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Il camino fa fumo: va rimosso anche se non lede alla salute.

Il camino fa fumo: Anche se secondo la consulenza tecnica d'ufficio, non sussistono danni alla salute e all'ambiente, bisogna verificarne la tollerabilità ex articolo 844 Cc,
Ivan Meo 

Anche se secondo la consulenza tecnica d'ufficio, non sussistono danni alla salute e all'ambiente, bisogna verificarne la tollerabilità ex articolo 844 Cc,in relazione soprattutto allo stato dei luoghi.

Il caso. Il proprietario ristruttura la propria abitazione.

A causa dei lavori effettuati, il comignolo produce molto fumo, invadendo l'abitazione confinante.

Il proprietario confinante, richiede il risarcimento per i danni subito oltre al ripristino delle distanze fra il camino e l'edificio confinante.

In entrambe i gradi di giudizio, la domanda viene rigettata in quanto secondo la consulenza tecnica d'ufficio, non sussistono danni alla salute e all'ambiente per cui non vi è stata violazione dell'articolo 844 del codice civile, secondo comma.

Che cosa succede se si costruisce a distanza inferiore a tre metri?

Il parere della Corte di Cassazione. Di diverso avviso è invece il Giudice della Corte di Cassazione, che ribalta il giudizio di merito perché bisogna innanzitutto verificarne la tollerabilità ex articolo 844 Cod. civ, in relazione soprattutto allo stato dei luoghi distinguendo tra aree a destinazione residenziale, agricola o industriale.

Il fatto è che dopo i lavori effettuati dal confinante le distanze del camino si erano "ristrette" a soli quattro metri dall'altro appartamento.

Anche se il perito, nella sua relazione aveva assodato che non vi era alcun rischio per la salute e la sicurezza, non si era però valutato ed indicato il limite di normale tollerabilità delle immissioni nell'aria proprio per tutelare il diritto a un ambiente salubre.

Se da un lato le emissioni del comignolo siano inevitabili, sia causa del vento che della distanza, bisogna comunque sempre terne conto della loro natura ed entità: il nuovo stato dei luoghi, determinato dalla ristrutturazione edilizia, ha sicuramente modificato il preesistente stato dei luoghi.

I precedenti. Non a caso, lo stesso ente giudicante, con sentenza del., 18 aprile 2001, n. 5697 si osserva che «per stabilire se le immissioni che si propagano dall'immobile del vicino su quello altrui superano la normale tollerabilità, occorre avere riguardo alla destinazione della zona ove sono situati gli immobili, perché se è prevalentemente abitativa, il contemperamento delle ragioni della proprietà con quelle della produzione deve esser effettuato dando prevalenza alle esigenze personali di vita del proprietario dell'immobile adibito ad abitazione rispetto alle utilità economiche derivanti dall'esercizio di attività produttive o commerciali nell'immobile del vicino» Così, ad esempio, la valutazione della normale tollerabilità potrebbe essere più ampia industriale, sebbene si chiarisca che il limite della normale tollerabilità non può comunque essere superato dalla situazione dei luoghi: «Il criterio posto dall'art. 844 delle condizioni dei luoghi agisce, poi, all'interno del concetto della normale tollerabilità e ne costituisce un elemento oggettivo connaturale, per cui il giudice deve tener conto anche delle situazioni dei luoghi, ma sempre per decidere se la immissione supera o meno la normale tollerabilità.

In altri termini, il giudice deve emettere un giudizio preliminare in ordine logico e giuridico, valutare cioè se la immissione supera o non il confine della sopportabilità; e nell'emettere una simile valutazione deve tener conto della situazione dei luoghi, ma non per superare il limite della tollerabilità, bensì per valutarlo» (Trib. Napoli, 15 febbraio 1988).

Come si calcola la distanza tra due costruzioni

La norma da applicare. La norma dell'art. 844 cod. civ., di fatti, in quanto tesa al contemperamento delle, eventualmente, contrapposte ragioni della produzione e della proprietà, non appare logicamente passibile di una interpretazione e di applicazioni importanti il riconoscimento della liceità di immissioni che arrivino a menomare la stessa integrità materiale dell'oggetto dei diritti dominicali e determinino, quindi, il completo sacrificio di tali diritti.

In presenza di immissioni produttive di un tal genere di effetti, quindi, la vocazione dell'area in cui le immissioni stesse si verifichino può rilevare, non già al fine della eliminazione della illiceità del fenomeno immissivo, ma esclusivamente in funzione della individuazione del contenuto della sanzione da applicare, e cioè nel senso di attribuire al giudice il potere di astenersi, nella riconosciuta preminenza delle esigenze delle imprese, dall'adozione di misure inibitorie, e di far luogo, invece, a statuizioni che, con il sacrificio della piena tutela della proprietà, consentano la prosecuzione dell'attività industriale inquinante dietro il pagamento di un congruo indennizzo» (Cass. civ., 1° febbraio 1993, n. 1226).

Si rileva altresì che i caratteri della zona debbano essere determinati considerando le condizioni di fatto esistenti al momento delle immissioni e non sulla base delle norme urbanistiche vigenti: si è così escluso, in riferimento al contemperamento, che «nelle zone a prevalente vocazione industriale debbano necessariamente considerarsi lecite e tollerabili per il solo fatto della destinazione urbanistica data dalla competente pubblica amministrazione all'area interessata dal fenomeno le immissioni di qualsiasi natura ed entità determinate dall'attività produttiva» (Cass. civ., 29 novembre 1999, n. 13334).

O, ancora, nel caso della terra rossa portata in abitazione dai due campi da tennis, la tollerabilità è stata valutata alla stregua di zona residenziale, sebbene la zona stessa fosse classificata nel P.R.G. come "zona agricola specializzata" (Cass. civ., 6 giugno 2000, n. 7545).

In conclusione, i luoghi, ai fini della valutazione della tollerabilità di un evento immissivo, devono considerarsi come elemento di fatto, topografico o naturalistico e sociale: come si è già posto in evidenza, costituisce ormai un dato consolidato l'indirizzo secondo cui il giudice debba tenere conto «delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle abitudini della popolazione» (Cass. civ. n. 10735/2001).

La sentenza commentata, si inserisce in questo filone interpretativo, consolidando questo indirizzo giurisprudenziale.

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Sentenza
Scarica Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza 09-01-2013, n. 309
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