Ove così non si verifichi si può avere un effetto sanzionatorio a carico del locatore ovvero si può auspicare a una nuova trattativa per un nuovo contratto se corrisponde alla volontà di entrambe le parti, pena rimedio sanzionatorio.
La vicenda è studiata dalla Cassazione civile sez. III, 26/07/2022, (ud. 03/03/2022, dep. 26/07/2022), n. 23269 in tema di diniego alla prima scadenza del contratto di locazione commerciale ex art. 27 e 31 L. Equo canone.
Diniego alla prima scadenza del contratto di locazione commerciale ex art. 27 e 31 L. equo canone: la vicenda
Mentre quest'ultima norma tra le altre cose dispone che "La sanzione prevista dalla norma viene irrogata al locatore il quale, dopo aver regolarmente inviato disdetta al rinnovo del contratto indicando come giustificazione un determinato motivo, non destini effettivamente l'immobile a tale scopo", la prima prevede la destinazione dell'immobile ad uso non abitativo e relativa durata.
La Corte di appello di Palermo, neo caso di specie, ritenne che: a) il rapporto non fosse cessato per iniziativa e volontà della conduttrice, diversamente da quanto sostenuto dall'appellante; b) fosse carente la prova che il locatore avesse effettivamente destinato alla propria attività professionale l'immobile in precedenza locato, adibito ad uso diverso da quello di abitazione, e c) fosse, invece, fondata per quanto di ragione, la censura rivolta alla pronuncia di liquidazione del danno ex L. n. 392 del 1978 art. 31, in quanto non era dimostrato che la conduttrice, a seguito della disdetta della proprietà, fosse stata costretta a prendere in locazione un immobile più ampio di quello precedentemente condotto in locazione, tanto più che la predetta aveva avuto a disposizione un lungo lasso di tempo per cercare un nuovo ufficio, sicché doveva, al riguardo, escludersi la sussistenza di un danno risarcibile, diversamente da quanto era a dirsi in relazione alle spese di trasloco, non essendo stato contestato che un trasloco vi fosse stato e risultando, in proposito, congrua la somma riportata a tale titolo sulla fattura prodotta dalla conduttrice.
La Corte di merito, pertanto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannò il locatore al pagamento, in favore dell'appellata, della somma di Euro 960,00, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo, così riducendo l'importo di Euro 8.000,00, oltre interessi, liquidato dal Tribunale; condannò l'appellata a restituire all'appellante la somma di Euro 16.329,17, oltre gli interessi legali dal 6 febbraio 2015 al saldo, corrisposta in esecuzione della sentenza di primo grado, e compensò tra le parti le spese relative al giudizio di appello.
Avverso la sentenza della Corte di merito è stato proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, di cui il primo ha valore determinate.
La decisione
La Corte osserva che non si può condividere l'osservazione che il giudice di secondo grado fa per l'alternatività tra il rimborso delle spese del trasloco e il risarcimento danni, mentre l'alternatività, come emerge dal chiaro testo legislativo, è tra il ripristino del contratto unitamente al rimborso delle spese di trasloco e il risarcimento danni.
La Corte dà ragione a queste osservazioni per i rilievi che seguono.
Già con precedente decisione (Cass. 28/10/2004, n. 20926) ha affermato il principio oggi qui confermato sulla cui base, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l'obbligo in capo al locatore, che abbia ricevuto la riconsegna dell'immobile e non lo abbia adibito, entro sei mesi, all'uso in vista del quale ne aveva ottenuto la disponibilità, di risarcire il danno al conduttore ha una duplice natura, risarcitoria e sanzionatoria, che si riverbera sui criteri di quantificazione del danno: il contemperamento tra il fine sanzionatorio e quello propriamente risarcitorio può ritenersi realizzato mediante la presunzione di sussistenza del danno comunque connesso all'anticipata restituzione dell'immobile, che il giudice è chiamato a liquidare equitativamente sulla base delle caratteristiche del caso concreto in difetto di prova della sua precisa entità da parte del conduttore e salva la possibilità per il locatore di superare la presunzione suddetta provando l'assenza di conseguenze pregiudizievoli per il conduttore.
Questo Collegio, aderendo al punto, non condivide l'orientamento espresso in precedenza da Cass. 21/11/2000, n. 15037, la quale ha affermato, sulla scorta dell'esclusivo dato costituito dalla lettera della norma, che la tipologia del risarcimento di cui all'art. 31 della L. n. 392 del 1978 non deroga al principio secondo il quale deve essere risarcito soltanto il danno provato dal conduttore.
La disposizione in esame, nell'imporre al locatore, che entro sei mesi dalla riconsegna non lo adibisca all'uso in vista del quale ne abbia ottenuto la disponibilità ai sensi dell'art. 29 della legge si ha l'obbligo di risarcire il danno al conduttore (salvo che questi preferisca il ripristino del contratto ed il rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati) in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione, trova invero la sua ratio anche nell'esigenza che sia evitato il diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza per motivi fittiziamente addotti, con conseguente pregiudizio delle aspettative del conduttore senza correlativa soddisfazione delle esigenze del locatore sottese al diniego per una delle ragioni previste dalla legge.
Il contemperamento tra il fine sanzionatorio (evocato dalla rubrica della disposizione in esame) e quello propriamente risarcitorio può ritenersi realizzato mediante la presunzione di sussistenza del danno comunque connesso all'anticipata restituzione dell'immobile, che il giudice è chiamato a liquidare equitativamente sulla base delle caratteristiche del caso concreto, in difetto di prova della sua precisa entità da parte del conduttore e salva la possibilità per il locatore di superare la presunzione suddetta provando l'assenza di conseguenze pregiudizievoli per il conduttore (v. anche, in senso conforme, Cass. 23/01/2009, n. 2052).
La scelta offerta dal locatore di un immobile più ampio a favore del conduttore - la dimostrazione cioè di essere stata costretta a tale scelta - nonostante la conduttrice avesse avuto a disposizione un lungo lasso di tempo (tre anni) non risponde alla stessa logica sanzionatoria che connota la norma in parola.