Tra le novità più significative della Riforma condominiale spicca quella relativa ai "requisiti per l'incarico di amministratore di condominio" di cui all'art. 71 bis comma 3 disp att. c.c., che prevede la possibilità di svolgere tale incarico da parte delle società di persone e di capitali indicate al titolo V del libro V del codice civile.
Tale possibilità è attribuita a quasi tutte le forme societarie contemplate dall'ordinamento: società semplici (S.s.), in nome collettivo (S.n.c.), in accomandita semplice (S.a.s.), per azioni (S.p.A.), in accomandita per azioni (S.a.p.A.) ed a responsabilità limitata (S.r.l.).
Ma anche una società cooperativa di lavoro a mutualità prevalente potrebbe svolgere l'incarico di amministratore condominiale, laddove il fine mutualistico fosse pienamente compatibile con la prestazione di servizi a terzi, concretandosi detto fine nella creazione di occasioni di lavoro per gli stessi soci (Trib. Gorizia 27/11/2016; Trib. Bologna Decreto di rigetto n. 12/18 del 15/03/2018).
In tutti questi casi, i requisiti di onorabilità e professionalità, di cui all'art. 71 bis disp att. c.c., devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere tali funzioni.
Pertanto la società, che viene incaricata ad amministrare un condomino, ha l'obbligo di indicare ai condòmini non soltanto i dati relativi alla propria denominazione ed alla sede sociale, ma deve fornire anche quelli anagrafici e professionali riferiti alla persona fisica, che di fatto amministrerà lo stesso condominio e che al momento della nomina deve possedere tutti i requisiti suddetti.
In passato era stato escluso che una società di capitali potesse amministrare un condominio, sul presupposto che la struttura societaria fosse incompatibile con l'incarico di amministratore, che deve intendersi necessariamente come una persona fisica (Cass. n. 5608/1994).
Diversamente, una successiva pronuncia ammetteva la possibilità per la persona giuridica di essere nominata amministratore del condominio negli edifici, presupponendo che il rapporto di mandato con la società fosse affidabile al pari di quello assegnato ad una persona fisica (Cass. n. 22840/2006).
Siffatto contrasto giurisprudenziale è stato risolto direttamente dell'art. 25 della Legge 220/12, che ha optato per la seconda soluzione, riconoscendo alle persone giuridiche la facoltà di assumere il mandato ad amministrare il condominio alla stessa stregua delle persone fisiche.
Tuttavia la scelta legislativa di estendere alle persone giuridiche la possibilità di amministrare condominii non ha convinto molti tecnici, che considerano tale riconoscimento estraneo al sistema condominiale, per il semplice fatto che l'attività amministrativa svolta in forma societaria non garantisce ai condòmini il rapporto fiduciario personale tipico del mandato ad amministrare.
Infatti, affidare il mandato ad amministrare il condominio ad una società di capitali significa togliere ai condòmini la possibilità di scegliere il proprio amministratore, in quanto la persona fisica incaricata ad amministrare potrebbe essere sostituita dai soci, in qualsiasi momento e senza che i condòmini possano impedirlo.
In tal caso i condòmini, più che fidarsi delle capacità e delle qualità professionali della persona fisica dell'amministratore, saranno costretti ad affidarsi, in modo insindacabile, all'operato dell'organizzazione societaria nominata ad amministrare il condominio, che elude il carattere personale del mandato condominiale.
Nondimeno, ad alimentare ulteriori dubbi in proposito ci ha pensato anche la giurisprudenza più recente, laddove ha deciso che la gestione condominiale delle società di persone o di capitali non rientra nell'ambito delle attività di natura professionale ed intellettuale, ma si configura, a tutti gli effetti, come una gestione di tipo commerciale, che produce reddito d'impresa (Cass. sez. 6 - Lav., Ord. n. 3145/2013; Cass. Ord. n. 21900/2018).
Le società commerciali sono quelle soggette all'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese di cui all'art. 2195 c.c., che esercitano attività dirette o ausiliarie alla produzione di beni e servizi, alla circolazione o al trasporto per terra, per acqua o per aria degli stessi beni, o ad un'attività bancaria o assicurativa.
Bisogna tener presente che le attività appena citate non hanno nulla a che vedere con l'attività amministrativa condominiale.
Ragionando in tal senso l'attività professionale condominiale non potrà mai diventare attività d'impresa.
In altri termini non sembra che all'amministrazione del condominio si possa associare l'attività di impresa, anche perché sarebbe difficile pensare di far rientrare nell'ambito commerciale o industriale o addirittura di trasporto o credito assicurativo la professione dell'amministratore.
La persona dell'amministratore di condominio è chiamata a risolvere, quotidianamente, problematiche di natura tecnica, fiscale e legale, che presumono una conoscenza approfondita delle norme più svariate, configurando l'incarico ad amministrare come una professione prevalentemente intellettuale, ben lontana dalle logiche commerciali delle persone giuridiche. In definitiva neanche il legislatore sembra avere le idee chiare in tema di personalità giuridica, che viene riconosciuta all'amministratore condominiale organizzato in forma societaria ma non al condominio.