Le cassette postali in condominio sono un tema ricorrente per molteplici ragioni, ad esempio per ciò che concerne la ripartizione delle spese nel caso di installazione o di riparazione. In alcune circostanze, però, si pone addirittura il problema circa l'opportunità di dotare il fabbricato di tali beni, soprattutto se in condominio c'è un portiere che è addetto anche al ritiro della posta per conto dei proprietari.
In realtà, come meglio diremo di qui a un istante, il condominio non può rifiutarsi di avere cassette postali a norma.
Le disposizioni normative vigenti, infatti, impongono non solo alle singole unità immobiliari ma anche agli "edifici plurifamiliari" di favorire la consegna di lettere e plichi installando appositi contenitori esterni al fabbricato, facilmente raggiungibili dagli addetti al servizio postale, secondo le prescrizioni imposte dalla disciplina di settore. Approfondiamo la questione.
Il condominio può rifiutarsi di avere cassette postali?
Il condominio non può rifiutarsi di avere cassette postali, neanche qualora ritenga che siano superflue perché, ad esempio, v'è un portiere che si occupa anche di ricevere la posta per conto dei condòmini.
L'ordinamento giuridico sul punto è chiaro: «Negli edifici plurifamiliari, nei complessi formati da più edifici e negli edifici adibiti a sede d'impresa, le cassette devono essere raggruppate in un unico punto di accesso» (art. 21, D.M. 1° ottobre 2008).
È evidente, quindi, che anche i condomìni debbano munirsi di cassette, riunite in un solo punto e facilmente raggiungibili dal portalettere.
Trattandosi di un obbligo imposto direttamente da un provvedimento normativo, all'adempimento può procedere l'amministratore anche senza previo consenso assembleare, acquistando e facendo installare l'intero monoblocco, cioè la struttura in cui sono poi dislocate le singole cassette, ciascuna con il proprio sportello, la serratura e la targhetta per il nominativo.
Se l'assemblea dovesse opporsi, la deliberazione potrebbe essere impugnata per contrarietà alla legge.
In effetti, trattandosi di un obbligo giuridico in piena regola, deve ritenersi che l'assemblea non abbia discrezionalità al riguardo, se non con riferimento alla scelta del tipo di cassetta, al costo e al luogo di installazione.
L'assemblea, dunque, non può opporsi alle cassette postali; in applicazione dei principi giurisprudenziali, potrebbe addirittura pensarsi che una deliberazione di questo tenore sia nulla.
Secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte (14 aprile 2021, n. 9839), tra le ipotesi di nullità v'è anche la contrarietà a norme imperative (art. 1418 c.c.); se tale dovesse intendersi quella del D.M. sopra citato, dovrebbe giungersi alla conclusione per cui la deliberazione contraria all'installazione delle cassette postali sia radicalmente nulla.
Il condominio può rifiutarsi di avere cassette postali a norma?
L'obbligo di munirsi di cassetta postale è accompagnato da una serie di regole che ne disciplinano dimensioni e ubicazione, per cui il semplice fatto di avere contenitori adibiti alla raccolta di plichi e raccomandate potrebbe non essere sufficiente.
Ai sensi dell'art. 45, D.M. 9 aprile 2001, «Per la distribuzione degli invii semplici devono essere installate, a spese di chi le posa, cassette accessibili al portalettere. Lo scomparto di deposito, la forma e le dimensioni dell'apertura devono rispondere alle esigenze del traffico postale e risultare tali da consentire di introdurvi gli invii senza difficoltà particolari.
Le cassette devono recare, ben visibile, l'indicazione del nome dell'intestatario e di chi ne fa uso».
Prosegue l'art. 46 del medesimo decreto: «le cassette devono essere collocate al limite della proprietà, sulla pubblica via o comunque in luogo liberamente accessibile, salvi accordi particolari con l'ufficio postale di distribuzione».
L'art. 21, D.M. 1° ottobre 2008, dispone che «il recapito degli invii semplici è effettuato in apposite cassette accessibili al portalettere installate dal destinatario a proprie spese. La forma e le dimensioni della cassetta e l'apertura devono risultare tali da consentire di introdurvi gli invii senza difficoltà.
I titolari di cassette non conformi alle caratteristiche e dimensioni provvedono ai necessari adattamenti. In mancanza, il ritiro dell'invio avverrà presso l'ufficio postale previo avviso di giacenza. Le cassette devono recare, ben visibile, l'indicazione del nome di chi ne fa uso. In mancanza l'invio è restituito al mittente, ove individuabile ai sensi del successivo articolo».
Dunque, il condominio deve munirsi di cassette postali che siano a norma, cioè che rispettino le indicazioni appena illustrate.
Alcuni di questi obblighi, peraltro, gravano sui singoli proprietari e non sulla compagine, come ad esempio quello di indicare correttamente il nominativo.
L'assemblea, dunque, potrà votare sull'acquisto del blocco di cassette e sulla sua collocazione; l'indicazione del nome, così come la manutenzione della singola unità, spettano al condomino.
Cosa fare se il condominio non si adegua alla normativa sulle cassette postali?
Qualora il condominio non dovesse adeguarsi alla normativa sulle cassette postali, ad esempio rifiutando l'installazione, acquistandone di non regolari, ponendole in un luogo interno al condominio e quindi non accessibile al portalettere, oppure ancora se non dovesse adottare alcun tipo di decisione per il disinteresse totale della compagine, è ammesso il ricorso ex art. 1105 c.c., a tenore del quale «Se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria».
Non può peraltro essere sottaciuto, d'altronde, come la singola cassetta postale sia di proprietà di ciascun condomino, a differenza del "monoblocco" che è condominiale.
Dunque, davanti all'opposizione o all'inerzia della compagine ogni condomino potrebbe decidere di munirsi di una propria cassetta postale, seguendo le regole dettate dalla normativa prima illustrata, assicurandosi peraltro di non occupare più spazio di quanto sia strettamente necessario, così da consentire anche agli altri di fare la stessa cosa, ex art. 1102 c.c.