Il Tribunale di Napoli, in data 12 marzo 2025 ha pubblicato la sentenza n. 2499, il cui tema centrale è costituito da una situazione che si potrebbe definire fisiologica nella vita condominiale e che riguarda un problema atavico, ovvero la ripartizione delle spese quando si debba intervenire su beni comuni appartenenti a condomìni differenti, ma svolgenti una funzione che interessa entrambi i soggetti.
Il caso è tipico, ovvero cortile che copre un condominio di box, ma leggendo nelle pieghe della sentenza si troveranno elementi che rendono il provvedimento di interesse, pur se la soluzione finale è scontata.
Impugnata la delibera per la violazione dell'art. 1125 c.c.- il Tribunale respinge la domanda. Fatto e decisione
In un condominio, costituito da soli BOX e situato al di sotto di due fabbricati e di altrettante strade ad essi adiacenti, erano in atto copiose infiltrazioni d'acqua che mettevano a repentaglio la struttura complessiva.
La situazione aveva richiesto la convocazione di un'assemblea condominiale per discutere e deliberare su questioni che interessavano non solo i box, ma anche le travi portanti del fabbricato, i cui solai erano stati costruiti in aderenza con i sovrastanti edifici.
Pertanto, al fine di procedere alla necessaria conservazione delle parti comuni attraverso l'esecuzione di lavori di manutenzione urgenti, l'assemblea approvava il relativo computo metrico estimativo redatto sulla base degli accertamenti effettuati dal tecnico incaricato dal condominio.
Il verbale assembleare veniva comunicato alla società attrice che, non presente alla riunione, previa proposizione del procedimento di mediazione obbligatoria (con esito negativo), lo impugnava dinanzi al competente Tribunale chiedendo che la delibera fosse dichiarata nulla e/o annullabile.
A fondamento della richiesta veniva individuata una asserita violazione dell'art. 1125 c.c. in base al quale i costi dei lavori erano stati ripartiti, in ragione del rispettivo 50%, tra i sovrastanti fabbricati ed il condominio dei box. Sul punto, infatti, sarebbe stato erroneamente ritenuto che le cause delle infiltrazioni fossero derivate da elementi strutturali, mentre in realtà - secondo gli esiti della relazione del perito di parte attrice - queste dovevano essere ascritte al cattivo funzionamento dell'impianto pluviale di pertinenza del sovrastante condominio.
Il condominio si opponeva e chiedeva il rigetto della domanda.
Il Tribunale, che ha rigettato la domanda di annullamento della deliberazione, ha condiviso le risultanze della CTU, secondo la quale le cause delle infiltrazioni, in massima parte, traevano origine dalle parti strutturali degli edifici coinvolti (per tutte: mancata impermeabilizzazione di un giunto elastico tra le due strutture; conseguenti effetti sulla stessa per l'usura del tempo, delle vibrazioni del traffico veicolare o della sismicità della zona e così via), con la conseguenza che la norma da applicare era l'art. 1125 c.c.
Ripartizione delle spese per infiltrazioni in condomini con box interrati
Lo stato dei luoghi, come emerso dalla motivazione della sentenza, configura una situazione che è comune nella realtà condominiale: ovvero condominii di autorimesse e/o box privati, coperti da lastrici solari spesso costituiti da aree esterne appartenenti a sovrastanti edifici o - come nel caso in esame - sottostanti a differenti condominii e ad altre aree adiacenti.
Altrettanto comune il fatto che dalla situazione urbanistico/edilizia possano derivare infiltrazioni addebitabili a difetti di costruzione, oppure alla mancanza o cattiva manutenzione di quelle parti strutturali che determinano, in concreto, danni alle parti sottostanti, o ancora quando gli eventi dannosi siano ascrivibili a malfunzionamento di impianti comuni.
Una volta accertato che non vi sia una responsabilità, come rilevabile nell'ultima ipotesi, a carico dell'edificio o di parte di esso che richieda, per la ripartizione dei costi dei lavori concernenti la rimessione in pristino delle parti ammalorate, l'applicazione dell'art. 1123 c.c. secondo i diversi criteri in esso individuati (proporzionalità al valore della proprietà di ciascuno o dell'uso potenziale o reale che ciascuno dei condomini può fare o fa delle cose comuni), si pone il problema di individuare la norma effettivamente applicabile al caso concreto.
Come visto nella fattispecie esaminata, il condominio dei box aveva in comune con i sovrastanti edifici i solai e le infiltrazioni, il cui percorso non è mai segnato in modo lineare, ma si può estendere a tela di ragno, andava a minare anche parti essenziali per l'esistenza e la stabilità del plesso edilizio.
Nel corpo della motivazione si ha una fotografia più chiara dello stato dei luoghi rispetto a quanto sia emerso dalla sintetica ricostruzione dei fatti operata dal giudicante, il quale ha avuto poi modo di chiarire che i box che costituivano il condominio convenuto si trovavano nel piano sottostante a più cortili condominiali adibiti a parcheggio a raso.
Una volta individuata la causa dei fenomeni infiltrativi che interessava - come detto elementi strutturali - il Tribunale per dichiarare l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 1125 c.c. ha richiamato la giurisprudenza della Corte di cassazione che ha riconosciuto che il dettato normativo "si può applicare in via analogica anche al caso della riparazione del cortile che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di singoli condomini, ai fini della ripartizione delle relative spese, per cui non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 c.c. (giur. costante. Tra tutte vedi Cass. 30 aprile 2021, n. 11462).
L'art. 1125 c.c. rappresenta, unitamente agli artt. 1124 1126 c.c., una sorta di norma speciale rispetto al criterio generale di ripartizione delle spese contenuto nell'art. 1123 c.c. ed ha per oggetto gli oneri contributivi inerenti alla manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai.
Questi ultimi, che sono stati identificati nella sentenza del giudice partenopeo quali elementi direttamente aggrediti dalle infiltrazioni, sotto il profilo meramente tecnico sono rappresentati da strutture piane orizzontali che costituiscono la copertura ed il sostegno dei piani intermedi dell'edificio.
Sempre ragionando in termini meramente edilizi, il solaio altro non è che l'insieme di tanti elementi (travi, travicelli, mattoni, cemento e/o materiali vari) che svolgono solo tale funzione, così escludendo dal loro novero le parti estranee alla sua propria natura, per le quali occorre di volta in volta accertare la proprietà.
Tale precisazione serve a fare comprendere perché, nella fattispecie, si sia parlato prima di cause strutturali dei fenomeni infiltrativi e, poi, di aggressione da parte di questi a parti strutturali che, se non ripristinate, avrebbero messo in pericolo la sicurezza dell'intero fabbricato.
Detto questo, per la comune fattispecie del solaio che separa il cortile condominiale dai sottostanti locali la Corte di cassazione, in passato, aveva ritenuto applicabile l'art. 1126 c.c. salvo, poi, cambiare orientamento ed optare per la più equa ripartizione delle spese in pari misura tra i proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti.
La precisazione, tuttavia, contenuta nella seconda parte dell'art. 1125 c.c. porta a ritenere che tale ripartizione sia limitata al rifacimento delle parti strutturali del solaio. Ovvero di quelle parti senza le quali il bene in comunione non potrebbe esistere.
In conclusione, quindi, la norma è chiara e non inganna, dal momento che avere accreditato ai singoli proprietari delle due parti del solaio spese diverse non infrange il criterio base di ripartizione delle spese di ricostruzione e manutenzione dello stesso.