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Facta concludentia e spese condominiali

Facta concludentia, istituto fondato sulla prassi ripetuta nel tempo in relazione al pagamento delle spese condominiali, quando opera?
Avv. Caterina Natalotto - Foro di Palermo 

L'obbligo del pagamento delle spese condominiali, per i soggetti obbligati, sorge nel momento in cui la ripartizione delle stesse viene approvata dall'assemblea. Argomento in grado di suscitare contrasti all'interno della compagine condominiale è quello relativo al criterio di ripartizione delle spese condominiali.

Cioè come devono essere suddivisi tra i condomini i costi di quei servizi, resi da più soggetti, per la conservazione delle parti comuni e la gestione dei servizi inerenti al palazzo.

La sentenza del Tribunale di Roma del 21.01.2020 n. 1274/2020 analizza e decide sulla validità di una delibera assembleare di approvazione del bilancio consuntivo ordinario ove un condomino lamenta il mancato rispetto dei criteri di legge di ripartizione dell'acqua ed il mancato conteggio di somme corrisposte all'Ente di Gestione.

I tre criteri per ripartire le spese condominiali

Il codice civile disciplina la modalità di ripartizione delle spese tra i vari condomini, in particolare, agli artt. 1123-1126.

In realtà è l'art. 1123 c.c., a dettare le regole, sulla base di tre criteri principali: il primo, generale, della ripartizione in proporzione al valore della proprietà e gli altri due, particolari, in ragione dell'uso che ogni condomino può fare delle cose comuni e del godimento che può trarne.

Il primo comma dell'art. 1123 c.c., ha inteso fissare il criterio generale di ripartizione delle "spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza" che vanno sostenute da tutti i condomini "in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione" rifacendosi al principio di proporzionalità dei diritti dei comproprietari sulle cose comuni considerando il valore di ciascuna proprietà.

Il secondo ed il terzo comma del medesimo articolo disciplinano, invece, due ipotesi particolari. Il secondo comma dell'art. 1123 c.c. asserisce che "se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne" diventando, di fatto, una specifica o un limite al criterio di proporzionalità previsto nel primo comma.

Il terzo comma, specifica invece. che "qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità".

Tuttavia l'art. 1123 c.c. prevede una esplicita deroga ai principi generali di ripartizione delle spese condominiali fissati dallo stesso articolo con l'inciso "salva diversa convenzione" aprendo le porte alle molteplici decisioni giurisprudenziali sulla tipologia di convenzione legittimata.

Di conseguenza giurisprudenza maggioritaria legittima la convenzione che ripartisca le spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, purché contenuta in una delibera assembleare approvata all'unanimità da tutti i condomini, ovvero l'espressa convenzione posta in essere in esecuzione di una disposizione del regolamento condominiale di natura contrattuale. (Cass. n. 28679/2011).

È nulla o annullabile la delibera assembleare che detta criteri di ripartizione delle spese difformi da quelli legali?

Il quesito proposto non è di poco conto, poiché, le delibere annullabili possono essere impugnate nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c., di contro le delibere nulle possono essere contestate in qualsiasi momento anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo.

Secondo un recente orientamento della S.C. di Cassazione (sentenza n. 24476 del 01-10-2019) le delibere che vìolano i preesistenti criteri di ripartizione delle spese, senza avere alcuna intenzione di modificarli, finiscono per incidere negativamente sui diritti individuali del singolo condomino e per questo sono da considerare nulle.

Sono nulle le delibere adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese.

Tuttavia, il Tribunale di Roma, nella sentenza allegata, specifica che non tutte le delibere che ledono 'i diritti dei partecipanti' sono da ritenersi nulle ed analizzando il caso di specie distingue: l'errato inserimento in bilancio di una spesa individuale non dovuta e l'omesso inserimento di un credito ritenendoli valutabili come mera ipotesi di annullabilità della delibera, in quanto l'assemblea non ha modificato i criteri di riparto di spese ma ha eventualmente errato nell'attribuire, un debito o un credito in bilancio relativamente ad un solo partecipante; dal contestato criterio di riparto dell'acqua, evidenziando che in questo caso, non può aversi riparto in quote uguali in quanto la delibera, che di tal guisa disponga, viola la disposizione di cui all'art. 1123 comma cc che prevede che, salvi i casi di deroga contrattuale, le spese devono essere ripartite in base alle quote di partecipazione (Cass. 3944/02, Cas. 27233/13 e Cass. 4844/17). Da qui l'ipotesi di nullità.

La corte romana segue, piuttosto, il ragionamento degli ermellini secondo i quali: si ha nullità della delibera quando l'assemblea a maggioranza, in assenza o nell'uso distorto del potere gestorio, detti, in via generale e per casi potenzialmente indeterminati, criteri scientemente difformi da quelli legali o regolamentari così esulando dalle proprie attribuzioni, mentre, si considerano annullabili le delibere quando l'assemblea, nell'esercizio dei poteri conferitigli dall'art. 1135 n 2 e 3 cc, faccia applicazione, per mero errore e nel solo caso in considerazione, di criteri difformi da quelli legali/regolamentari senza esulare dai suoi poteri (Cass. 6714/10, Cass. 17101/06 e Cass. 24948/16).

Il consenso alla deroga di criterio di legge per "Facta concludentia"

Il criterio ordinario di ripartizione delle spese è dunque dettato dalle tabelle millesimali, cui si può derogare con diversa convenzione. Detta convenzione può concretizzarsi in diversi modi: non solo con accordo tra tutti i condomini, ma anche con regolamento condominiale contrattuale o per effetto della prassi.

Il regolamento condominiale di natura contrattuale può, infatti, prevedere che le spese generali di manutenzione delle parti comuni dell'edificio vadano ripartite in quote uguali tra i condomini, giacché il diverso e legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condominio (ex art. 1123 c.c. suddetto) è liberamente derogabile per convenzione, quale appunto il regolamento contrattuale di condominio (Cassazione civile, sez. VI, n. 22824/2013).

Un'ulteriore convenzione modificatrice può perfezionarsi anche per facta concludentia: la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello di cui all'art. 1123 c.c. o l'acquiescenza alla concreta applicazione di queste delibere possono assumere, infatti, il valore di unico comportamento rivelatore della volontà di applicazione di quel criterio di riparto da parte sia dei condomini che hanno partecipato alle votazioni, sia di quelli che hanno aderito accettando la differente suddivisione (Tribunale Milano, sez. XIII, 10802/2014).

Orientamento quest'ultimo ripreso dagli ermellini, i quali hanno evidenziato che la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l'acquiescenza rappresentata dalla concreta disapplicazione delle stesse tabelle per più anni, può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica dei criteri di ripartizione da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dare luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della relativa disciplina, che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco dell'assemblea dei condomini (Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 2009, n. 3245).

Tuttavia, negli anni l'argomento è stato trattato in più occasioni dalla S.C. di Cassazione la quale ha evidenziato differenti orientamenti. In un primo orientamento si è espressa ritenendo che la modificazione dei criteri di ripartizione delle spese per facta concludentia, per potersi considerare valida, deve interessare l'applicazione ripetuta ed incontestata nel tempo del criterio sostitutivo prescelto dall'assise condominiale.

Ripartizione spese condominiali videosorveglianza

Tale decisione quindi non può considerarsi modificativa delle tabelle millesimali che comunque possono essere modificate a maggioranza, ma solamente dei criteri di riparto delle spese (Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2013, n. 13004).

Diversamente, però, secondo altro orientamento ha ritenuto che non è valida la delibera che ripartisce le spese condominiali prescindendo dalle tabelle millesimali vigenti ed utilizzandone altre mai approvate anche se seguite dai condomini per diversi anni (Cass. sez. II, 15 ottobre 2019, n. 26042).

Orientamento, quest'ultimo, volutamente, non accolto e applicato dal Tribunale di Roma nel caso de quo, ponendo particolare attenzione alle esigenze in tema di funzionamento dell'organizzazione condominiale dirette ad evitare la paralisi del condominio che si paventerebbe laddove si ritenesse possibile conseguire, in ogni tempo, pronuncia dichiarativa dell'inesistenza di effetti per deliberazioni conformemente approvate per anni.

Per concludere possiamo, apertamente, affermare che la questione relativa alla deroga dei criteri di riparto è complessa e va studiata con attenzione caso per caso mediante lettura dei verbali e la conoscenza aggiornata degli orientamenti giurisprudenziali che ad oggi non sembrano essere uniformi.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 21 gennaio 2020 n. 1274
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