Sempre più spesso si sente parlare di pet therapy, ossia di terapie mediche assistite effettuate con l'ausilio di animali. Il fenomeno interessa anche coloro che risiedono in abitazioni facenti parte di un condominio.
A tale proposito merita di essere ricordato che i condomini-proprietari degli animali devono osservare in modo scrupoloso regole di sicurezza e di igiene.
In ogni caso è consentita l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione purché, nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini, non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari.
Occorre anche chiedersi se un condomino può tenere animali particolari, come ad esempio, un maiale vietnamita.
La questione è stata affrontata dal Tar Pescara nella sentenza n. 291 del 2 luglio 2022.
Maiale vietnamita e animali domestici in condomino: la vicenda
Due condomini tenevano nell'area verde pertinenziale alla loro abitazione (dotata di accesso autonomo) un maiale vietnamita. Successivamente il sindaco, con ordinanza sindacale contingibile e urgente, ordinava lo sgombero, dal cortile sottostante il condominio, del detto animale (con la sua delocalizzazione nel termine di giorni trenta), al fine di rimuovere lo stato di pericolo igienico sanitario e di una migliore tutela dell'igiene pubblica e privata.
L'ordinanza veniva impugnata dai due condomini che, tra l'altro, rilevavano come il provvedimento si ponesse in contrasto con la Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali proclamata il 15.10.1978 presso l'Unesco sede di Parigi, con la Convenzione Europea di Strasburgo del 13.11.1987, con le leggi n.281/1991 e 201/2010, nonché con la normativa regionale e comunale per la tutela ed il benessere degli animali da compagnia.
I ricorrenti evidenziavano pure che il maiale è a tutti gli effetti un animale da compagnia o di affezione; in particolare i condomini facevano presente che era stato adottato per effettuare una pet therapy in favore del figlio, cioè quale strumento assai efficace per curare problemi di comportamento o di relazione o per superare alcuni traumi certificati da uno psicologo.
In ogni caso gli stessi ricorrenti notavano che il maiale risultava portatore di microchip ed era registrato nell'anagrafe canina; di conseguenza escludevano che l'animale in questione potesse subire alcuna rimozione, pena l'applicazione della disciplina e delle relative sanzioni sul maltrattamento degli animali (544 c.p.) che ricorre anche se solo l'animale viene messo in condizioni di soffrire quale essere "senziente" capace di percepire dolore fisico e psichico.
Il Tar riconosce il diritto di avere un maiale vietnamita come animale domestico
Il Tar ha dato ragione ai proprietari del maiale vietnamita. Come hanno notato i giudici amministrativi, all'esito dei sopralluoghi effettuati, non sono stati stati avvertiti odori molesti, né sono stati rilevati liquami sversati sul suolo che al contrario venivano regolarmente asportati con segatura assorbente.
Il provvedimento in questione, ad avviso dello stesso Tar, non è così risultato fondato sull'esistenza concreta di "gravi pericoli" incombenti, di dimensioni tali da costituire una concreta ed effettiva minaccia per l'incolumità dell'igiene pubblica, non fronteggiabile con mezzi ordinari.
In particolare dagli atti di causa non è emersa alcuna delle situazioni di eccezionalità ed imprevedibilità idonee a far temere emergenze igienico sanitarie o pericoli per la pubblica incolumità.
È emerso con chiarezza, invece, un difetto di istruttoria, atteso che l'amministrazione intimata nell'intervenire in una situazione in cui era necessario adottare misure che incidevano sulla detenzione e sulla convivenza con un animale asseritamente domestico, non si è curata di sollecitare la partecipazione al procedimento del competente Servizio Veterinario dell'Asl (tramite il quale sarebbe stato possibile accertare l'effettiva riconducibilità del maiale vietnamita alla categoria degli animali domestici da compagnia, le reali dimensioni dell'animale, e la compatibilità delle sue condizioni esistenziali con il contesto ambientale circostante, nonché l'idoneità e l'adeguatezza delle misure igieniche predisposte dai proprietari rispetto all'habitat di inserimento).
Il Tar ha perciò annullato l'ordinanza per eccesso di potere (difetto di istruttoria) e mancanza dei presupposti di legge. Come noto, l'esercizio del potere sotteso all'emanazione di ordinanze sindacali contingibili e urgenti, siano esse adottate ai sensi dell'art. 50 (situazione di imminente pericolo per l'igiene e la salute pubblica) che dell'art. 54 D.lgs. 18 aprile 2000, n. 267 (grave pericolo per l'incolumità pubblica), trova la propria legittimazione nell'esistenza di una situazione di eccezionalità - la cui sussistenza deve essere suffragata da una istruttoria adeguata e da una congrua motivazione - non fronteggiabile con gli strumenti giuridici ordinari previsti dall'ordinamento, condizione, quest'ultima, unica in ragione della quale si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi.