e pagando l'imposta di successione e di aver anche partecipato ed aderito alla mediazione, che si era conclusa negativamente per mancata partecipazione degli altri eredi.
Si concludeva che tale comportamento del convenuto fosse valutato dal giudicate al fine della condanna alle spese del procedimento. Gli altri convenuti non si costituiva e venivano dichiarati contumaci.
Il principio dell'accettazione tacita dell'eredità
In caso di decesso occorre premettere, in linea generale, che nel nostro ordinamento l'acquisto della qualità di erede non è automatico, ma presuppone l'accettazione da parte del chiamato all'eredità, che può essere espressa, tacita o ex lege. Va, altresì, precisato che l'accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare.
Al contrario sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere in modo certo l'intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione, perché si tratta di atti a prevalente contenuto fiscale caratterizzati solo da scopi conservativi (Cass. civ., sez. II, 19/02/2019, n. 4843).
Chiarito quanto innanzi, nel caso posto all'attenzione del Tribunale ligure, quest'ultimo evidenziava che l'accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l'accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile (in tal senso Cass. civ. sez. II, 11 maggio 2009, n. 10796; Cass. civ. Sez. VI - II, 30 aprile 2021, n. 11478).
Mancanza dell'inventario ex art. 485 c.c.
Si accertava che il convenuto costituito, nonostante fosse nel possesso del bene immobile ad una determinata data (essendo ivi residente come risulta dal certificato di residenza storico prodotto in atti), non avesse effettuato il prescritto inventario nel termine di tre mesi stabilito dall'art. 485 c.c.
Ne consegue che sebbene l'immissione in possesso dei beni ereditari non comporti accettazione tacita dell'eredità, poiché non presuppone necessariamente, in chi la compie, la volontà di accettare, cionondimeno, se il chiamato nel possesso o compossesso anche di un solo bene ereditario non forma l'inventario nel termine di tre mesi decorrenti dal momento di inizio del possesso, viene considerato erede puro e semplice; tale onere condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d'inventario, ma anche quella di rinunciare all'eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del "de cuius" (Cass. civ. sez. II, 01 giugno 2023, n. 15587; Cass, civ. sez. VI-II, 23 luglio 2020, n. 15690).
Ne deriva che il convenuto ha acquisito, senza ombra di dubbio, la qualità di erede anche ai sensi dell'art. 485 c.c., perciò lo stesso è vincolato al pagamento degli oneri condominiali.
Il medesimo discorso vale anche nei confronti degli altri coeredi legittimi della de cuius, che se anche dichiarati contumaci, va, comunque, ripartita la quota ereditaria, complessivamente pari alla ½, riconoscendo a ciascuno la loro misura di 1/8, sull'eredità dismessa della madre.
È sicuramente condivisibile la decisione del giudice ligure, con la quale si accertava e dichiarava l'intervenuta accettazione dell'eredità ed il riconoscimento della qualità di eredi afferente l'eredità della de cuius madre e, conseguentemente, il cespite fosse ripartito tra i detti eredi secondo le regole stabilite dalla legge, con ordine alla Conservatoria dei Registri Immobiliari competente di provvedere alla trascrizione dell'emanata sentenza.
In ordine alla spese processuali, il Tribunale competente le compensava nei confronti del convenuto costituito, e condannava alla soccombenza gli eredi legittimi dichiarati contumaci.