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Escavazione del sottosuolo condominiale per ricavare nuovi locali. Quando è legittima?

L'uso del sottosuolo e il necessario consenso unanime del Condominio all'escavazione da parte del singolo condomino.
Avv. Eliana Messineo 

La parte sottostante il suolo su cui sorge l'edificio condominiale si presume comune, in mancanza di un titolo che ne attribuisca ad uno dei condòmini la proprietà esclusiva.

È questo il principio giurisprudenziale costantemente ribadito dalla Corte di Cassazione, dal quale occorre prendere le mosse quando ci si interroga sulla legittimità o meno per il singolo condòmino di procedere a lavori di scavo del sottosuolo per ricavare nuovi locali.

A ribadirlo è la Corte d'Appello di Cagliari con sentenza n. 310 del 12 ottobre 2022 che ha condannato i condòmini del pianterreno al ripristino dell'originario piano di calpestio del locale di loro proprietà a livello stradale in considerazione dell'illegittimità delle operazioni di scavo del sottosuolo dagli stessi compiute senza autorizzazione degli altri condòmini.

Escavazione del sottosuolo condominiale per ricavare nuovi locali. Fatto e decisione

Un Condominio citava in giudizio dinanzi al Tribunale di Sassari i condòmini proprietari di una porzione del fabbricato condominiale, costituita da un magazzino al piano terra e annesso cortile, rappresentando che i predetti avevano intrapreso un'ampia ristrutturazione, volta a creare dei piani interrati e nuove fondazioni, implicanti lavori di scavo, per i quali l'assemblea del condominio, all'unanimità, aveva espresso il suo diniego.

Nonostante il parere contrario del condominio i proprietari e la società comodataria del locale non avevano rinunciato interamente ai lavori indicati nell'originario progetto, sicché, procedendo con le operazioni di scavo e abbassamento del piano terra del locale commerciale, avevano realizzato un'illegittima incorporazione del sottosuolo di proprietà condominiale in assenza del necessario consenso unanime del condominio.

Il Condominio chiedeva, pertanto la condanna dei convenuti al ripristino della situazione originaria e al risarcimento dei danni. Chiedeva inoltre la rimozione delle due canne fumarie e della struttura di contenimento degli impianti posizionati sulla facciata condominiale a distanza illegale e in ogni caso in pregiudizio del decoro architettonico del fabbricato.

I convenuti si costituivano in giudizio e respingevano ogni addebito. In ogni caso chiamavano in giudizio il direttore dei lavori, dal quale chiedevano di essere manlevati qualora fosse stato accertato nel corso del giudizio un aumento di volumetria del locale oggetto di controversia con conseguente occupazione del suolo condominiale. Si costituivano, altresì, le compagnie assicurative del direttore dei lavori.

Il Tribunale, istruita la causa con documenti e Ctu, accoglieva in parte le domande formulate dal Condominio.

In estrema sintesi, il Tribunale, per quel che qui interessa ai fini della presente disamina sull'argomento in intestazione, riteneva non raggiunta la prova dell'abbassamento del piano di calpestio del locale di proprietà dei convenuti (mentre condannava invece alla rimozione delle canne fumarie e della struttura metallica di copertura degli impianti, in quanto lesivi del decoro architettonico dell'edificio).

Il decoro architettonico che caratterizza la fisionomia dell'edificio è un bene comune.

Rigettava la domanda di risarcimento del danno per mancanza di allegazione e prova di specifici pregiudizi subiti.

Proponeva appello il Condominio lamentando l'omessa valutazione di fatti rilevanti sull'altezza dei locali trasformati dai convenuti, la contraddittorietà e superficialità della motivazione nella parte in cui il Tribunale riteneva non raggiunta la prova dei lavori di scavo e abbassamento del piano di calpestio del locale, certamente eseguiti dai proprietari, anche se in misura inferiore rispetto all'originario progetto, con conseguente illegittima incorporazione del sottosuolo condominiale.

La Corte territoriale accoglieva l'appello ritenendo inutile l'indagine compiuta dal Tribunale circa l'altezza dei locali all'epoca di costruzione del fabbricato, atteso che dalle indagini compiute erano emersi numerosi elementi indiziari, tra loro convergenti, che avevano confermato quanto denunciato dal Condominio ossia l'illegittima incorporazione del sottosuolo condominiale da parte dei nuovi proprietari del pianterreno e annesso cortile, in occasione degli importanti lavori di trasformazione e ristrutturazione dagli stessi eseguiti.

Per la Corte d'Appello, dunque - risultando provato l'abbassamento del piano di calpestio del locale a piano terra di almeno un metro rispetto all'originaria altezza, in seguito alle operazioni di scavo eseguite in occasioni dei lavori di ristrutturazione svolti da i nuovi proprietari - doveva ritenersi fondata la domanda del Condominio di ripristino dell'area per essersi verificata una illegittima (in quanto non autorizzata) incorporazione del sottosuolo condominiale nella proprietà esclusiva dei singoli condòmini del pianterreno.

A tale conclusione, la Corte territoriale è giunta richiamando un importante orientamento giurisprudenziale fondato sul principio di diritto secondo cui, in mancanza di titolo contrario, il sottosuolo su cui sorge l'edificio condominiale si presume bene comune.

Sottosuolo in condominio: a chi appartiene?

Legittimità dell’escavazione del sottosuolo condominiale: punti chiave

"In materia di condominio, la zona esistente in profondità al di sotto dell'area superficiaria che è alla base dell'edificio, in mancanza di un titolo che ne attribuisca ad alcuno di essi la proprietà esclusiva, rientra per presunzione in quella comune tra i condomini. Nessuno di costoro, pertanto, può, senza il consenso degli altri, procedere all'escavazione del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell'orbita della sua disponibilità esclusiva, limiterebbe l'altrui uso e godimento ad essa pertinenti" (Cass. 30 marzo 2016, n. 6154; Cass. 13 luglio 2011, n. 15383; Cass. 2 marzo 2010, n. 4965; Cass. 24 ottobre 2006, n. 22835; Cass. 27 luglio 2006, n. 17141; Cass. 9 marzo 2006, n. 5085; Cass. 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. 18 marzo 1996, n. 2295; Cass. 23 dicembre 1994, n. 11138; Cass. 11 novembre 1986, n. 6587) (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 29925 del 18/11/2019).

Nel caso di specie - una volta accertato che gli appellati avevano compiuto escavazioni per abbassare il piano del suolo almeno di settanta -ottanta centimetri, attraendo nella loro esclusiva disponibilità tutto il volume ricavato dagli scavi- la Corte d'Appello ha ritenuto, sul punto, la sentenza impugnata posta in contrasto con il suddetto principio giurisprudenziale e, conseguentemente, da doversi riformare.

In accoglimento del relativo motivo d'appello, i convenuti sono stati condannati al ripristino dell'originario piano di calpestio al livello stradale.

Per completezza, sempre con riferimento al punto oggetto di disamina, rileva come la Corte d'Appello abbia invece rigettato la domanda di risarcimento del danno, per non avere il Condominio dimostrato, di aver perso occasioni di sfruttamento del sottosuolo illegittimamente occupato, o di aver sofferto altri pregiudizi patrimoniali, lasciando così la sua pretesa sfornita di allegazione e prova.

Sentenza
Scarica App. Cagliari 12 ottobre 2022 n. 310
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