L'interessante decisione del Tribunale di Roma 8 marzo 2022 n. 3603 riprende in mano questo argomento, oltre a fare un excursus molto lineare dell'evoluzione della giurisprudenza e normativa, negli ultimi anni.
I principi giurisprudenziali e l'evoluzione nel tempo
In un remoto arresto della Suprema Corte (Cass., n. 6294/1984) il distacco è stato reputato ammissibile solo: quando la rinuncia fosse prevista in un regolamento di condominio di tipo contrattuale; quando il distacco fosse autorizzato dai condomini all'unanimità; quando l'interessato desse prova che dal distacco derivava un'effettiva e proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non si verificava più alcun squilibrio per l'impianto di riscaldamento centralizzato.
Il giudice di legittimità ha poi operato un revirement, tracciando un orientamento più favorevole per il distacco dall'impianto centralizzato.
Ed invero, la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata da parte del singolo condomino, mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato, è da ritenersi pienamente legittima, purché l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, né, tanto meno, squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio (Cass. n. 5974/2004 Cass. n. 6923/2001 Cass. n. 1775/98; Cass. n.1597/95; Cass. n. 4653/90).
La Suprema Corte ha distinto le spese di conservazione dell'impianto condominiale e quelle relative al suo uso, stabilendo che solo queste ultime non siano dovute se l'impianto non è utilizzato (Cass., 10214/96; Cass. 11152/97; Cass. 129/99).
La conseguenza di questa distinzione è che l'art. 1118 c.c., secondo cui il condomino non può rinunciare al diritto sul bene comune per sottrarsi al contributo nelle spese, riguarda soltanto la prima tipologia di spese, attinenti alla conservazione dell'impianto, che è e resta comune.
Le c.d. spese di esercizio, invece, non possono essere imputate ai condomini che non utilizzano il bene comune. Queste ultime, difatti, scaturendo dall'utilizzazione, ovvero da un fatto soggettivo e mutevole, distinto dalla misura di proprietà individuale, si differenziano dalle spese relative alla conservazione degli impianti condominiali, che, costituendo delle obbligazioni propter rem restano sempre proporzionate alla quota di proprietà individuale.
L'esonero, tuttavia, non deve andare a discapito degli altri condomini. La Corte di Cassazione, conseguentemente, ha spiegato che l'eventuale aumento delle spese di gestione per gli altri condomini deve essere sopportato dagli utenti distaccatisi.
In estrema sintesi, i condomini che intendono distaccarsi dall'impianto centralizzato possono farlo, ma a due condizioni:
- che il distacco non danneggi il funzionamento dell'impianto centralizzato;
- che, se il distacco provochi degli aumenti delle spese per gli altri condomini, la percentuale d'aumento venga da loro sostenuta (Cass. n. 11152/97; Cass. n. 1775/98).
Il condomino può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini.
Fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell'impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolva in una diminuzione del servizio di cui continuano a godere g1i altri condomini.
La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (cfr. Cass. sentenza n. 7518/2006).
Va, inoltre, condiviso l'indirizzo giurisprudenziale inaugurato dalla sentenza n. 1989 del 29.9.2011 che ha reputato irragionevole riconoscere tutela giuridica a tale tipo di divieto a fronte del preminente diritto individuale del condomino di poter fruire, attraverso l'utilizzazione di un impianto di riscaldamento individuale, di una riduzione dei costi sia sul piano finanziario che energetico.
A prescindere dalla prova della natura contrattuale del regolamento vigente- che presupporrebbe o la prova dell'avvenuta trascrizione della clausola regolamentare o dell'avvenuta accettazione della stessa mediante richiamo nell'atto di acquisto anche dell'attrice- deve, infatti, ritenersi che, ai fini del distacco dal riscaldamento centralizzato, non osti neanche la natura contrattuale della norma restrittiva del regolamento di condominio, poiché questo è un contratto atipico le cui disposizioni sono meritevoli di tutela solo ove regolino aspetti del rapporto per i quali sussista un interesse generale dell'ordinamento.
Il regolamento di condominio, anche se contrattuale, approvato cioè da tutti i condomini e richiamato in tutti gli atti di acquisto (o semplicemente trascritto), non può derogare alle disposizioni richiamate dall'art. 1138 c.c., comma 4, menomando i diritti che ai condomini derivano dalla legge.
Con riferimento al distacco delle derivazioni individuali dagli impianti di riscaldamento centralizzato ed alla loro trasformazione in impianti autonomi, l'ordinamento ha mostrato di privilegiare dette trasformazioni nell'ottica del preminente fine generale del risparmio energetico; inoltre, come ribadito dalla novella del 2012, l'eventuale effetto pregiudizievole del distacco per l'impianto comune e per i condomini non distaccatisi deve essere verificato in concreto, di talché l'astratto divieto regolamentare - che, se non supportato da un effettivo vantaggio per gli altri condomini, rimane espressione puramente egoistica, a fronte dell'interesse anche del singolo di conseguire un corrispondente risparmio economico - non appare meritevole di tutela dell'ordinamento in quanto contrario al generale principio costituzionale di solidarietà sociale.
Verifica dell'impatto del distacco sull'impianto di riscaldamento
Ciò premesso, occorreva accertare se, nel caso di specie, a seguito del distacco unilaterale dall'impianto centralizzato da parte dell'immobile di proprietà dell'attrice, si sia verificato uno squilibrio termico in pregiudizio del regolare funzionamento dell'impianto, ovverosia, se si siano verificati malfunzionamenti dell'impianto centralizzato.
Segnatamente, dall'elaborato peritale, che per logicità argomentativa è fatto proprio da questo giudicante, non emerge una effettiva compromissione dell'impianto centralizzato derivante dall'intervenuto distacco dell'appartamento attoreo.
Inoltre, pur ritenendo il ctu sussistere un aggravio di spese a carico degli altri condomini, a causa del calore emunto dal pavimento del solo piano quarto, e, quindi, una dispersione di calore, lo stesso consulente ha individuato una percentuale di contribuzione alle spese di gestione da porre a carico dell'unità immobiliare della società attrice in grado di compensare questo effetto.
Per queste ragioni, applicando la quota di contribuzione, risulta possibile neutralizzare i prevedibili aggravi di spesa per gli altri condomini e ritenere il distacco comunque accettabile e quindi legittimo.