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Il condòmino paga sempre, anche se non può utilizzare parti o servizi comuni dell'edificio

Gli oneri condominiali si pagano sempre.
Avv. Giuseppe Nuzzo Avv. Giuseppe Donato Nuzzo - Foro Lecce 
Gli oneri condominiali sono dovuti anche se i beni in comune non risultano in quel momento fruibili.

Il singolo condomino è tenuto a pagare ugualmente i contributi dovuti all'ente di gestione anche se i servizi o i beni comuni non risultano in quel momento fruibili: non si configura, infatti, un rapporto sinallagmatico fra le prestazioni, l'obbligazione scaturisce invece dalla mera comproprietà dei beni.

Inoltre, quando il condominio ottiene il decreto ingiuntivo contro il proprietario esclusivo moroso, l'opponente non può far valere questioni che riguardano la validità della delibera, come ad esempio la convocazione dell'assemblea, ma può soltanto porre quelle che ineriscono l'efficacia della decisione, vale a dire il titolo in base al quale agisce il creditore.

Così si è pronunciata la Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 3354 del 19 febbraio 2016, ove gli Ermellini hanno meglio precisato che il condomino paga il suo contributo anche se non può utilizzare parti o servizi comuni dello stabile.

Questi i fatti di causa. A seguito di opposizione a decreto ingiuntivo, il Pretore di Roma, con sentenza confermava il credito del Condominio opposto e condannava i condomini opponenti al pagamento degli oneri condominiali insoluti.

L'opposizione si fondava sul fatto che in determinati periodi, i condomini non avevano potuto fruire del bene comune per causa a loro non imputabile; inoltre si contestava la validità delle delibere.

La sentenza in oggetto veniva confermata in secondo grado dalla Corte d'Appello, che confermava il principio secondo cui l'obbligo di corrispondere i contributi condominiali, oggetto dell'opposto decreto, trovava fondamento nelle delibere approvate dall'assemblea e non impugnate, posto che la asserita e non dimostrata illegittimità doveva essere fatta valere impugnando le relative delibere.

Altresì, la Corte Territoriale sull'altro motivo di opposizione, precisava che erano state ritenute generiche le doglianze degli opponenti ove era stato eccepito che erano state chieste le stesse somme con due decreti ingiuntivi e non sarebbero stati inviati i verbali di assemblea (l'entità delle somme oggetto di ingiunzione).

Avverso tale pronuncia, i condomini proponevano ricorso per cassazione.

La decisione. Dello stesso parere è stata anche la Suprema Corte con la sentenza in commento, ove gli Ermellini hanno chiarito che in tema di oneri condominiali il singolo condomino è tenuto a pagare ugualmente i contributi dovuti all'ente di gestione anche se i servizi (o i beni) comuni non risultano in quel momento fruibili.

Invero, i condomini, che non hanno potuto godere del bene nei periodi estivi, non abitabile a causa del sequestro disposto in sede penale e dalle procedure esecutive in corso, erano comunque obbligati alla rispettiva obbligazione.

In tale situazione non risulta comunque possibile per il singolo condomino sottrarsi all'obbligo di pagamento dei contributi a suo carico eccependo l'inadempimento o il mancato godimento del bene comune: il versamento è dovuto sulla base di un'obbligazione propter rem, che trae dunque origine dalla mera proprietà comune del bene senza alcuna correlazione con la relativa fruizione.

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Quanto all'altro motivo di impugnazione, è inutile in sede di opposizione che il condomino avanzi rilievi su questioni come l'invio dei verbali dell'assemblea, che devono essere fatte valere quando si impugna la relativa decisione del condominio.

Per meglio dire, laddove ci si oppone all'ingiunzione, non si possono porre questioni sulla validità della delibera, cioè il titolo in base al quale agisce il condominio, perché l'ambito del giudizio di opposizione è limitato alla verifica di esistenza ed efficacia della delibera: la decisione dell'assemblea legittima non solo la concessione del provvedimento monitorio ma anche la eventuale successiva condanna a pagare la somma portata dal decreto ingiuntivo. (In tal senso Cass. n. 2387/2003, 7261/2002).

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Sul punto giova ricordare la pronuncia del Tribunale di Genova n. 3778/2014 ove è stato precisato che “nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la validità delle stesse, trattandosi di una questione verificabile solamente innanzi al giudice investito dell'impugnazione delle delibere medesime.

Le delibere costituiscono, infatti, prova dell'esistenza del credito vantato dal condominio ed in quanto tale sono fonte di legittimazione non solo per la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche per la condanna dei condomini morosi al pagamento del somme nel giudizio di opposizione eventualmente proposto per la revoca del decreto ingiuntivo”.

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Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, conformemente al citato orientamento, a parere della Suprema Corte, la Corte Territoriale ha correttamente applicato il principio secondo cui è irrilevante il mancato godimento dei beni: i condomini hanno il diritto di usare e godere dei beni e dei servizi comuni, contropartita di tale diritto è l'obbligo, da parte dei condomini medesimi, di farsi carico, pro quota, delle spese necessarie alla conservazione ed alla manutenzione di quegli stessi beni e servizi.

Si tratta di un'obbligazione reale, in quanto connessa alla contitolarità del diritto dominicale sulle parti comuni, quindi, tale obbligazione nasce come diretta conseguenza della comproprietà sui beni comuni, indipendentemente dalla misura dell'uso che il singolo condomino faccia dei beni stessi.

Da ciò deriva che l'obbligo di contribuzione grava su chiunque subentri nel diritto di proprietà di uno dei condòmini.

Per tali motivi, il ricorso proposto da parte dei condomini è stato correttamente rigettato.


Sentenza
Scarica Corte di Cassazione n. 3354 del 19 febbraio 2016
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