Il fatto. Il Presidente del Consiglio dei ministri aveva impugnato l'art. 1 della Legge Regione Lombardia n. 7 del 2018, con la quale la regione ha istituito il codice identificativo (CIR) da assegnare agli alloggi locati per finalità turistiche e da utilizzare nella promozione pubblicitaria.
Nello specifico, la normativa regionale prevede che, dal 1° settembre 2018, nella pubblicità e nella promozione di alloggi dati in locazione per finalità turistiche doveva essere indicato un apposito codice riferito al numero di protocollo rilasciato al momento della ricezione della comunicazione di avvio dell'attività di casa e appartamento per vacanza, a pena di una sanzione amministrativa fino a 2.500 euro.
Le censure di incostituzionalità. Il Presidente del Consiglio dei ministri aveva contestato dette disposizioni in quanto, a suo dire, esse avrebbero ingiustificatamente parificato la disciplina degli alloggi locati per finalità turistiche e quella delle (differenti) strutture ricettive del tipo "case e appartamenti vacanze", di cui all'art. 26 della legge regionale n. 27/2015.
Il fenomeno della locazione turistica, dunque, si esaurirebbe sul piano dell'autonomia negoziale di diritto privato non commerciale, mentre il servizio di messa sul mercato di case vacanze costituirebbe una forma di attività economica, che giustifica anche la previsione di oneri amministrativi preventivi da parte della competente fonte legislativa.
La decisione della Corte Costituzionale. Secondo la Consulta (sentenza n. 84 dell'11 aprile 2019), la disciplina degli aspetti turistici della locazione ricadano nella competenza residuale delle Regioni; invece, appartengono all'ordinamento civile la regolamentazione dell'attività negoziale e dei suoi effetti.
Ciò precisato, la Corte ha ritenuto che per i locatori, inviare al comune una comunicazione al fine di ottenere il CIR "rappresenta un adempimento amministrativo ed esterno al contratto di locazione turistica che non incide sulla libertà negoziale e sulla sfera contrattuale che restano disciplinate dal diritto privato ".
La lamentata differente regolamentazione delle locazioni turistiche (parificata, quanto al CIR, alle case vacanze) rispetto a quella vigente su altre parti del territorio nazionale è una legittima conseguenza dell'esercizio da parte della Regione Lombardia della sua competenza residuale in materia di turismo (competenza, peraltro, già esercitata da altre Regioni).
Tale adempimento - si legge nella sentenza - "va effettuato una sola volta e pertanto non può dirsi eccessivamente gravoso, né eccessivamente gravoso è l'obbligo di indicare il CIR nei siti web o nelle altre forme di pubblicità tradizionale, non comportando alcun costo aggiuntivo o l'adozione di particolari accorgimenti organizzativi a carico dei locatori".
La funzione del CIR. Dunque, il CIR si conferma una modalità amministrativa finalizzata a far emergere un fenomeno turistico nuovo e sempre più diffuso che consiste nella concessione in godimento a turisti di immobili di proprietà, a prescindere dallo svolgimento di un'attività imprenditoriale, e ciò al fine specifico di esercitare al meglio le proprie funzioni di promozione, vigilanza e controllo sull'esercizio delle attività turistiche.
L'obiettivo di fondo è quello di far emergere il sommerso e far pagare le tasse a tutti, soprattutto a seguito degli scarsi risultati ottenuti fino ad oggi dall'applicazione della cedolare anche alle locazioni brevi ex art. 4 del D.L. 50/2017.
Il caso Regione Puglia. Lo strumento del codice identificativo è utilizzato già in altri Paesi, come l'Inghilterra e la Francia. In Italia alcune regioni lo stanno già sperimentando.
Oltre al caso della regione Lombardia, oggetto del provvedimento in esame, possiamo richiamare la normativa dottata dalla Regione Puglia.
Il Consiglio regionale Puglia ha approvato il 27 novembre 2018 il disegno di legge sulla "Integrazione alla legge regionale 1 dicembre 2017, n. 49 'Disciplina della comunicazione dei prezzi e dei servizi delle strutture turistiche ricettive nonché delle attività turistiche ricettive ad uso pubblico gestite in regime di concessione e della rilevazione dei dati sul movimento turistico ai fini statistici'".
Il provvedimento istituisce in particolare, ai fini della conoscenza dell'offerta turistica regionale, il Registro regionale delle strutture ricettive non alberghiere con l'attribuzione del "Codice identificativo di struttura" (CIS).
Quest'ultimo dovrà obbligatoriamente essere citato al fine di agevolare i controlli in tutti i supporti pubblicitari utilizzati (digitali, scritti, stampati ecc). Per gli inadempienti sono previste sanzioni pecuniarie da un minimo di 500 a un massimo di 3.000 euro per ogni attività pubblicizzata, promossa o commercializzata priva del CIS.
Le funzioni di vigilanza, controllo e di irrogazioni delle sanzioni amministrative saranno esercitate dai comuni, ferma restando la competenza dell'autorità di pubblica sicurezza e dell'autorità sanitaria nei settori di pertinenza.