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È illegale parcheggiare sulla rampa in condominio

La stabile occupazione di un bene condominiale è una turbativa illegittima al godimento dello spazio comune.
Avv. Mariano Acquaviva 
3 Mar, 2023

La Corte d'appello di Napoli, con la sentenza n. 496 del 7 febbraio 2023, ha riconosciuto all'attore la proprietà esclusiva della rampa che conduce ai box auto ubicati nel piano cantinato del fabbricato, dichiarando l'inesistenza del diritto di servitù di parcheggio sullo stesso bene, come invece sosteneva la parte convenuta.

La questione nasceva dalla stabile occupazione della rampa da parte di alcuni condòmini che ritenevano non solo di poter percorrere la stessa per giungere al proprio garage, ma anche di potervi sostare in virtù di una presunta servitù di parcheggio. Approfondiamo la questione.

Controversia sulla proprietà della rampa di accesso ai box auto

Un condomino agiva in giudizio per accertare l'inesistenza del presunto diritto di servitù di parcheggio vantato sulla rampa di accesso ai box auto. Dagli atti sarebbe risultata, infatti, la proprietà esclusiva del bene, gravato solamente da una servitù di passaggio per consentire agli altri proprietari di transitare con i propri veicoli per raggiungere i garage.

L'attore chiedeva quindi dichiararsi l'illegittimità dell'occupazione della rampa, sulla quale erano soliti sostare i veicoli del convenuto.

Quest'ultimo, a propria volta, sosteneva di poter parcare le proprie vetture sul sopracitato tratto in quanto sullo stesso sarebbe gravata una servitù di passaggio e di parcheggio. In subordine, riteneva comunque di poter sostare in quanto la rampa sarebbe stata condominiale.

Il giudizio di primo grado sull'occupazione della rampa condominiale

Il giudice di prime cure, qualificando la domanda attorea come actio negatoria servitutis diretta all'accertamento dell'inesistenza della pretesa servitù, nonché alla cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dai convenuti allo scopo di ottenere l'effettiva libertà del fondo, attraverso l'esame delle scritture di compravendita prodotte dalle parti, accoglieva la domanda ritenendo provato il titolo dell'istante di proprietario della rampa e non provato l'uguale diritto del convenuto che risultava titolare sulla stessa unicamente di una servitù di passaggio pedonale e carrabile.

Avverso la sentenza di primo grado il convenuto proponeva appello.

L'inesistenza della servitù di parcheggio sulla rampa in condominio

La Corte d'appello di Napoli, con la sentenza n. 496 del 7 febbraio 2023, ha rigettato il gravame confermando la pronuncia di primo grado.

Innanzitutto, il collegio ricorda come l'actio negatoria è posta a difesa della proprietà e mira a far dichiarare l'inesistenza di diritti reali affermati da terzi sulla cosa e a far cessare eventuali molestie o turbative che manifestino l'esercizio di tali diritti.

Così la Cassazione: «la actio negatoria servitutis ha come essenziale presupposto la sussistenza di altrui pretese sul bene immobile, non potendo essere esercitata in presenza di turbative o molestie che non si sostanzino in una pretesa di diritto sulla cosa» (Cass. Civ., Ord. n. 31382/2018).

Con riferimento, poi, all'onere probatorio la giurisprudenza ha costantemente affermato che «in tema di "actio negatoria servitutis", poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce non ha l'onere di fornire, come nell'azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà - neppure quando abbia chiesto la cessazione della situazione antigiuridica posta in essere dall'altra parte - essendo sufficiente la dimostrazione, con ogni mezzo, ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido di proprietà.

Al convenuto incombe, invece, l'onere di provare l'esistenza del diritto a lui spettante, in virtù di un rapporto di natura obbligatoria o reale, di compiere l'attività lamentata come lesiva dall'attore» (da ultimo, Cass., ord. n. 803 del 12/01/2022).

Nel caso specifico l'attore, deducendo la sua qualità di proprietario della rampa di accesso ai locali garage e contestando al tempo stesso l'esistenza di uguale diritto in capo al convenuto, ritenuto titolare di mera servitù di passaggio, temendo il pregiudizio per l'uso improprio del bene, rappresentato dalle conseguenze di una stabile e perdurante occupazione delle aree in questione, ha agito per la declaratoria di inesistenza di qualsivoglia servitù di parcheggio e per ottenere la conseguente cessazione delle turbative al libero godimento della proprietà.

L'azione merita accoglimento, risultando pacificamente dalla documentazione prodotta in giudizio sia il titolo di proprietà dell'attore che la servitù di passaggio (e non di parcheggio) a favore del convenuto.

È illegale occupare a lungo gli spazi comuni

Secondo la Corte d'appello di Napoli è da rigettare anche la tesi prospettata in subordine dalla parte convenuta, secondo cui la rampa sarebbe stata condominiale e, pertanto, sarebbe stato lecito per i condòmini occuparla.

Anche a voler tacere circa la contraddittorietà dell'assunto (in quanto se si vanta un diritto di servitù non è possibile esserne contestualmente comproprietari del bene), la giurisprudenza è pacifica nel ritenere l'esatto contrario, e cioè che le parti comuni non possono essere occupate per lungo tempo.

In questo senso la Suprema Corte, secondo cui «in tema di condominio negli edifici, l'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto.

Pertanto, deve ritenersi che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione - mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura - di una porzione del cortile comune, configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà» (Cass., Sent. n. 3640 del 24/02/2004).

Pur escludendo il carattere stabile e duraturo del parcheggio, la Suprema Corte ha chiarito che «in tema di condominio di edifici, l'art 1102 c.c. sull'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante non pone alcun limite minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso, pertanto, può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti del cortile comune che impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva vietato il parcheggio di motoveicoli nello spazio del cortile condominiale, prospiciente l'immobile di proprietà di uno dei condomini, senza dare rilievo alla sporadicità o saltuarietà delle soste)». (Cass., Ord. n. 7618 del 18/03/2019 e da ultimo, Cass., sent. n. 28152 del 27/9/2022).

Cortile condominiale, nozione ed uso: disciplina e limiti.

La pratica del parcheggio sulla rampa è attività che si concretizza in una turbativa al godimento dello spazio comune. In particolare, è stato in proposito statuito che l'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino, nell'essere assoggettato, ai sensi del citato art. 1102 c.c., al duplice indicato divieto, implica che si debba ritenere che la condotta del condomino, consistente nella stabile o comunque continua occupazione - mediante il reiterato transito (o parcheggio per considerevoli periodi di tempo) con autoveicoli - di una porzione del cortile comune (o per l'ampiezza totale o quasi totale di esso), configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condòmini di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà.

Sentenza
Scarica App. Napoli 7 febbraio 2023 n. 496
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