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È illegale la tettoia che raggiunge la soletta del balcone sovrastante

Il condomino del piano superiore ha diritto alla veduta in appiombo, anche se l'assemblea dovesse autorizzare la costruzione del manufatto.
Avv. Mariano Acquaviva 
29 Dic, 2022

Il Tribunale di Potenza, con la sentenza n. 87 del 14 dicembre 2022, si è posto nel solco giurisprudenziale, praticamente granitico, per il quale il condomino ha diritto alla veduta in appiombo, anche qualora si affacci su una proprietà privata.

Anche nelle realtà condominiali va quindi rispettata la limitazione posta dall'art. 907 cod. civ., secondo cui, quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri. Analizziamo la vicenda sottoposta al giudice lucano.

La costruzione della tettoia radente il balcone. La vicenda

Il condomino del secondo piano conveniva in giudizio il proprietario del piano inferiore lamentando la costruzione, da parte di quest'ultimo, di una tettoia che raggiungeva la soletta del proprio balcone aggettante, praticamente in aderenza al piano di calpestio.

A dire dell'attore, sarebbe stato violato il suo diritto di veduta in appiombo, sancito dall'art. 907 cod. civ., a tenore del quale il vicino non può edificare a una distanza inferiore a tre metri.

Si costituiva il convenuto, ritenendo che l'opera fosse legittima in quanto: espressione della facoltà di servirsi della cosa comune senza alterarne la destinazione ex art. 1102 cod. civ., norma ritenuta prevalente, perché speciale, rispetto a quella generale di cui all'art. 907 cod. civ.; autorizzata dall'assemblea.

Il diritto di veduta in appiombo e il divieto di costruire a meno di tre metri

Il Tribunale di Potenza, con la sentenza n. 87 del 14 dicembre 2022, accoglie le ragioni dell'attore. Non ci sono dubbi, infatti, circa il fatto che le norme sulle distanze delle costruzioni dalle vedute debbano essere osservate anche nei rapporti tra condòmini di un edificio in quanto l'art. 1102 cod. civ. non deroga al disposto dell'art. 907 cod. civ. (in tal senso, tra le tante, Cass. sent. n. 4190/2000 e Cass., sent. n.13012/2000).

In tema di condominio negli edifici, pertanto, la realizzazione di una tettoia insistente sul terrazzo di proprietà esclusiva deve rispettare la distanza di tre metri dalle vedute degli altri appartamenti, in applicazione del sopracitato art. 907 cod. civ., non ponendosi alcuna questione di compatibilità tra la disciplina sulle distanze e quella sull'uso della cosa comune, ex art. 1102 cod. civ., giacché la tettoia insiste su un'area di proprietà esclusiva e non condominiale ed essendo i rapporti tra proprietà individuali e beni comuni finitimi disciplinati dalle norme che regolano i rapporti tra proprietà contigue (così Cass., 18/08/2020 n. 17216).

Il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale, conseguentemente, ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell'edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino che, direttamente o indirettamente, pregiudichi tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l'art. 907 cod. civ. il bilanciamento tra l'interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, poiché luce ed aria assicurano l'igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita (Cass., 27/02/2019 n. 5732).

In ogni caso, l'art. 907 cod. civ., che vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo finitimo, pone un divieto assoluto, la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione è a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l'esercizio della veduta, enucleando la norma in esame in favore del titolare della veduta un diritto al rispetto della distanza legale da parte della costruzione del vicino, senza introdurre ulteriori condizioni (Cass., 27/03/2014 n. 7269).

Nel caso di specie, risulta pacifico che parte convenuta, trasformando il proprio terrazzo con l'apposizione di una tettoia, ha sopraelevato il manufatto sino alla soletta del balcone sovrastante di proprietà di parte attrice, così violando il disposto dell'art. 907 cod. civ.

Altrettanto pacifico è che la tettoia fuoriesce dal perimetro dell'anzidetto balcone sovrastante, escludendosi così l'unica possibilità, per una limitata parte di giurisprudenza, di deroga all'art. 907 cod. civ. in quanto opera non limitativa del diritto di veduta appiombo (Cass., n. 9562/1997; Cass., n. 17317/2007).

È nulla l'autorizzazione assembleare a violare le distanze

In merito, poi, all'assunta autorizzazione rilasciata dall'assemblea dei condòmini, tale deliberazione, incidendo sulla proprietà esclusiva dei singoli condòmini e, quindi, oltrepassando le attribuzioni di cui all'art. 1135 cod. civ., è affetta da nullità insanabile, come espresso oramai da pacifica giurisprudenza (Cass., Sez. Un., 07/03/2005 n. 4806; Cass., Sez. Un. 14/04/2019 n. 9839) per cui «l'assemblea condominiale può disporre, con le prescritte maggioranze, unicamente dei diritti relativi alle parti comuni dell'edificio e non anche dei diritti relativi alle parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini». Nullità rilevabile in via incidentale anche dal giudice del merito, e quindi al di fuori del procedimento specifico di impugnazione della delibera, poiché non soggetta al termine decadenziale di cui all'art. 1137 cod. civ., anche su contestazione del condomino che abbia espresso voto favorevole in assemblea.

In definitiva, in accoglimento della domanda attorea, va disposto l'abbattimento della tettoia per violazione delle distanze legali di cui all'art. 907 cod. civ.

Sentenza
Scarica Trib. Potenza 14 dicembre 2022 n. 87
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