Nell'ambito dei rapporti di vicinato una delle questioni più tormentate è quella che riguarda l'individuazione del soggetto proprietario del muro che separa due entità immobiliari. Il muro divisorio, che segna il confine tra due proprietà omogenee, è spesso oggetto di contenzioso che riguarda non solo il suo utilizzo, con le conseguenti doglianze in merito ai danni provocati dagli interventi, spesso incauti, effettuati da uno dei due comproprietari ma, altrettanto spesso, è al centro di controversie in ordine alla sua illegittima demolizione operata da uno solo dei due soggetti ad esso interessato.
Abbattimento di un muro divisorio e diritto al risarcimento. Fatto e decisione
Il Tribunale di Messina, con sentenza n. 1305 pubblicata il 30 giugno 2023, ha accolto la domanda attrice avente ad oggetto la illegittima demolizione di un muro comune esistente tra due proprietà limitrofe ed ha condannato il convenuto a risarcire il primo per l'appropriazione dell'area su cui il muro in contestazione insisteva originariamente.
Questi, in sintesi, i fatti oggetto di causa.
Il proprietario di un immobile per civile abitazione, composto da quattro piani fuori terra e recentemente ricostruito in aderenza al muro comune, lamentava che il proprio confinante, che parimenti aveva riedificato il proprio edificio, aveva abbattuto l'originario muro divisorio comune occupando la relativa area. L'intervento, a dire dell'attore, non solo aveva danneggiato le finiture del prospetto del suo fabbricato ma aveva provocato ulteriori danni alla sua proprietà.
Il convenuto si costituiva in giudizio contestando integralmente gli assunti dell'attore.
Il Tribunale accoglieva la domanda attrice essenzialmente sulla base degli esiti della CTU, dai quali era risultato che non vi erano più tracce del muro comune; che quando l'attore aveva demolito il vecchio edificio per ricostruirne uno nuovo il muro comune era stato lasciato intatto e che la nuova costruzione era stata effettuata in aderenza.
Il tutto oltre i rilievi tecnici necessari per determinare l'entità del risarcimento dei danni da riconoscere a parte attrice.
Determinante, da ultimo, ai fini dell'accoglimento della domanda dell'attore il comportamento processuale del convenuto, il quale non aveva contestato né la natura comune del muro, né di averlo demolito, né di avere utilizzato l'area ad esso pertinente annettendola in parte alla sua costruzione ed in parte per realizzare il giunto tecnico in precedenza inesistente.
Considerazioni conclusive
L'art. 880, comma 1, c.c. stabilisce una presunzione di comunione del muro divisorio tra edifici, che si estende per effetto del secondo comma anche al muro che divide cortili, giardini, orti e recinzioni tra i campi.
La norma, che ha per oggetto ipotesi tassative e che esclude un'applicazione in via analogica ad altre fattispecie, è stata stabilita a salvaguardia degli interessi di entrambi i confinanti e riguarda solo il muro che divide due edifici di pari altezza.
Tanto è vero che il legislatore ha previsto che nel caso in cui uno dei due edifici separati dal muro sia più alto dell'altro la presunzione di comunione si ferma all'edificio più basso.
Altre peculiarità caratterizzano l'art. 880 c.c. Da un lato, infatti, si è parlato di necessaria omogeneità delle entità divise dalla struttura muraria che devono essere di uguale natura: ovvero divisione tra edifici; cortili, orti, ecc. (Cass., sez. 2, 22 giugno 2007, n. 14609.
Fattispecie per la quale era stata negata la presunzione di comunione trattandosi di un muro che separava un fondo agricolo da un cortile).
Per altro verso la giurisprudenza ha stabilito che "la presunzione di comunione de qua ha carattere relativo e spiega la sua piena operatività fino a rendere irrilevante, nel caso di muro di separazione fra due edifici, l'eventuale anteriorità di uno di questi rispetto all'altro soltanto in mancanza di prova contraria, non operando invece quando risulti altrimenti, che il muro rientra nel dominio esclusivo di uno dei due confinanti, in forza di uno qualunque dei modi di acquisto, originario o derivativo, della proprietà immobiliare.
Pertanto, la presunzione anzidetta è vinta anche dall'accertamento che il muro è stato costruito nella sua interezza su di una sola delle aree contigue, con conseguente acquisto per accessione (art. 934 c.c.), salvi gli effetti di un titolo pattizio successivamente intervenuto ovvero dell'usucapione" (Cass., sez. 2, 3 gennaio 2014, n. 50).
Il carattere di relatività della comunione del muro divisorio produce effetti - come rilevato dal Tribunale di Messina - sul comportamento di ciascuno dei due confinanti rispetto al muro divisorio che può essere parimenti utilizzato ma non può essere oggetto di un uso esclusivo da parte di ciascuno di essi con lesione dell'altrui diritto.
Tanto è vero che, secondo il principio pronunciato dai giudici di legittimità e correttamente richiamato dal medesimo Tribunale, ciascuno dei comproprietari del muro vanta diritti non solo sullo stesso nella sua interezza, anche se pro quota, ma anche sul suolo ad esso sottostante.
Con la diretta conseguenza che l'abbattimento del muro da parte di uno dei due comproprietari costituisce un fatto illecito.