Con ordinanza emessa in data 9 novembre 2022, n. 32963 la Corte di Cassazione, Sezione VI, si è pronunciata su tre motivi di censura, in virtù di azione intentata innanzi al Tribunale di Roma, con procedimento ex art. 702 bis c.p.c., da parte di un Condominio-Caio per l'esecuzione dei lavori di ripristino della condotta fognaria, nei confronti di altro Condominio-Sempronio e la conseguente richiesta di risarcimento danni.
Danni a terzi e ripristino rete fognaria privata: la vicenda
Il Condominio-Caio-ricorrente assumeva che a seguito di infiltrazioni di acque piovane reflue verificatesi in un garage del proprio condominio, era stato instaurato, nei confronti dei Comune di Roma e di ACEA (azienda municipale che provvede, tra l'altro, all'erogazione del servizio idrico), in via preliminare, un accertamento tecnico preventivo, al fine di accertare le cause del fenomeno infiltrativo e di individuare i rimedi per porvi fine. Dall'espletata ATP emergeva come la via pubblica fosse percorsa, nel sottosuolo, da un tratto fognario di natura privata, utilizzata dai soprastanti Condomini ed accertava che le infiltrazioni traevano origine da lesioni nel raccordo di collegamento a il pozzetto dell'area condominiale del Condominio Sempronio e la condotta fognaria comune a tutti i condomini; venivano, inoltre, individuati opere e costi necessari per la sostituzione delle parti ammalorate.
Vista l'inerzia del Condominio-Sempronio al ripristino, il Condomino-Caio introduceva giudizio ex art. 702 bis c.p.c., ed il giudice adito, in data 15.12.2014, emetteva di ordinanza di accoglimento volta proprio al ripristino dello stato dei luoghi, risarcimento dei danni e condanna alle spese processuali, nei confronti del detto condominio inerte.
Avverso tale provvedimento di prima cura, il Condominio-Sempronio proponeva appello innanzi alla Corte territoriale capitolina, che in data 15 febbraio 2021, n. 1146, emetteva sentenza di rigetto del gravame.
Avverso tale pronuncia, il ricorrente- Condominio Sempronio proponeva ricorso in cassazione adducendo tre motivi di censura, e l'intimato Condomino-Caio resisteva con controricorso.
La Suprema Corte rilevava l'inammissibilità di entrambi i ricorsi proposti dal ricorrente e resistente
Con il primo motivo, si deduceva, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., lamentando il rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione passiva dei Condomini appellanti e della consequenziale istanza di integrazione del contraddittorio verso il Comune di Roma e ACEA.
Con il secondo motivo, si denunciava, sempre ai sensi dell'ari. 300, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., sul presupposto che l'inserimento dell'impianto fognario nella rete cittadina escluderebbe l'esistenza di un rapporto di custodia in capo al ricorrente-Sempronio.
Con il terzo motivo, si denunciava, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, e ciò in relazione al mancato accoglimento della richiesta di ammissione di una nuova CTU che sarebbe stata decisiva per il giudizio.
Responsabilità per custodia sulla condotta fognaria
La Cassazione ha rilevato come la decisione presa dalla Corte di appello di Roma sia fondata su quanto determinato dall'ATP espletata, dalle cui conclusioni era emersa la rottura sul tratto fognario privato corrispondente al Condominio-ricorrente.
Inoltre la Suprema Corte ha precisato che dei pregiudizi originati da condotte fognarie può rispondere ai sensi dell'art. 2051 c.c., l'ente condominiale proprietario di tale tratto, per i danni occorsi, a terzi o al singolo condomino.
Infatti, il tratto fognario posto ad esclusivo servizio di un Condominio, secondo la disciplina della comunione, deve essere collocato in un rapporto di accessorietà con una pluralità di edifici costituiti in distinti condomini, giacchè oggettivamente e stabilmente destinato all'uso od al godimento di tutti i fabbricati (Cass. civ. Sez. II, sent. 4 febbraio 2021, n. 2623).
Responsabilità del condominio per danni da beni comuni
Nel caso un soggetto subisca un danno in conseguenza di un sinistro provocato da un bene comune condominiale, trova applicazione l'art 2051 c.c., ai sensi del quale ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Occorre individuare i presupposti a fronte dei quali la collettività dei condomini, ossia il condominio, deve ritenersi responsabile per i danni cagionati a condomini o a terzi dalle cose comuni.
Nell'ambito del condominio vi sono numerosi beni comuni, esemplificativamente elencati dagli art. 1117 e 1117 bis c.c. (ad esempio, i muri maestri, le travi ed i pilastri portanti, le scale, i tetti, i cortili, gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti fognari per la parte privata, i canali di scarico, gli impianti per acqua, per il gas, per l'energia elettrica di riscaldamento, ecc.).
Tali beni sono tutti potenzialmente dannosi per gli stessi condomini o per i terzi: da qui nasce il problema di capire quale sia o quali siano i soggetti responsabili, tenuti cioè a risarcire i danni cagionati dai beni comuni medesimi.
Prova del nesso causale e onere del caso fortuito nel condominio
Per completezza espositiva, va sottolineato che per configurarsi la fattispecie dell'art. 2051 c.c. è necessaria la sussistenza del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato; invece, spetta al custode (Condominio), l'onere di provare il caso fortuito cioè, che il fatto dannoso si è verificato a causa di un evento imprevedibile, inevitabile ed eccezionale (cfr. Cass. civ. sez. III, 12 luglio 2022, n. 21977; Cass. civ. sez. III, 10 marzo 2005, n. 5326).
In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile i ricorsi dei Condomini Sempronio e Caio, condannano il primo a rifondere al Condominio Caio le spese del presente giudizio di legittimità.