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Donazione di immobile, l'accettazione va notificata

La notifica dell'accettazione della donazione di un immobile è fondamentale per la validità del contratto: scopri come la mancanza di questo passaggio ha influenzato il caso giudiziario trattato.
Avv. Caterina Tosatti 

La notificazione dell'accettazione della donazione, prevista dall'art. 782, 2° comma, c.c., per i casi in cui proposta ed accettazione siano contenuti in atti pubblici distinti, deve eseguirsi in modo rituale e costituisce requisito indispensabile per la perfezione del relativo contratto che, pertanto, prima del suo verificarsi non può considerarsi ancora concluso: questo il principio di diritto riaffermato dalla Cassazione, con la sentenza n. 9476 del 23 marzo 2022.

Notifica e accettazione della donazione immobile: la pronuncia

Nel caso di specie, Tizio agiva contro un ente, che chiameremo l'Ente Alfa, in rivendica rispetto ad un immobile, chiedendo che l'Ente Alfa lo rilasciasse.

Tizio era erede universale di Caia, a sua volta erede di Sempronio; Sempronio, in vita, aveva acquistato l'immobile oggetto di causa e successivamente ne aveva donato la nuda proprietà all'Ente Alfa, riservandosene l'usufrutto.

Sostiene Tizio che la donazione tra Sempronio e l'Ente Alfa non si fosse mai perfezionata, in quanto l'Ente Alfa, donatario, aveva omesso di notificarne l'accettazione a Sempronio, quale donante; per tale motivo, l'immobile non era mai uscito dal patrimonio di Sempronio, che ne aveva conservato il possesso ininterrotto sino alla sua morte, così trasferendolo a Caia, sua erede.

L'Ente Alfa, costituitosi, propone domanda riconvenzionale principale di accertamento dell'intervenuta usucapione e medesima riconvenzionale subordinata di condanna alla restituzione di una somma di circa € 150.000,00, affermando trattarsi di quota mutuata a favore di Sempronio, nonché degli oneri INVIM e condominiali, oltre alle utenze ed alle tasse, corrisposti dall'Ente Alfa per l'immobile oggetto di donazione.

Il Tribunale di Milano accerta e dichiara che Tizio era esclusivo proprietario dell'immobile e condanna l'Ente Alfa al rilascio immediato, rigettando la domanda riconvenzionale sull'usucapione, ma condannando Tizio a corrispondere all'Ente Alfa la somma di circa € 30.000,00 a titolo di spese straordinarie sostenute e documentate dall'Ente Alfa per l'immobile.

Secondo il Tribunale, era pacifica la legittimazione attiva di Tizio, stante l'accettazione tacita dell'eredità di Sempronio da parte di Caia e l'accettazione dell'eredità di Caia da parte di Tizio; mentre non poteva accertarsi l'usucapione a favore dell'Ente Alfa, in quanto mancava, in capo alla stessa, il corpus possessionis, essendo rimasto l'immobile nel possesso di Sempronio (stante la mancata notifica dell'accettazione della donazione), così come non poteva liquidarsi la somma asseritamente mutuata da Sempronio presso il medesimo Ente Alfa, dato che non risultava evidente un collegamento tra il denaro e la donazione.

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L'Ente Alfa interpone appello.

La Corte d'Appello di Milano accoglie l'appello e, in totale riforma della sentenza di I°, dichiara che l'immobile spetti all'Ente Alfa ritenendo rispettata la forma solenne per la donazione seguita, accettata dal donatario Ente Alfa con pari atto pubblico.

Secondo il collegio, la notifica dell'accettazione non attiene alla forma del contratto, ma mira a conseguire la certezza legale della conoscenza dell'accettazione da parte del donante ed è collegata alla facoltà di revoca della donazione, essendo invece irrilevante l'inosservanza delle modalità con cui detta accettazione viene portata a conoscenza del donante, quando lo scopo fosse comunque conseguito.

Peraltro, osserva la Corte d'Appello, non solo Tizio non contestava che Sempronio non avesse avuto conoscenza dell'accettazione della donazione da parte dell'Ente Alfa, bensì unicamente che la stessa non avesse seguito la rituale procedura di notifica prevista dall'art. 782 c.c., ma era anche evidente che il documento con cui Sempronio, manifestato il suo stato di bisogno all'Ente Alfa e chiesta l'erogazione della somma di €. 50.000,00, faceva quivi riferimento all'immobile donato, cui l'Ente Alfa rispondeva concedendo la maggiore somma di € 100.000,00, tradiva la piena consapevolezza, in capo a Sempronio, del perfezionamento della donazione a favore dell'Ente Alfa, a prescindere dal collegamento tra questa somma e la donazione, era evidente.

Non solo: secondo la Corte d'Appello era fondata la domanda riconvenzionale di usucapione a favore dell'Ente Alfa, in quanto lo stesso aveva esercitato il possesso tramite il proprio usufruttuario, Sempronio, al quale spettava la mera detenzione del bene, così da integrare il requisito del possesso pacifico e indisturbato richiesto ai fini dell'usucapione - si ritiene, abbreviata (cioè, decennale), a fronte della donazione, seppure in tesi non perfezionatasi.

Non rileva, secondo la Corte d'Appello, che l'Ente Alfa non intervenisse alle assemblee condominiali o pagasse le quote di spesa straordinarie del Condominio, perché erano state eseguite di contro le volture catastali dell'immobile ed era stata assolta l'INVIM.

Tizio propone ricorso per Cassazione e la Suprema Corte accoglie, in parte, il suo ricorso, rinviando alla Corte d'Appello di Milano.

Modalità di accettazione della donazione e requisiti legali

Come noto, la donazione è un contratto con cui una parte, per spirito di liberalità, arricchisce l'altra, disponendo a suo favore di un diritto o assumendo verso questa un'obbligazione (art. 769 c.c.).

Trattandosi di un contratto, dobbiamo rilevare una proposta ed un'accettazione.

Laddove, come nel caso che ci occupa, l'accettazione non avvenga insieme all'atto (pubblico) con cui il donante dispone dei suoi beni o si obbliga verso il donatario, l'art. 782, 2° comma, c.c., che disciplina la forma della donazione, prevede che l'accettazione debba necessariamente rivestire la forma dell'atto pubblico e stabilisce che la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione sia notificato al donante, in deroga al generale principio che non indica il mezzo attraverso il quale l'accettante deve portare a conoscenza del proponente la propria accettazione (art. 1326 c.c.).

A fronte di ciò e in posizione diametralmente opposta ai giudici d'appello, la Corte ritiene che «la notifica dell'atto di accettazione è un elemento costitutivo del negozio, prima del quale non si produce alcun effetto traslativo e che tale notifica non ammette equipollenti, non potendosi, dunque, considerare soddisfatto il relativo requisito con l'utilizzo di mezzi diversi dalla stessa e, tantomeno, come nel caso di specie, con una presunta conoscenza dell'accettazione da parte del donante».

Pur concordando con la Corte milanese nel ritenere che lo scopo di questa particolare forma di accettazione vada a tutela del donante, posto che, dall'accettazione (rectius, dalla sua notifica) la donazione non è più revocabile.

Ed ancora: la "notifica" individuata dall'art. 782, 2° comma, c.c., si identifica con la notificazione in senso semantico processuale, quindi quella procedura disciplinata dagli artt. 137 e ss. c.p.c., con inclusione della notifica a mezzo del servizio postale ai sensi dell'art. 149 c.p.c.: secondo la Cassazione, «con il compimento del procedimento di notificazione si consegue la certezza legale della conoscenza dell'atto pubblico da parte del destinatario, ad ulteriore conferma della differenza con la disciplina di cui all'articolo 1335 c.c. dove si è ammessi a provare di essere, senza colpa, nell'impossibilità di averne notizia».

Peraltro, pur essendo quanto sopra già sufficiente alla riforma della sentenza d'appello, la Corte sconfessa anche l'interpretazione del documento con cui Sempronio chiedeva il prestito all'Ente Alfa 'rinviando' alla donazione eseguita, in quanto, secondo i giudici di Piazza Cavour, non è possibile desumere, dal contesto di quell'atto, alcun tipo di consapevolezza del donante Sempronio circa l'avvenuta accettazione, da parte dell'Ente Alfa, della liberalità disposta a loro favore.

Chi esercita il possesso tra nudo proprietario e usufruttuario?

Come abbiamo visto sopra, secondo la Corte d'Appello meneghina, l'Ente Alfa, quale nudo proprietario dell'immobile donato, aveva esercitato il possesso 'mediato', cioè tramite Sempronio, usufruttuario, al quale spettava la mera detenzione del bene e, pertanto, aveva usucapito l'immobile per il decorso dei dieci anni previsti dall'art. 1159 c.c. (che, secondo la Corte, andavano dall'accettazione per atto pubblico dell'immobile da parte dell'Ente Alfa, del 1985, così essendosi perfezionato l'acquisto anche prima della morte del donante, avvenuta nel 2008).

Rammentiamo al lettore che, in una scala gerarchica ideale, alla sommità si colloca la proprietà, al disotto di essa il possesso e l'ultimo gradino è occupato dalla detenzione; solamente il possesso permette di accedere all'acquisto della proprietà per usucapione.

La Cassazione, avendo già affermato che la donazione tra Sempronio e l'Ente Alfa non si era perfezionata, difettando dell'elemento costitutivo e non accessorio della notifica dell'accettazione al donante, perviene alla conseguente osservazione per cui Sempronio rimase nel possesso dell'immobile, mentre l'Ente Alfa ne conservò la mera detenzione.

Peraltro, la Corte rammenta che, in caso di trasferimento della sola nuda proprietà di un immobile, il possesso non viene trasferito - perché, altrimenti, le parti stipulerebbero un contratto di disposizione della 'piena proprietà' - ma rimane in capo a chi si spogli della nuda proprietà - nel nostro caso, in capo a Sempronio che fu costituito usufruttuario.

La Corte cita altro precedente, sul punto: «Ove su di un immobile coesistano il diritto del nudo proprietario e quello dell'usufruttuario, il possesso che acquista rilievo ai fini dell'usucapione è, in primo luogo, configurabile a favore dell'usufruttuario, il quale può esercitarlo anche a vantaggio del nudo proprietario, ampliandone il godimento anche attraverso la costituzione di servitù attive; peraltro, se il nudo proprietario ha, di fatto, la disponibilità del bene, possono assumere rilievo anche gli atti di possesso dal medesimo compiuti, l'esercizio dei quali costituisce onere probatorio della parte che lo invochi (Sez. 2, Sent. n. 21231 del 2010)» e, nello stesso senso, Cassaz., Sez. II, sentenza n. 7821/2015, citata in pronuncia.

Peraltro, nel caso di specie, la Corte osserva come fosse mancata persino una materiale traditio, cioè consegna, del bene immobile donato, che rimase nella disponibilità di Sempronio sino alla sua morte.

Sentenza
Scarica Cass. 23 marzo 2022 n. 9476
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