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Il condominio come creditore istante il fallimento

La desistenza del creditore ai fini della revoca del fallimento deve essere accompagnata dall'estinzione dell'obbligazione a seguito di pagamento.
Avv. Mariano Acquaviva 
29 Nov, 2021

Anche il condominio, come qualsiasi soggetto creditore, può presentare istanza di fallimento al tribunale se il proprio debitore è inadempiente e sussistono lo stato di insolvenza.

L'istanza di fallimento è peraltro valida anche se, successivamente, il debito nei confronti dell'istante è correttamente adempiuto: per la legge, infatti, la tempestività del pagamento è elemento di cui tenere in conto per valutare l'eventuale perenzione dell'istanza stessa.

Così può essere riassunta la sentenza della Corte di Appello di Milano (sent. n. 3255 del 10 novembre 2021) che ci accingiamo a commentare. La pronuncia vede come protagonista il condominio in qualità di creditore istante il fallimento nei riguardi di una società debitrice dei canoni di locazione.

Come si vedrà, nonostante il raggiunto accordo, la Corte meneghina ha ritenuto legittima l'istanza del condominio, giungendo però a revocare la sentenza di fallimento per via dell'insussistenza dello stato di insolvenza.

Istanza di fallimento avanzata dal condominio: il caso

Una società in liquidazione proponeva reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Milano che, su ricorso del condominio creditore dei canoni di locazione, dichiarava il fallimento della società stessa.

Nello specifico, il giudice di prime cure rilevava la sussistenza dei parametri di fallibilità sulla base non solo del debito maturato nei confronti del condominio istante bensì di una serie di ulteriori dati ricavabili dai bilanci di esercizi.

Il Tribunale di Milano desumeva dunque lo stato di insolvenza:

  • dal mancato pagamento del debito condominiale;
  • dall'esito negativo del pignoramento;
  • dalle perdite evidenziate a bilancio;
  • dall'assenza di titolarità di diritti mobiliari o immobiliari a garanzia dei debiti;
  • dalla mancata comparizione in udienza del debitore.

I motivi del ricorso contro il fallimento

Avverso la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Milano accoglieva l'istanza di fallimento del condominio proponeva reclamo la società soccombente (e, pertanto, dichiarata fallita) affidando la propria impugnazione a due motivi.

In primo luogo, veniva eccepito il difetto di legittimazione attiva del condominio a proporre istanza di fallimento, per le seguenti ragioni.

Circa due mesi prima della dichiarazione di fallimento, la società aveva conferito mandato al proprietario dell'immobile locato di pagare il debito maturato nei confronti del condominio. La compagine, all'oscuro dell'accordo, aveva nel frattempo presentato istanza.

Subito dopo l'emissione della sentenza di primo grado, il debito era stato integralmente onorato da parte del soggetto designato dalla società a pagare l'obbligazione.

Dal proprio canto il condominio, con apposita delibera, aveva deciso di conferire ex post, al condomino designato dalla società per adempiere il debito, il potere di rappresentare il condominio, ratificandone l'operato con riferimento all'accordo raggiunto con la società due mesi prima del fallimento.

In pratica, il condominio aveva ratificato l'accordo stipulato tra la società e il singolo condomino, proprietario degli immobili locati, cui era stata conferito mandato per il pagamento.

Secondo la tesi difensiva della società, l'estinzione del debito, anche se avvenuta materialmente dopo la sentenza, doveva essere retrodatata al momento originario dell'accordo tra società e mandatario, in virtù di ratifica ex art. 1399, comma secondo, c.c., dell'operato del falsus procurator.

Tale circostanza risultava peraltro incontestata, in quanto il condominio, costituendosi in appello, dava atto che, poche settimane dopo la sentenza di primo grado, il debito era stato integralmente pagato.

Il secondo motivo di reclamo era affidato all'assenza del requisito dell'insolvenza. La società riteneva che, per agevolare le operazioni di liquidazione e la chiusura di tutte le posizioni di debito, i soci fondatori avevano assunto formalmente l'impegno di accollarsi, su richiesta del liquidatore, tutti i debiti non pagati sino alla concorrenza dell'importo massimo di 500mila euro.

Alla data del fallimento il liquidatore aveva posto in essere varie attività di recupero dei crediti esigibili, costituenti il solo attivo realizzabile, mentre gli ex soci stavano provvedendo a regolare personalmente i vari debiti sociali, allo scopo di ripianare tutte le passività per poter ultimare anche la fase liquidatoria della società.

L'attività liquidatoria, se non fosse stata interrotta dal fallimento, avrebbe pertanto consentito una completa definizione delle pendenze.

Ad ulteriore dimostrazione dell'inesistenza di uno stato di insolvenza, la società evidenziava la totale mancanza di insinuazioni al passivo.

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Il condominio in qualità di istante il fallimento: la decisione

La Corte di Appello di Milano, con la pronuncia in commento (sent. n. 3255 del 10 novembre 2021), rigetta il primo motivo di ricorso, ritenendo legittima l'istanza di fallimento avanzata dal condominio creditore.

La Corte meneghina correttamente ricorda come la legittimazione attiva a proporre istanza di fallimento si perda solamente con l'estinzione dell'obbligazione a seguito di pagamento avvenuto in epoca anteriore alla sentenza di fallimento, con atto avente data certa ai sensi dell'art. 2704 c.c.

Nel caso di specie, il condominio era stato sì soddisfatto, ma solo dopo la dichiarazione di fallimento. Non è possibile invocare l'effetto retroattivo di cui all'art. 1399 c.c.: la ratifica produce infatti l'effetto di convalidare i poteri del falsus procurator sin dalla data del compimento dell'atto, ma non certo quello di retrodatarne gli effetti a un momento antecedente a quello dell'effettiva esecuzione da parte del rappresentante.

L'estinzione del debito è dunque avvenuta il giorno del pagamento, essendo ininfluente che il proprietario degli immobili locati avesse la facoltà di definire la vertenza giudiziaria con la società reclamante sin da prima della dichiarazione di fallimento.

Può dunque essere espresso il principio secondo cui la desistenza del creditore ai fini della revoca del fallimento deve essere accompagnata dall'estinzione dell'obbligazione a seguito di pagamento.

Verifica della condizione di insolvenza in fase di fallimento

Il reclamo coglie nel segno col suo secondo motivo, cioè sulla carenza della condizione di insolvenza.

Secondo la Corte d'Appello di Milano, «nel caso di società in liquidazione la prospettiva di valutazione dello stato di insolvenza non può essere dinamica, ma deve essere diretta a verificare, con riferimento alla situazione esistente alla data della sentenza di fallimento, se il patrimonio della società consenta l'integrale soddisfacimento dei creditori».

Da tanto la Corte meneghina evince che la società non versasse in stato di insolvenza al momento della dichiarazione di fallimento: risulta per tabulas infatti che i debiti erano in fase di progressiva riduzione grazie all'apporto di finanza esterna da parte degli ex soci, i quali si erano accollati il debito societario.

La presenza di un attivo in grado di soddisfare integralmente tutte le passività esclude pertanto che l'impresa versasse, all'epoca del fallimento, in condizioni di insolvenza.

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Sentenza
Scarica CORTE D APPELLO DI MILANO n. 3255 del 10/11/2021
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