Con ordinanza emessa in data 9 maggio 2022, n. 14531, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su due motivi di censura in virtù di azione intentata da una acquirente di un appartamento nei confronti di un venditore, per restituzione di somme.
Innanzi al Tribunale di Roma, l'attrice proponeva azione di recupero somme afferenti oneri condominiali pagati dalla stessa, - in virtù di provvedimento monitorio azionato dal condominio- affermando che detti oneri fossero imputabile alla venditrice in quanto relativi a voci di spesa antecedenti l'alienazione dell'appartamento. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda, con vittoria di spese, con sentenza n. 7874/2009.
Avverso tale pronuncia, veniva proposto il gravame dall'appellante, innanzi alla Corte di Appello d Roma, la quale si pronunciava con sentenza n. 5266/2015, riformando la decisione di primo grado, affermando che i contributi condominiali in questione, precedente di oltre due anni la compravendita l'obbligazione oggetto di causa non erano di natura solidale fra parti, per cui l'azione proposta dall'acquirente non poteva essere qualificata di regresso, ex art. 1299 c.c., ma quale adempimento di un terzo ad un debito altrui, con conseguente richiesta di restituzione da parte dell'effettivo debitore. Perciò, l'acquirente non era legittimato a richiedere la restituzione delle somme.
Avverso la decisione del giudice del gravame, la ricorrente-acquirente proponeva ricorso in cassazione adducendo due motivi. Resisteva con controricorso la venditrice.
Responsabilità solidale dell'acquirente: motivi di ricorso
Con il primo motivo, la ricorrente lamentava, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1173, 1180, 1218, 1322 c..c, nonché la violazione la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver il giudice di secondo grado erroneamente inquadrato la fattispecie come adempimento del terzo dopo aver correttamente riconosciuto che le somme riportate nel decreto ingiuntivo erano di spettanza della controparte.
Con il secondo motivo la ricorrente denunciava, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il vizio di motivazione della sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto controverso e decisivo in relazione agli artt. 1137 c.c. e 305 c.p.c., per avere il giudice di appello rigettato la domanda dell'appellata per non aver quest'ultima attivato un procedimento monitorio di opposizione a decreto ingiuntivo che le avrebbe consentito di chiamare in causa la controparte così da permetterle di eccepire la nullità delle delibere condominiali poste a fondamento del decreto ingiuntivo.
La Suprema Corte riteneva opportuno esaminarli congiuntamente i motivi del ricorso data la loro intrinseca connessione, poiché da considerarsi sono fondati.
La responsabilità solidale dell'acquirente.
La Cassazione ritiene meritevole di accoglimento, perciò fondati i due motivi del ricorso, ritenendo, altresì, pacifico che tra il venditore ed acquirente dell'immobile, in virtù dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., ratione temporis applicabile ora in forza della l. n. 220/2012, art. 63, comma 4, disp. att. c.c.- delinea a carico del dell'acquirente un'obbligazione solidale, non propter rem, ma autonoma, in quanto costituita ex novo dalla legge in funzione di rafforzamento dell'aspettativa creditoria del condominio, su cui incombe, poi, l'onere di provare l'inerenza della spesa dell'anno in corso o a quello precedente al subentro dell'acquirente (in tale senso, Cass. civ sez. II, 9 ottobre 2020, n. 21860).
In altri termini, assolutamente condivisibile, il principio che la responsabilità solidale dell'acquirente per il pagamento dei contributi dovuti al Condominio dal venditore è limitata al biennio precedente all'acquisto trovando applicazione l'art. 63, secondo comma, disp. att. c.c., e non già l'art. 1104 c.c., atteso che ai sensi dell'art. 1139 c.c., le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio soltanto in mancanza di apposita disciplina (cfr. Cass. civ. sez. II, 27 febbraio 2012, n. 2979; Cass. civ. sez. II 18 agosto 2005, n. 16975).
Principio dell'ambulatorietà e responsabilità nei debiti condominiali
Giova ribadire che l'art. 63 disp. att. c.c., secondo cui l'acquirente di una unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidalmente con lui, ma non al suo posto, opera solo nei rapporti esterni con il condominio, non anche nei rapporti interni tra acquirente e venditore: in quest'ultimo rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto tra le parti, è operante il principio generale della personalità dell'obbligazione, con la conseguenza che l'acquirente dell'appartamento risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandolo, è divenuto condomino e qualora chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, in virtù del principio dell'ambulatorietà, ha comune diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa (Cass. civ. sez. II, 22 febbraio 2000, n. 1956) Infatti, la stessa Corte territoriale ha preliminarmente chiarito che i contributi condominiali oggetto della causa erano maturati ben prima del biennio precedente, pertanto l'oggetto di causa non poteva essere solidale, e, di conseguenza, l'azione da intraprendere da parte dell'acquirente non poteva essere qualificata come azione di regresso, ex art. 1299 c.c., dovendo la fattispecie in esame essere inquadrata quale adempimento del terzo per un debito altrui con conseguenza richiesta di restituzione all'effettiva debitrice.
Perciò, se ne deduce, che l'unico soggetto debitore che avrebbe dovuto pagare gli oneri condominiali era la venditrice, in qualità di proprietà immobiliare al momento dell'adozione delle delibere condominiali fonti dell'obbligazione de qua.
Inosservanza di accordo tra le parti in virtù di scrittura privata
Gli ermellini hanno anche rilevato una svista da parte della Corte di Appello, in particolare, come già esaminato, nell'applicazione dell'art. 63, comma 2 disp. att., applicabile ratione temporis, non ha esaminato gli accordi sorti tra le parti, tra l'altro inopponibili al Condominio.
Per meglio dire, nel caso di specie, è rimasto accertato in fatto che la venditrice e l'acquirente, contestualmente al rogito, avevano sottoscritto una scrittura privata, redatta a parte, con cui l'alienante si impegnava a consegnare alla parte compratrice l'appartamento libero da pesi e gravami, vincoli oneri e privilegi, le parti precisavano la manleva, con la quale la prima si impegnava a tenere indenne la seconda "da qualsiasi onere" condominale e dalle relative conseguenze afferenti due procedimenti giudiziari, pendenti tra la venditrice ed il Condominio. Ergo, alla luce di tale atto privato, non trattasi di fattispecie di pagamento di terzo, come ritenuto dalla Corte del gravame, bensì è configurabile in una ipotesi di indebito oggettivo, per essere dovuto il pagamento da errore, ex art. 2036 c.c., secondo cui: "Chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base a un errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito.
Chi ha ricevuto l'indebito è anche tenuto a restituire i frutti e gli interessi dal giorno del pagamento, se era in mala fede, o dal giorno della domanda, se era in buona fede. Quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore".
Perciò, al ricorrente non gravava alcun obbligo di saldare il debito che era pacificamente maturato in capo alla predente condomina ed essendo tra le parti intervenuta scrittura privata che ha disciplinato i loro rapporti interni, spetta legittimamente all'acquirente l'azione di indebito soggettivo nei confronti del dante causa.
In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.