Una delle classiche diatribe nella quotidiana vita condominiale riguarda il portone d'ingresso. Alzi la mano chi non ha mai sbottato davanti al portone aperto giorno e notte.
Non bastano i classici cartelli "si prega gentilmente di chiudere il portone": c'è sempre qualcuno che non sa leggere o che, peggio, è noncurante davanti ad un fatto basilare per garantire la sicurezza della sua stessa abitazione.
Non solo: il portone aperto, oggi come oggi, è spesso la buona occasione per i "venditori di ogni cosa" che s'intrufolano nel palazzo, salgono con l'ascensore fino all'ultimo piano e iniziano una discesa dalle scale che li porta a suonare ad ogni abitazione per propinare "l'affare della vita".
Ci scrive un nostro lettore:
«Abito in un condominio di sette appartamenti e altrettanti proprietari. Due di loro, come suo, dire, hanno la coda. Non chiudono mai il portone. Non è un'iperbole, davvero mai una volta che entrando o uscendo lo accompagnassero. Niente. Lo lasciano aperto.
Ho sollecitato direttamente le persone, con educazione, ma nulla. Poi ho affisso un cartello, su ambo i lati; nulla, anzi è stato tolto.
Alla fine l'ho detto all'amministratore che mi ha risposto di poter fare ben poco. Io sono davvero esasperato, oltre alla sporcizia che il vento fa entra nell'androne, è una questione soprattutto di sicurezza. La sera la zona non è ben illuminata. Senza contare il fatto che si è rotto già due volte un vetro, perché la corrente d'aria che si crea lo fa sbattere.
Che cosa posso fare? »
Portone condominiale sempre aperto e uso della cosa comune
Insomma il portone aperto è causa di fastidio, pericolo e purtroppo, alle volte, anche di danni. Che cosa fare per evitare questo spiacevole inconveniente? Prima di dare una risposta che, vedremo, ha ben poco di giuridico, vale la pena inquadrare la vicenda nell'ambito normativo. La norma di riferimento è l'art. 1102, primo comma, c.c. a mente del quale
«Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa».
In questo contesto la Cassazione ha specificato che «il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non è da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell'unità di tempo e di spazio, perché se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine» (Cass. 16 giugno 2005 n. 12873).
Regole per l'uso corretto del portone d'ingresso
Naturalmente servirsi del portone comune è operazione che è limitata alla possibilità di transitare dall'androne ed aprirlo e chiuderlo per entrare ed uscire dall'edificio. Il portone può essere tenuto aperto per brevi periodi per facilitare le operazioni di carico e scarico di merci e beni dei condomini, nel corso di traslochi o lavori di manutenzione, per consentire una più facile e rapida pulizia dello stabile o quando è in servizio il portiere con compiti di guardiania dello stabile medesimo.
Negli altri casi lasciare il portone aperto dev'essere considerato un fatto non conforme alla particolare destinazione d'uso di quel bene.
Detto diversamente: se è possibile provare quale dei condomini viola la basilare norma che impone la chiusura del portone una volta usciti o entrati nell'edificio si potrà intimargli maggiore attenzione con preavviso che, in caso contrario, si potrebbero adire le vie legali.
Certo che una causa per il portone aperto …in casi come questi, quin
di, è sempre bene cercare di risolvere la situazione con il dialogo.
Portone condominiale i danni li pagano tutti, salvo dimostrazione della responsabilità
Un cenno finale lo merita il caso dei danni. Il lettore ci dice che il portone ha necessitato di manutenzione di un vetro, in conseguenza del fatto che lasciato aperto ha sbattuto.
Si potrebbe dire, come spesso si tende a fare nelle assemblee: siccome il danno lo hanno cagionato Tizio e Caio, il costo della riparazione lo affrontano loro. Nulla di più sbagliato.
In diverse circostanze, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che «l'assemblea non può porre a carico del singolo condomino alcun obbligo risarcitorio, né a tale titolo imputargli alcuna spesa. […] Fino a quando l'obbligo risarcitorio del singolo non risulti accertato (il che si verifica, appunto, per effetto del riconoscimento dell'interessato o a seguito della pronunzia del giudice) l'assemblea non può disattendere l'ordinario criterio di ripartizione né disapplicare la tabella millesimale» (Cass. 22 luglio 1999 n. 7890).
Come dire: finché non c'è concordia, o meglio disponibilità dei condòmini ad assumersi l'intero onere del costo di riparazione, solo un giudice può decidere in tal senso.