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Pilastri "condominiali" all'interno di proprietà privata

Buongiorno, avrei bisogno di un chiarimento in merito ai PILASTRI di un edificio: in quanto "parti comuni" di un condominio, è davvero vietato -all'interno della proprietà esclusiva di uno dei condòmini- fissare una nuova struttura a quella esistente, pur garantendo che le opere sono eseguite con regolari pratiche edilizie e con calcoli, asseverazioni e certificazioni di uno strutturista?

Un amministratore ha intimato a un mio cliente la rimozione di una struttura, suggerendo un "semplice appoggio", che strutturalmente non sarebbe accettabile.

Se ha ragione questo amministratore, non c'è alternativa alla rimozione totale, poiché non si può assecondare la richiesta di totale distacco dalle strutture esistenti e al tempo stesso avere una struttura “staticamente sicura”.

I pilastri dell’edificio, infatti, non sarebbero messi a rischio in alcun modo dall'intervento, ma viene sollevata dall’amministratore una questione di legittimità in questo "ancoraggio alle parti comuni”, che sarebbero -a suo dire- intoccabili per principio, indipendentemente dal fatto che non si arrechi alcun danno.

Se così fosse, estremizzando il concetto, all’interno degli appartamenti non si potrebbe nemmeno appendere un pensile, se il tassello finisce su un pilastro? Qual è il limite?

Grazie per i vostri consigli

Questo amministratore mente sapendo.

Come sulla base di una sua personalissima opinione, per quanto rispettabile, pretendere di opporsi e bloccare validamente regolari pratiche edilizie complete di asseverazioni e certificazioni ???!!!

Egli (l'amministratore) a sostegno delle sue tesi dovrebbe esibire per lo meno una controperizia sull'oggetto della diaspora... e dimenticarsi dell'art. 1102 c.c.

Questo amministratore mente sapendo.

Come sulla base di una sua personalissima opinione, per quanto rispettabile, pretendere di opporsi e bloccare validamente regolari pratiche edilizie complete di asseverazioni e certificazioni ???!!!

Egli (l'amministratore) a sostegno delle sue tesi dovrebbe esibire per lo meno una controperizia sull'oggetto della diaspora... e dimenticarsi dell'art. 1102 c.c.

Grazie.

Infatti io da tempo chiedo che l'amministratore produca o faccia produrre da altro tecnico una perizia cui rispondere, poiché mi ritrovo a dover controbattere ad affermazioni verbali prive di riferimenti di legge né tecnici.

Dire: "le dilatazioni termiche potrebbero provocare cedimenti" e "non è legale" può sembrare altisonante per i condòmini che ripongono fiducia nell'amministratore e gli chiedono di continuare questa battaglia tutti contro uno, ma in realtà non significa molto.

Se, però, dal punto di vista strutturale non ho dubbi sulla validità dell'intervento e sulla fantasiosità delle affermazioni sui rischi per il fabbricato esistente, sotto il profilo legale non capisco il senso del divieto.

C'è da dire che le pratiche edilizie sono assentite salvo diritti di terzi, ed è per questo che viene richiesta la rimozione.

Non vorrei arrivare alla causa legale, vorrei mettere a tacere le farneticazioni prima, pertanto sto evitando di sfidare l'amministratore a farmi scrivere da un avvocato: si sa che un amministratore può far presto ad aizzare i condòmini, tanto sarebbero loro a pagare le spese legali...

Parlando di strutture occorre partire da un presupposto:

Ciò che è stato eseguito dal condomino non deve pregiudicare ciò che anche gli altri condomini parimenti potrebbero fare nei termini del Codice Civile (art. 1102). Quindi occorre stabilire se è possibile strutturalmente per gli altri condomini attuare ciò che è stato fatto dal singolo senza pregiudicare la stabilità della struttura. Da tale principio discende anche il disposto dell'art. 1127 in materia di sopraelevazione, che dispone come l'intervento del singolo sia soggetto al pagamento di una indennità a favore degli altri condomini che vedono diminuire o impedito il pari uso delle strutture.

Devi quindi dimostrare all'amministratore che ciò che è stato fatto dal condomino è possibile da tutti gli altri senza pregiudicare niente. In assenza di tale dimostrazione potrà essere l'Amministratore a rivolgersi ad un tecnico per dimostrare l'impossibilità al pari uso e quindi a richiedere la demolizione o l'indennità.

 

Ciao

Per mera chiarezza potresti chiarire e puntualizzare di che tipo di nuova struttura si tratta?

Poi questa struttura l'andresti a fissare, e quindi collegare, ai pilastri INTERNI dell'unita abitativa di proprietà esclusiva ?

Dire: "le dilatazioni termiche potrebbero provocare cedimenti" e "non è legale" .......... ma in realtà non significa molto.

....... dal punto di vista strutturale non ho dubbi sulla validità dell'intervento e sulla fantasiosità delle affermazioni sui rischi per il fabbricato esistente.........

Qui Dovresti far valere il tuo "peso" di tecnico, da un lato mostrando/dimostrando con i dati alla mano, che hai, la bontà delle tue scelte progettuali......dall'altro chiedere al soggetto da dove derivano le sue farneticazioni: "le dilatazioni termiche potrebbero provocare cedimenti", lui è forse un addetto ai lavori.

 

C'è da dire che le pratiche edilizie sono assentite salvo diritti di terzi, ed è per questo che viene richiesta la rimozione.

La richiamata richiesta di rimozione sarebbe quella dell'amministratore ? non certo quella dell'ente comunale!

Il "salvo diritti di terzi" è inteso in ambito urbanistico, qualora l'intervento viola disposizioni di norma urbanistica eventualmente rilevato da terzi.

Nel tuo caso ti dovresti preoccupare solo se il tuo intervento lede la stabilità e la sicurezza statica dell'edifici......ma per questo hai dimostrato, con dati alla mano, che non vi è rischio.

Ciao

Devi quindi dimostrare all'amministratore che ciò che è stato fatto dal condomino è possibile da tutti gli altri senza pregiudicare niente.

Scusa ma Credo che in questo modo andrebbe solamente a sollevare un grosso polverone, e soprattutto ad accendere l'attenzione su altri aspetti che ora sono sopiti .......lui l'amministratore parla solo di "le dilatazioni termiche potrebbero provocare cedimenti".

Se dai calcoli, fatti, l'intervento è fattibile anche per altri, allora ok....ma se cosi non fosse ? si dara da solo la classica martellata

Ciao

Scusa ma Credo che in questo modo andrebbe solamente a sollevare un grosso polverone, e soprattutto ad accendere l'attenzione su altri aspetti che ora sono sopiti .......lui l'amministratore parla solo di "le dilatazioni termiche potrebbero provocare cedimenti".

Se dai calcoli, fatti, l'intervento è fattibile anche per altri, allora ok....ma se cosi non fosse ? si dara da solo la classica martellata

Arch, però, vuole stare tranquillo anche dal punto di vista legale per cui l'amministratore che oggi parla solo di "dilatazioni e cedimenti" domani potrebbe parlare di "pari uso" della cosa comune anche su suggerimento del suo avvocato.

 

Secondo me, se Arch vuole stare tranquillo, deve dimostrare che anche se tutti gli altri condòmini creano una struttura simile alla sua nella propria proprietà esclusiva e la fissano ai pilastri comuni, sarà garantita comunque la stabilità dell'edificio.

 

Per Arch:

Art. 1102 c.c.

Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

Buongiorno, avrei bisogno di un chiarimento in merito ai PILASTRI di un edificio: in quanto "parti comuni" di un condominio, è davvero vietato -all'interno della proprietà esclusiva di uno dei condòmini- fissare una nuova struttura a quella esistente, pur garantendo che le opere sono eseguite con regolari pratiche edilizie e con calcoli, asseverazioni e certificazioni di uno strutturista?

Un amministratore ha intimato a un mio cliente la rimozione di una struttura, suggerendo un "semplice appoggio", che strutturalmente non sarebbe accettabile.

Se ha ragione questo amministratore, non c'è alternativa alla rimozione totale, poiché non si può assecondare la richiesta di totale distacco dalle strutture esistenti e al tempo stesso avere una struttura “staticamente sicura”.

I pilastri dell’edificio, infatti, non sarebbero messi a rischio in alcun modo dall'intervento, ma viene sollevata dall’amministratore una questione di legittimità in questo "ancoraggio alle parti comuni”, che sarebbero -a suo dire- intoccabili per principio, indipendentemente dal fatto che non si arrechi alcun danno.

Se così fosse, estremizzando il concetto, all’interno degli appartamenti non si potrebbe nemmeno appendere un pensile, se il tassello finisce su un pilastro? Qual è il limite?

Grazie per i vostri consigli

Ci dettagli in cosa consistono gli interventi?

Ciao Marcanto

 

Dobbiamo sempre tenere presente che nel condominio non vale mai il principio del "chi prima arriva prima alloggia", ma della parità di diritti sancita indelebilmente dal legislatore attraverso l'art. 1102 C.C. Quindi se Arch vuole stare tranquillo deve valutare tutte le possibili "armi" in mano all'Amministratore, tra cui quella appunto (secondo me la più temibile) della possibilità di dimostrare che se tutti i condomini facessero come il cliente di Arch, l'edificio ne sarebbe compromesso strutturalmente.

Fossi in Arch effettuerei le valutazioni strutturali ipotizzando che tutti i condomini si comportino come il suo cliente per valutare se possa essere recriminata la possibilità del non pari uso. Solamente una volta stabilito cosa accadrebbe può decidere quale è la strada migliore da prendere.

 

Ciao

Ciao Meri

Premettendo che quello che tu asserivi ed asserisci in merito al 1102 cc è corretto e legittimo.

Diciamo che ho raggiornato da tecnico immedesimandomi nella posizione di e quindi di "parte", suggerendo di non mettere altre frecce al loro arco.

Ciao Meri

Premettendo che quello che tu asserivi ed asserisci in merito al 1102 cc è corretto e legittimo.

Diciamo che ho raggiornato da tecnico, immedesimandomi nella posizione di e quindi di "parte", suggerendo di non mettere altre frecce al loro arco.

Ciao Marcanto

Se dici che è meglio non mettere in bocca all'Amministratore tale aspetto, sono concorde con te. Meglio che l'Amministratore ci arrivi da solo.

Mi cautelerei comunque facendo le dovute valutazioni strutturali così da comportarmi di conseguenza perché se l'Amministratore si rivolge ad un tecnico è molto probabile che sarà quello il suo "punto di forza".

 

Ciao

Se dici che è meglio non mettere in bocca all'Amministratore tale aspetto, sono concorde con te. Meglio che l'Amministratore ci arrivi da solo.

Esatto .....che ci arrivino da soli, meglio non imbeccare.

E' anche opportuno cautelarsi in tal senso

 

Restiamo, comunque, sempre in attesa dell'interessato che ci illumini su tali interventi.....io comincio ad essere curioso!

 

ciao

Esatto .....che ci arrivino da soli, meglio non imbeccare.

E' anche opportuno cautelarsi in tal senso...

Arch scrive:

"...Se, però, dal punto di vista strutturale non ho dubbi sulla validità dell'intervento e sulla fantasiosità delle affermazioni sui rischi per il fabbricato esistente, sotto il profilo legale non capisco il senso del divieto

C'è da dire che le pratiche edilizie sono assentite salvo diritti di terzi,ed è per questo che viene richiesta la rimozione

Quindi due cose sono scontate:

1) L'opera è già stata eseguita per cui non c'è alternativa; o ha ragione l'architetto e la struttura resta lì, oppure ha ragione l'amministratore e si rimuove. Non c'è più tempo per la trattativa.

2) Sembra che l'amministratore abbia già invocato il diritto dei terzi (pari uso da parte dei condòmini) e se non ci è ancora arrivato da solo ad invocare l'art. 1102 di cui tutti gli amministratori professionisti dovrebbero essere a conoscenza glielo ricorderà il suo avvocato.

Su una cosa sbaglia certamente l'amministratore; sbaglia quando

" viene sollevata dall’amministratore una questione di legittimità in questo "ancoraggio alle parti comuni”, che sarebbero -a suo dire- intoccabili per principio, indipendentemente dal fatto che non si arrechi alcun danno."

perchè questo principio non esiste.

L'unica cosa da dimostrare e che se tutti i condòmini creano la stessa struttura non si arreca alcun danno.

P.S. Comincio ad essere curioso anch'io.

(saranno state fissate strutture pensili del tipo altoforno o cella frigo? ) 🙂

Esatto .....che ci arrivino da soli, meglio non imbeccare.

E' anche opportuno cautelarsi in tal senso

Non mi trovo d'accordo sul fatto di non imbeccare (nascondere l'irregolarità?) perchè ritengo che, in ogni caso, se manca il pari diritto, la struttura va rimossa perchè non può essere leso il diritto degli altri condòmini.

Se ne poteva parlare prima e discuterne.

Magari l'unanimità avrebbe rinunciato al pari uso o avrebbe richiesto un indennizzo.

Chi ha sbagliato a costruire la struttura senza avvisare, principalmente è stato il condòmino che ha fatto eseguire l'opera, ignorando l'art. 1122 c.c.

 

Art. 1122. c.c.

Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio.

In ogni caso è data preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea.

Il condòmino nel momento che dispone delle autorizzazioni comunali, delle idonnee documentazioni del tecnico incaricato attestanti che non si arrecano pregiudizi (ed altro) alla struttura condominiale, e che ha avvertito l'amministratore dei lavori prossimi venturi senza entrare nel dettaglio, è in regola. Laddove "avvertire l'amministratore" può risultare bastevole pure esporre i cartelli obbligatori relativi al cantiere prima della sua apertura.

 

Per conoscenza diretta, posso riportare di un caso inverso a quello di Arch: risanamento conservativo con tanto di cartelli obbligatori esposti nel condominio con la giusta tempistica: infatti nessuno ha fiatato. Partiti i lavori... demolizioni a go go di muri condominiali, tanto che per una ventina di metri erano rimasti solo i pilastri.

Gran polverone iniziale, stesso film visto nel condominio del cliente di Arch. Poi il confronto e l'esame dettagliato degli interventi programmati e delle autorizzazioni ha fatto depositare tutte le asce di guerra: nessuno dei condòmini allarmatisi alla fin fine ha acconsentito a passi ufficiali, a partire dall'acquisizione di una perizia per bloccare i lavori.

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Senza le delucidazioni di Arch possiamo ormai solo fare supposizioni perchè non sappiamo se l'amministratore era stato avvisato (con o senza cartelli) e se può documentare che anche laddove ogni condòmino usasse i pilastri condominiali al pari del suo cliente non creerebbe pregiudizio all'edificio.

Premesso che avevo già letto i tuoi post nella mattinata di ieri ma non essendo molto chiari diversi aspetti ho preferito aspettare sperando in un intervento chiarificatore del 1° postante......che purtroppo non arriva. Detto questo

Quindi due cose sono scontate:

1) L'opera è già stata eseguita per cui non c'è alternativa; o ha ragione l'architetto e la struttura resta lì, oppure ha ragione l'amministratore e si rimuove. Non c'è più tempo per la trattativa.

2) Sembra che l'amministratore abbia già invocato il diritto dei terzi (pari uso da parte dei condòmini) e se non ci è ancora arrivato da solo ad invocare l'art. 1102 di cui tutti gli amministratori professionisti dovrebbero essere a conoscenza glielo ricorderà il suo avvocato.

In merito al pinto 1), indubbiamente l'opera (qualunque essa sia) è già stata eseguita......questo è chiaro!

In merito al pinto 2), siamo in ambito di una tua supposizione (solo supposizioni possiamo fare, purtroppo), in quanto nei due post scritti, sin ora da arch, non mi sembra d ravvisare che l'amministratore abbia sin ad ora chiamato in causa il diritto enunciato dall'art. 1102 del CC.

 

Poi restando sempre in tema di supposizioni vorrei portar l'attenzione sull'enunciato: "le dilatazioni termiche potrebbero provocare cedimenti".

Se escludiamo il fatto che per "dilatazioni termiche" lui faccia riferimento a quelle causate delle "normali" escursioni termiche stagionali che avvengono durante il ciclo delle stagioni (caldo, freddo), in quanto queste (dilatazioni termiche) si presenterebbero in modo omogeneo in tutte le strutture del edificio e non solo sul/i pilastri direttamente interessati dall'opera. Quindi egli ravvisa un nesso causale tra dilatazioni e struttura.

Poi Se ipotizziamo che il piano in oggetto sia il piano terra e che in questo piano sia stata messa in essere un attività commerciale che richiede la cottura di cibi, come pizzeria o simile, che richiede l'installazione di un forno ALLORA in tale ipotesi l'esclamazione che fa riferimento alle "dilatazioni termiche" potrebbe avere una sua logica.

Ma sempre in tale ipotesi se si trattaste di un piano terra, con assenza di relativo solaio strutturale (altra ipotesi), la richiamata struttura realizzata non graverebbe col suo carico sull'edificio e quindi sarebbero salvi i diritti degli altri condòmini di "realizzare in modo analogo" in rispetto al 1102 del CC.

Questa supposizione potrebbe trovare conforto nel fatto, come già ricordato, che l'amministratore non chiama in causa il 1102 del CC. .......ed ancora arch scrive:

"Un amministratore ha intimato a un mio cliente la rimozione di una struttura, suggerendo un "semplice appoggio",che strutturalmente non sarebbe accettabile.""

Qui certo non è chiaro cosa intenda con "strutturalmente non sarebbe accettabile ma certamente appare che la maggiore preoccupazione (dell'amministratore) è quella di non creare contatto diretto tra pilastro/i è struttura per il richiamato motivo/ supposizione della dilatazione termica (forno o simile) ma di appoggiare semplicemente.

In quanto per l'ipotesi fatta, piano terrea e assenza di solaio strutturale, la struttura non graverebbe sull'edificio ma al suolo > quindi non applicabile o non rilevante il 1102 del CC.

In merito poi all'ottemperare al art. 1122 del CC, non abbiamo modo di escludere che tali comunicazioni all'amministratore siano avvenute, come già ricordato qui da altri, e che poi sia nato tutto il putiferio in fase successiva alla realizzazione.

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