È possibile che un immobile sia di proprietà di un minore e che lo stesso faccia parte di un fabbricato. In tal caso, la titolarità del bene non può certo condizionare gli obblighi nei riguardi del condominio e cioè la necessità di contribuire, secondo il valore millesimale del bene, alle spese di gestione dell'edificio e delle cose comuni.
Cosa succede, però, se non vengono saldate regolarmente le quote condominiali? Chi deve pagare gli arretrati? Alla luce dell'usufrutto legale del genitore sui beni del figlio minore a chi deve essere rivolto l'eventuale decreto ingiuntivo emesso per il mancato pagamento delle spese condominiali?
Alle domande appena poste ha dato risposta una recente sentenza del Tribunale di Roma. Infatti, con la decisione n. 8038 del 03 giugno 2020, il magistrato capitolino ha risolto un'opposizione proposta dalla madre di due condòmini/minori avverso un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti.
Si è trattato di un giudizio in cui, tra le altre questioni, è stata affrontata anche quella relativa alla legittimazione processuale del genitore in questi casi e dove è stato chiarito, quindi, come e verso chi può procedere l'amministratore per il recupero degli oneri condominiali non pagati.
Prima, però, vediamo cosa è successo nel caso concreto.
Decreto ingiuntivo condominiale e usufrutto legale: il caso
In un condominio romano era accaduto che risultassero arretrati ed insoluti vari oneri condominiali. Per questo motivo, l'amministratore aveva chiesto, ottenuto e ritualmente notificato un decreto ingiuntivo.
La particolarità della situazione era dovuta al fatto che l'ingiunto non era il proprietario dell'immobile, bensì uno dei suoi genitori, visto che si trattava di soggetti minori.
Era quindi proposta opposizione dinanzi al Tribunale di Roma, all'interno della quale, tra le varie censure, era sollevata anche quella relativa alla legittimazione passiva dell'ingiunta.
Il magistrato capitolino non ha, però accolto questo tipo di eccezione, respingendo, altresì, anche le altre sollevate. Egli ha, semplicemente, preso atto del pagamento parziale di alcuni oneri condominiali scaduti, avvenuto prima dell'iscrizione a ruolo del procedimento monitorio, e, solo per questa ragione, ha accolto in parte l'opposizione proposta.
Passiamo, pertanto, ad esaminare le ragioni che hanno legittimato la decisione in esame.
La legittimazione del genitore del minore còndomino
Come ho appena anticipato, per minare le fondamenta dell'ingiunzione ricevuta, la madre dei minori proprietari degli immobili ha fatto leva sul proprio difetto di legittimazione passiva. Ella, infatti, ha sostenuto di essere stata coinvolta "in proprio", nonostante la titolarità dei beni si riferisse ai propri figli.
Per la verità, l'eccezione proposta è apparsa da subito, quanto meno, maldestra, così come è stato evidenziato dal Tribunale, il quale ha, immediatamente, specificato che l'opponente «agisce in opposizione «nella [sola] qualità di genitrice… e usufruttuaria legale, sicché delle due l'una: o non è legittimata a proporre l'opposizione de qua (che, perciò e se non altrimenti opposta, è divenuta definitiva e non più caducabile) o, intanto può proporla, in quanto l'ingiunzione si debba intendere, invece, effettivamente rivolta contro di lei (non già in proprio, ma) nella suddetta qualità».
Con questa precisazione, il magistrato capitolino accenna ai presupposti giuridici su cui si basa la legittimazione del genitore di un condòmino minore, in relazione agli oneri condominiali insoluti e alla conseguente responsabilità.
Si tratta della naturale, quanto scontata, potestà genitoriale, ma, soprattutto dell'usufrutto legale di cui la madre e il padre del minore sono titolari in merito ai beni, compresi gli immobili, del medesimo.
In particolare, vengono evidenziate le seguenti conclusioni:
l'amministratore può agire in recupero delle quote non saldate nei confronti di entrambi i genitori e non conta che siano, eventualmente, separati legalmente.
Lo si ricava dal fatto che «l'ordinaria amministrazione spetta disgiuntamente a entrambi ex art. 320 cod. civ.» e, in quanto usufruttuari legali dei propri figli, dalla considerazione che «I comproprietari o i contitolari del diritto reale di godimento sull'immobile sono tenuti in solido fra loro e, perciò, ognuno per l'intero, salvo regresso verso gli altri (cfr. art. 67 disp. att. cod. civ. e Cass., 21 ottobre 2011, n. 21907)».
L'usufrutto legale dei genitori del minore, per quanto di natura speciale è assimilabile a quello contrattuale, almeno in termini di responsabilità verso gli oneri condominiali.
Lo si deduce dal codice civile «Gravano sull'usufrutto legale gli obblighi propri dell'usufruttuario (Art. 325 cod. civ.)» e dal fatto che «sono applicabili le norme della disciplina ordinaria, laddove non diversamente disposto, a meno di incompatibilità "sostanziali", ricavabili, cioè, dalla natura dell'istituto speciale o dalle funzioni e dagli obiettivi che lo stesso, rispettivamente, svolge ed è inteso a perseguire».
In sede di opposizione al decreto ingiuntivo l'assemblea non è impugnabile
Nel dirimere la controversia qui in esame è stata colta l'occasione per ribadire un principio di una certa importanza: in sede di opposizione al decreto ingiuntivo l'assemblea non è impugnabile.
Per sostenere questa affermazione, il Tribunale di Roma ha richiamato varie precedenti giurisprudenziali sull'argomento.
Ad esempio: «È esatto il presupposto da cui muove la sentenza impugnata, che, cioè, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. cod. civ. per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale, ma solo questioni riguardanti l'efficacia della medesima: tale delibera, infatti, costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l'esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio di opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto (Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2007, n. 4421; Cass., Sez. 2, 20 luglio 2010, n. 17014; Cass., Sez. 2, 18 settembre 2012, n. 15642)».
E ancora: «In altri termini, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa attività riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate (Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26629)» (cfr. Cass. n. 19938/2012 cit.)».
Pertanto, se il condòmino o chi per esso è titolare della legittimazione processuale vuole contestare un bilancio consuntivo approvato dall'assemblea, ha l'onere di impugnare il deliberato nei termini e con le modalità previste dalla legge. Non può farlo, invece, in sede di opposizione all'eventuale decreto ingiuntivo subito per gli insoluti, poiché sarebbe, ormai, decaduto da tale facoltà.