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Elenco morosi. Il condominio paga “una penale” in caso di mancata cooperazione con i creditori

L'amministratore deve fornire ai creditori i dati anagrafici dei morosi. Si tratta di un dovere legale di salvaguardia dell'aspettativa di soddisfazione dei soggetti titolari dei crediti.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

La vicenda. La società beta agiva nei confronti del Condominio esponendo di essere creditrice in forza di decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Roma, divenuto definitivo per mancata opposizione nel termine di legge.

Con tale decreto, la società aveva ingiunto al Condominio di pagare la somma di circa 4 mila euro; tale debito sussisteva all'attualità, sebbene ridotto.

La società, inoltre, precisava che, nonostante ripetuti solleciti, gli amministratori che si erano succeduti nella gestione del Condominio avevano omesso di comunicare i nominativi dei condòmini morosi.

Pertanto la società ricorrente chiedeva al giudice adito di condannare il Condominio a comunicare i condòmini in mora nel pagamento dell'importo di € 3.731,46, dovuto alla società beta in forza del citato decreto ingiuntivo, indicandone dati anagrafici, indirizzi di residenza e le rispettive morosità, secondo le tabelle millesimali.

Infine, veniva chiesto anche il risarcimento dei danni subiti/subendi dalla società in forza della mancata comunicazione dei condomini moroso ex art. 63 disp. attuaz. c.c. Il condominio non si costituiva in giudizio.

Il ragionamento del Tribunale di Roma. Preliminarmente, il giudice romano evidenzia che, ai sensi dell'art. 63 disp. att. così come riformato dalla legge 220/2012, "l'amministratore (...) è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi". Quindi si tratta di un dovere legale di salvaguardia dell'aspettativa di soddisfazione dei soggetti titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale, ovvero un obbligo dì cooperazione con creditore posto dalla legge in capo al Condominio e, per esso, al suo amministratore.

Ebbene, premesso quanto innanzi esposto, il Tribunale ha osservato che l'espressa previsione normativa fa venir meno ogni dubbio sulla possibilità di frapporre limiti derivanti dalla tutela della riservatezza, peraltro esclusi dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali già nella nota del 26 settembre 2008.

 Continua [...]

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Sentenza inedita
Scarica Tribunale di Roma - Sentenza n. 8426 del 24.04.2018
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