Con sentenza emessa in data 13.06.2024, n. 1286, la Corte di Appello di Catania, rigettava il gravame proposto da parte dell'opposto-appellante, avverso pronuncia emessa dal Tribunale di primo grado, che aveva accolto una opposizione a decreto ingiuntivo, avente ad oggetto il rimborso di una somma in relazione alla quota dovuta dall'opponente in virtù di spese relativa alla manutenzione straordinaria dell'edificio condominiale, approvate con apposita delibera.
Con il giudizio di prime cure, il giudice siciliano, accogliendo la domanda attorea precisava che in tema di riparto delle spese condominiali per l'esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione sulle parti comuni (come nella specie), laddove, successivamente alla delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione di tali interventi, sia venduta un'unità immobiliare sita nel condominio, i costi di detti lavori gravano, secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, su chi era proprietario dell'immobile compravenduto al momento dell'approvazione di detta delibera, la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere siano state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all'atto traslativo.
Ha aggiunto che l'art. 63 disp. att. c.c. stabilisce, a carico dell'acquirente, un regime di responsabilità solidale per il pagamento degli oneri condominiali dovuti dall'alienante, limitata al biennio antecedente all'acquisto.
Infatti, la parte opposta non poteva invocare, nei confronti dell'opponente, il vincolo solidale di cui all'art. 63 c.c. relativo soltanto ai contributi condominiali dell'anno in corso rispetto al trasferimento della proprietà dell'appartamento sito nel condominio, ovvero dell'anno precedente, atteso che, nel caso di specie, era documentalmente provato che la data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali spese e al conferimento del mandato all'amministratore della società opposta di stipulare il relativo contratto di appalto risaliva al 2007.
Avverso tale pronuncia, veniva proposto l'appello dall'opposto su tre motivi, chiedendo l'accoglimento della domanda proposta in primo grado, con vittoria di spese del doppio grado di giudizio. Si costituiva l'opponente-appellato, che resisteva all'appello, deducendone l'infondatezza, e chiedeva il rigetto del gravame, e proponeva appello incidentale in un unico motivo.
Infondatezza dell'eccezione sul giudicato esterno
Il giudice di appello rigettava il primo motivo di gravame, per la violazione dell'art. 112 c.p.c., secondo cui il giudice di primo grado non si fosse pronunciato sull'eccezione relativa all'esistenza del giudicato esterno.
Condivisibile quanto considerato dalla Corte territoriale secondo la quale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo oggetto della domanda è un credito vantato dall'ingiungente nei confronti dell'ingiunto, con la conseguenza che, dal punto soggettivo, le parti del processo possono essere esclusivamente colui che ha proposto la domanda e colui contro cui tale domanda è diretta (vedi Cass. civ. 15 novembre 2018, n. 29424; Cass. civ. n. 22284/2010; Cass. civ. S.U. n. 23022/2005).
Insussistenza del titolo posta a base dell'azione ingiuntiva
È avviso del Collegio che la pretesa creditoria azionata in via monitoria dall'appellante sia da ritenere infondata in quanto non sussiste alcun titolo che attribuisca alla predetta società, un diritto di rivalsa in relazione a quanto pagato pro quota all'impresa appaltatrice nei confronti del debitore.
E' indubbiamente esatto quindi il rilievo dell'appellato secondo cui il contratto di appalto per la realizzazione dei lavori di straordinaria manutenzione sulle parti comuni approvati con delibera dell'assemblea del 2007 è stato stipulato, nella qualità di committente, non direttamente dall'amministratore del condominio, bensì dalla società appellante, rappresentata dal suo legale rappresentante.
Infatti, non vi sono specifiche contestazioni sul punto, perciò non si può disconoscere la legittimazione dell'appellante a stipulare il contratto di appalto, con delega da parte dell'amministratore di condominio pro-tempore.
Invero, l'amministratore di un condominio, da qualificarsi come mandatario, ben può, in difetto di contraria manifestazione nell'atto di nomina (come nella specie), delegare le proprie funzioni ad un terzo (Cass. civ. n. 7888/1999).
Pertanto, essendo stata regolarmente effettuata la contemplatio domini, il contratto di appalto stipulato dalla delegata-appellante, con l'appaltatore deve ritenersi efficace nei confronti del condominio e, dunque, vincolante per lo stesso rappresentato. Ne deriva l'infondatezza dell'eccezione dell'appellato.
Ne consegue che l'appellante non poteva agire nei confronti dell'appellato per ottenere da lui il rimborso del corrispettivo dell'appalto eccedente l'ammontare della propria quota già pagato all'appaltatore, sia pure limitatamente alla quota di partecipazione alla spesa a suo carico dovuta ex art. 1123 c.c.
Amministratore provvede all'incasso degli oneri condominiali.
Per ciò, è l'amministratore condominiale l'unico referente dei pagamenti relativi agli obblighi assunti verso il terzo per la manutenzione sulle parti comuni in conformità con le regole proprie della gestione condominiale secondo le quali il singolo condomino è pur sempre obbligato a pagare al condominio, e non al terzo, le spese dovute ex art. 1123 c.c., né può utilmente opporre all'amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si assume, ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio (cfr. Cass. civ. sez. VI-II, 9 giugno 2017, n. 14530; Cass. civ. sez. VI, 17 febbraio 2014, n. 3636; Cass. civ. Sez. II, 29 gennaio 2013, n. 2049).
Obbligazione parziaria in condominio
Chiarito quanto innanzi, sottolinea la Corte d'appello che le posizioni dei condomini a fronte delle obbligazioni contratte nell'interesse del condominio (come nella specie) vanno ricostruite non in termini di solidarietà, ma di parziarietà, sicché (nel regime antecedente alla garanzia ex art. 63, comma 2, disp. att. c.c., introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220) il debito non si imputa al singolo condomino per intero ma pro quota, nelle proporzioni stabilite dall'art. 1123 c.c. (in tale senso Cass. civ. S.U. 08 aprile 2008, n. 9148; Cass. civ. sez. VI, 11 agosto 2017, n. 20073; Cass. civ. sez. II, n. 9 gennaio 2017, n. 199).
L'esclusione della solidarietà tra condomini comporta che colui che abbia dichiarato, come nel caso di specie, di avere pagato direttamente al creditore le quote gravanti sugli altri condomini non risulti titolare di alcun diritto di regresso, potendo esso configurarsi soltanto nel caso in cui il solvens sia coobbligato per l'intero con altri (art. 1299 c.c.)" (vedi. Cass. civ. 24 ottobre 2022, n. 26981).
È stato altresì precisato che al condomino, che abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai restanti condomini, allo scopo di ottenere da costoro il rimborso di quanto da lui corrisposto, non può consentirsi alcun diritto di regresso, ex art. 1299 c.c., né per l'intera somma dovuta dal condominio, né nei confronti degli altri condomini, sia pur limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi (Cass. civ. n. 12926/2022)
Sulla scorta di quanto argomentato, non è configurabile dunque un diritto di regresso dell'appellante che ha pagato una somma eccedente la propria quota di spese, nei confronti del debitore appellato, seppur limitatamente alla rispettiva quota da lui dovuta.
Per completezza, la società appellante non era dovuta personalmente al pagamento della rispettiva quota di spese dovuta dal condominio, perché al di fuori della fattispecie della surrogazione legale, che non si configura per il solo fatto di avere pagato il debito altrui, ma presuppone che colui che paga abbia una ragione di rivalsa verso il debitore in forza di un rapporto preesistente (ad esempio il mandato).
In tal caso l'azione di rivalsa spetterà al mandante in base al rapporto di mandato ex artt. 1719 e 1720 c.c.
In conclusione, si conferma il convincimento del giudice di prime cure, che ha escluso la fondatezza della pretesa azionata in monitoria dall'appellante, disponendo la revoca del decreto opposto, e si riforma parzialmente la pronuncia per non aver regolato il detto Tribunale le spese della consulenza tecnica d'ufficio, ponendole integralmente a carico dell'appellante.