L'art. 68 disp. att. c.c. afferma che, ai fini della determinazione della partecipazione di ciascun condomino alle decisioni e agli oneri, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento.
Non si tratta di un obbligo ma di una facoltà, per cui un condominio può essere gestito anche in mancanza di detto documento. L'utilità delle tabelle è comunque indiscutibile, per cui l'approvazione è prassi comune.
Le tabelle, però, servirebbero a poco se non venissero aggiornate ai mutamenti subiti dall'edificio cui si riferiscono. È per questa ragione che l'art. 69 disp. att. c.c. prevede determinate ipotesi in cui è possibile procedere alla loro modifica a maggioranza. In questo contesto si pone il problema della fusione di due appartamenti adiacenti e della revisione delle tabelle.
In pratica, si tratta di capire se l'unione di due unità abitative rappresenta una delle ipotesi che giustifica la modifica a maggioranza delle tabelle allegate al regolamento. Approfondiamo l'argomento.
Approvazione tabelle millesimali: unanimità o maggioranza?
Per l'approvazione delle tabelle millesimali occorre il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio.
L'unanimità è necessaria soltanto qualora l'assemblea voglia derogare ai criteri legali di ripartizione delle spese, stabilendo regole diverse da quelle previste dall'art. 1123 c.c.
Modifica tabelle millesimali: unanimità o maggioranza?
Ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nelle tabelle millesimali possono essere rettificati o modificati all'unanimità.
I suddetti valori, però, possono essere rettificati o modificati - anche nell'interesse di un solo condomino - con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, cod. civ., nei seguenti casi:
- quando risulta che sono conseguenza di un errore;
- quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino.
In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.
Solo al ricorrere di queste circostanze è possibile procedere con la modifica a maggioranza delle tabelle millesimali, rispettando lo stesso quorum stabilito per la loro approvazione.
L'unione di due appartamenti adiacenti comporta la revisione delle tabelle?
Può accadere che un condomino acquisti la proprietà di un appartamento adiacente e decida di accorparlo a quello di cui è già titolare, ad esempio abbattendo l'unico muro divisorio tra le due unità.
Un'operazione del genere non rientra tra le cause di revisione delle tabelle di cui all'art. 69 disp. att. c.c., non comportando un mutamento delle condizioni di una parte dell'edificio ma solo un incremento dei millesimi in capo al singolo condomino tant'è che, se questi volesse lasciare gli appartamenti separati, non cambierebbe nulla: i suoi millesimi sarebbero sempre il risultato della somma delle due unità abitative.
Tale convincimento si desume, a contrario, dalla tesi giurisprudenziale (Cass., 3 giugno 2019, n. 15109) a tenore della quale il frazionamento di un appartamento in due unità distinte non dà luogo a revisione delle tabelle ma solo all'obbligo di prendere atto dei mutati millesimi in capo al condomino.
Secondo la Suprema Corte, in questa ipotesi, grava sull'assemblea l'onere di provvedere a ripartire le spese tra le due nuove parti così create e i rispettivi titolari, determinandone i valori proporzionali espressi in millesimi sulla base dei criteri sanciti dalla legge.
Dunque, se la divisione di un originario immobile non costituisce causa di revisione a maggioranza delle tabelle, alle stesse conclusioni deve giungersi nell'ipotesi inversa di fusione di appartamenti adiacenti.
Unione di due appartamenti su scale separate
L'operazione di unità immobiliari originariamente distinte potrebbe coinvolgere due immobili che si trovano su scale separate.
A parere della Suprema Corte (n. 7605/2017), l'appartamento che si estende su due edifici condominiali diversi partecipa, in proporzione, alle spese di ambedue i fabbricati.
Secondo la pronuncia di legittimità appena citata, al fine di stabilire se un appartamento sia compreso in un condominio è necessario verificare, con riferimento al momento della nascita del condominio (salvo eventuale titolo negoziale contrario) se, «con riguardo alla struttura ed alla conformazione di esso, e, dunque, in base ad elementi obiettivamente rilevabili, sussista il presupposto della permanente ed oggettiva destinazione al suo servizio ed al suo godimento dei beni di quell'edificio elencati nell'art. 1117 c.c., restando escluso che sia determinante pure l'esistenza di un collegamento materiale o di una via diretta di accesso tra parti condominiali e singola unità immobiliare».
La Corte di Cassazione prosegue affermando che è «certamente ammissibile, per quanto si desume dall'art. 61 disp. att. c.c., che, pur in presenza di fabbricati che presentino elementi di congiunzione materiale, allorché vengano costituiti condominii separati per le parti aventi i connotati di autonomi edifici, uno dei titolari di porzioni esclusive si ritrovi proprietario di un appartamento ricadente in entrambi i condominii».
Dunque, il condomino titolare dell'appartamento unificato continua a pagare per entrambe le scale, in proporzione al valore dell'immobile, il quale si può ricavare dalla somma dei millesimi che gli erano stati precedentemente attribuiti quando le unità immobiliari erano separate.
Anche in questa particolare circostanza è - indirettamente - confermato quanto ricordato in precedenza, e cioè che l'unione di appartamenti contigui non costituisce un mutamento delle condizioni di una parte dell'edificio che giustifichi una revisione delle tabelle millesimali ex art. 69 disp. att. c.c.