Può capitare, malauguratamente, di ritrovarsi tra le mani una "maxi" bolletta dell'acqua di importo spropositato, con consumi non solo eccessivamente elevati per lo standard del nucleo familiare, ma addirittura abnormi.
Situazioni spiacevoli che, in prima battuta, bisogna affrontare controllando l'impianto poiché consumi idrici di tal sorta potrebbero essere provocati da perdite che dovranno essere prontamente riparate. Se è tutto appare ordine, allora, potrebbe essere mal funzionante il contatore.
A seguito delle opportune verifiche sulla regolarità e sul funzionamento dell'impianto idrico, si consiglia all'utente di presentare lettera di reclamo alla società responsabile della gestione del servizio.
Spesso, però, tali vicende finiscono addirittura in Tribunale in quanto, da un lato, non sempre il gestore risponde prontamente (e positivamente) ai reclami e, dall'altro, l'utente ha delle bollette da pagare che, se lasciate insolute, potrebbero determinare lo slaccio dell'acqua.
L'utente potrà, dunque, agire d'urgenza per ottenere un'inibitoria relativa al distacco, ma per quanto riguarda la controversia relativa ai consumi abnormi come si comporta il giudice? Una ricostruzione interessante è stata fornita dal Tribunale di Oristano in una sentenza del 12 gennaio 2019.
La pronuncia inerisce una controversia sorta proprio tra il titolare di un'utenza domestica e il gestore del servizio idrico integrato in relazione ad alcune bollette in acconto per consumi ritenuti esorbitanti.
Corrispettivi abnormi rispetto al consumo medio
Il consumatore sostiene l'erroneità dei corrispettivi addebitatigli, abnormi se riferiti al consumo medio di una famiglia di quattro persone.
In particolare, evidenzia che i consumi sproporzionati e anomali erano da attribuirsi al malfunzionamento del contatore e da perdite occulte, una relativa a un tubo al piano terra e un'ulteriore perdita alla cisterna, assolutamente impossibile da rilevare da parte sua.
L'attore, sostiene che la perdita sarebbe stata scoperta prima se il fornitore avesse regolarmente effettuato le letture ed emesso le fatture a saldo, almeno due volte l'anno, e se avesse tempestivamente comunicato un consumo triplo rispetto alla media storica, in riferimento al regolamento del servizio idrico integrato e alla carta del servizio.
La società, dal canto suo, sostiene la regolarità delle letture e delle fatture e sostiene che sarebbe stato obbligo dell'utente controllare lo stato del proprio impianto e i propri consumi d'acqua, e che la mancata rilevazione e fatturazione dei consumi non lo esonera dal pagarne il corrispettivo.
Come funziona il rapporto di utenza idrica
Il Tribunale, in prima battuta, rammenta che il rapporto di utenza idrica che s'instaura tra gestore e utente non trova la sua fonte in un atto autoritativo, bensì nel contratto di utenza (cfr. Corte Cost. n. 335/2008), stipulato in regime di pubblico servizio, inquadrabile nello schema del contratto tipico di somministrazione.
I rapporti contrattuali, precisa la sentenza, vengono disciplinati in maniera uniforme dal regolamento e dalla carta del servizio idrico integrato, parte integrante del contratto, e ciò anche in deroga alle disposizioni codicistiche.
Questi documenti vengono predisposti dal gestore, approvati dalla competente autorità amministrativa e poi accettati dagli utenti, con efficacia di condizioni generali di contratto (art. 1341 c.c.) e in termini di contratto per adesione, concluso mediante la sottoscrizione del modulo per la richiesta di allaccio (cfr. Cass. n. 19154/2018).
A norma delle condizioni generali applicabili al rapporto in esame, il giudice evidenzia come la determinazione del corrispettivo, che soggiace al sistema tariffario e presuppone, di regola, la misurazione dei consumi, "è resa possibile anche in caso di malfunzionamento del contatore, ai sensi dell'art. B.35, che prescrive di ricostruire i consumi sulla base di quelli rilevati negli anni precedenti in analoghi periodi e condizioni ovvero, in assenza di dati storici, sulla base dei valori medi statistici ricavati in funzione della tipologia di utenza".
Bollette abnormi e ripartizione onere probatorio
Tanto premesso, per quanto riguarda la verifica dei consumi, che servono di fondamento al calcolo, occorre stabilire la causa della sospetta eccedenza e verificare se essa dipenda da un vizio del contatore, oppure da un errore di lettura o di trascrizione, ovvero da perdita occulta nell'impianto idrico, sul lato interno, con esclusione dunque di un malfunzionamento dell'apparecchio di misura.
In sostanza, bisogna verificare se la causa dell'elevata entità del consumo in contestazione sia imputabile al gestore oppure all'utente.
Come si risolve, dunque, la controversia sorta tra il gestore che pretende il pagamento del corrispettivo e l'utente che lamenta l'addebito di un consumo anomalo ed eccedente il suo normale fabbisogno e contesta l'affidabilità del valore registrato e il conseguente addebito?
Secondo il Tribunale, troverà applicazione il criterio di ripartizione dell'onere della prova elaborato dalla giurisprudenza, che addossa al gestore la dimostrazione del buon funzionamento del contatore e della corrispondenza tra la misura letta e quella trascritta in fattura (cfr. Cass. n. 13193/2011).
Pertanto, in caso di contestazione, "grava sul fornitore l'onere di provare che il contatore sia perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l'eccessività dei consumi sia dovuta a fattori esterni al suo controllo, che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, anche vigilando, con diligenza, per evitare eventuali intrusioni di terzi, in grado di alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi" (Cass. n. 23699/2016).
In aggiunta, il Tribunale ritiene che l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto gravi sempre su colui che si proclama titolare del diritto stesso e intenda farlo valere, anche qualora sia convenuto in giudizio di accertamento negativo (Cass. n. 19154/2018).
Obbligo di pagamento anche in caso di consumi abnormi
La sentenza si sofferma su un altro passaggio importante, ovvero sul pagamento delle bollette in presenza di consumi eccessivi. Qualora sia fondata la denuncia di un consumo abnorme, annotato a debito nelle scritture contabili unilateralmente tenute dal gestore, in un certo periodo di tempo, l'utente non sarà liberato dall'obbligazione di corrispondere la somma dovuta.
Egli sarà, invece, "tenuto a pagare la somma determinabile secondo criteri di carattere presuntivo, volti a far accertare i consumi presumibili, quali possono essere storicamente desunti da misure anteriori o posteriori ovvero, in difetto, statisticamente delineati per un'utenza caratterizzata dalla medesima tipologia d'uso e, se domestico, destinata a servizio del medesimo numero di persone".
In altre parole, ciò che cambia è soltanto il modo di determinare il corrispettivo della somministrazione, e non l'obbligo di pagarlo, a norma dell'art. 1562, comma 2, c.c., secondo le scadenze convenute.
Ne deriva che, nel caso di omessa o irregolare rilevazione o fatturazione da parte del gestore, l'utente non sarà autorizzato, per ciò solo, a rifiutarsi di pagare la somma dovuta, che costituisce prestazione legata dal nesso di corrispettività alla continua e ininterrotta fornitura d'acqua, oggetto dell'obbligazione principale assunta dal gestore.
L'utente non potrà opporre l'eccezione d'inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c., a meno che non lamenti la temporanea sospensione del servizio. E neppure potrà invocare, qualora siano mancate le letture o le fatture alle scadenze stabilite, la diminuzione del corrispettivo per concorso del fatto colposo del creditore (ex art. 1227, comma 1, c.c.).
Tale norma, si legge in sentenza, è diretta a commisurare alla gravità della colpa e all'entità delle conseguenze derivatene il risarcimento del danno da inadempimento, e non l'entità dell'obbligazione dedotta in contratto, riguardante il versamento del corrispettivo, cui il debitore è periodicamente tenuto per effetto dell'erogazione del servizio, a suo favore, e in ragione del quantitativo d'acqua somministrato, sia esso precisamente misurato o ragionevolmente presunto.