La titolarità dell'edera e il rapporto di custodia
L'edera può essere piantumata dal singolo condomino ovvero disposta dall'amministratore per volere dell'assemblea. Non si ritiene che l'intervento possa essere svolto autonomamente dall'amministratore perché una simile scelta potrebbe andare incontro a problemi anche di salute degli abitanti del palazzo, ove posizionata lungo la facciata del palazzo.
La titolarità del bene nella normalità dei casi sarà quindi o del singolo condomino o della collettività dell'edificio.
Decidere di posizionare l'edera sulla facciata del condominio è attribuzione specifica dell'assemblea mentre l'assise condominiale non può assumere alcuna decisione per le parti relative al balcone.
Non si può disporre in sede assembleare che i balconi abbiano piante rampicanti: simile delibera sarebbe invalida in quanto l'oggetto non rientra nelle attribuzioni assembleare, poiché il balcone è bene del singolo condomino.
Mettere dei rampicanti su tutta la superficie verticale delle facciate dell'edificio può abbellire e rendere maggiormente gradevole il decoro architettonico del palazzo, oltre al potenziale effetto coibentante e depurativo delle piante.
Spesso si può avere che l'immobile, nella specie l'unità immobiliare in condominio, sia concessa in locazione a terzi. Della manutenzione dell'edera e dell'attività di controllo a che essa non rechi danni risponde il conduttore, se piantata per abbellimento del singolo alloggio.
Responsabilità per danni causati dall'edera in condominio
La norma a cui fare riferimento è l'art. 2051 c.c., sulla cui base colui che ha in custodia il bene è responsabile dei danni che da questo derivano, salvo che non dia prova del caso fortuito.
La custodia del bene comporta lo svolgimento di tutte le attività, di controllo e manutenzione, affinché l'edera non crei danni a persone o cose.
Il dovere di custodia spetta non solo al proprietario ma anche a colui che ha il possesso o la detenzione della cosa: se ad es. il condominio dà in locazione una parte di cortile dove vi è l'edera che causa il danno per il suo estendersi alla muratura della facciata, la responsabilità è sicuramente in capo al conduttore perché ad esempio ha permesso la sua selvaggia crescita, salva l'eventuale corresponsabilità dell'edificio per non aver posto in essere quegli accorgimenti di vigilanza e controllo atti a escludere il ricorrere del danno.
Se invece l'edera fosse stata piantata esclusivamente dal conduttore, è solo questi tenuto ad occuparsi della sua manutenzione e a rispondere dell'eventuale danno causato...
Dell'edera sulla facciata risponde il condominio, essendo la facciata un bene comune.
Manutenzione e cura dell'edera: obblighi e responsabilità
Il taglio e la corretta manutenzione dell'edera, anche per quanto concerne i limiti del rispetto delle distanze legali, spetta a chi ne è titolare o a chi ha il rapporto di custodia del bene, quando soggetto diverso dal proprietario.
Le relative spese incombono rispettivamente al singolo condomino se l'edera serva il suo solo alloggio mentre se è da qualificarsi come bene comune, perché ad esempio rampicante su tutta l'estensione della facciata, l'onere economico è in capo a tutti i condomini in ragione dei millesimi di proprietà ex art. 1223 primo comma c.c.
Danni provocati dall'edera: obbligo di risarcimento
Se l'edera della facciata del palazzo rovina i beni situati sul balcone del condomino, ad esempio arrugginisce la ringhiera, crea crepe alla pavimentazione, non permette una corretta areazione e dell'unità immobiliare, soffoca le piante di abbellimento del balcone, invade lo spazio e via dicendo, il condominio deve porvi rimedio.
Essendo il responsabile dell'accaduto, non avendo posto in essere correttamente l'attività di manutenzione del bene, è tenuto al taglio dell'edera per la parte che invade la proprietà singola oltre al risarcimento del danno subito.
Così è, rifacendosi agli esempi sopra riportati, per il rifacimento della ringhiera, la sistemazione della pavimentazione, la sostituzione delle piante che si sono ammalorate e così via. Il condomino può domandare il risarcimento per equivalente o in forma specifica.
Nel primo caso si tratta della quantificazione economica del danno e del ripristino dello stato dei luoghi. L'onere economico è da suddividersi tra tutti i condomini in relazione ai millesimi di proprietà.
In esso è da ricomprendere la rimozione della pianta almeno per la parte di immobile o facciata in cui si è subito il danno.
Ove il singolo opti per il risarcimento in forma specifica, spetta al condominio di mettere in atto tutta l'attività necessaria a eliminare il danno e alla rimessione della situazione allo stato precedente.
La scelta tra l'una o l'altra forma di risarcimento spetta al condomino danneggiato, ma il giudice può trasformare la richiesta in forma specifica a quella per equivalente, se la prima risulta eccessivamente onerosa.
Quando l'edera è rampicante sulla facciata del palazzo, può capitare che leda il diritto di luce, aria e veduta del singolo condomino. Ciò comporta l'obbligo del condominio di spezzare i rami e quelle parti del rampicante che ledono il diritto in questione.
Poiché si tratta di manutenzione ordinaria, potrebbe ricorrere anche -o solo- la diretta responsabilità personale dell'amministratore che non vi ha prontamente e periodicamente provveduto.
Interessante è il caso deciso dalla Suprema Corte n. 15552/2013 dove il condominio lamentava che due condomini dovessero essere condannati alla rimozione della struttura in legno posizionata sul loro balcone di sostegno verso l'interno delle piante, perché pregiudicava il decoro architettonico dell'edificio, caratterizzato da una continuità ininterrotta di balconi ad ogni piano, tale da formare una serie di linee orizzontali parallele.
La Corte di Cassazione, confermando la decisione dell'appello, ha osservato che la struttura era minimale, essendo di solo sostegno alle piante, e che, proprio per la sua fattura e consistenza, non provocava alcun danno all'estetica dell'edificio atteso che non ne interrompeva la continuità delle linee dei balconi, che ne rappresentava proprio la principale caratteristica architettonica, tenuto anche conto che il balcone dei convenuti affacciava sul cortile interno.
Per quanto riguardava poi la violazione del decoro, esso deve essere valutato "con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo anche interessare singoli punti del fabbricato purché l'immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull'intero stabile) e non rispetto all'impatto con l'ambiente circostante".
Infine neanche il richiamo al regolamento di condomino ha assunto un ruolo determinante considerato che la norma si riferiva a interventi sui miri e sulle tende.
Con questa decisione è stata riconosciuta la legittimità di piante rampicanti nel singolo alloggio in condominio.
Normative sulle distanze legali per piante in condominio
In merito occorre poi ricordare le norme codicistiche in tema di piante e distanze legali.
Così l'art. 896 c.c. recita "Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali".
Chi è proprietario dell'edera, singolo o condominio, è tenuto a sopportare le spese necessarie per fare in modo che la stessa, comprese le sue radici, non invada il terreno altrui. Ciò è valido sia per i rami che esorbitano dal confine sia per le radici che si insinuano nel fondo altrui.
Nelle singole proprietà le piante debbono essere poste ad una distanza di almeno 50 cm dal muro di confine, così come previsto dall'art. 892 del cod. civ. Se viene violata la suddetta distanza legale le piante possono rimanere se non eccedono la sommità del muro e non invadono l'altrui proprietà.
Il proprietario del fondo invaso però può esigere l'estirpazione delle siepi piantante ad una distanza minore da quella indicata nell'art. 892 del cod. civ., così come, in caso di rifiuto, può fare ricorso all'autorità giudiziaria per ottenere una pronunzia che costringa il vicino al taglio dei rami protesi nel fondo altrui.
Ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 892 cod. civ. "Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute ad altezza che non ecceda la sommità del muro".
Infine ai sensi dell'art. 896 cod. civ. "Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali.
Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti.
Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell'articolo 843".
Queste norme possono essere applicate anche in caso di situazioni riguardanti i singoli condomini. Si pensi ad esempio all'edera sulla facciata in riferimento al singolo alloggio che invade il balcone del condomino vicino.