Normativa sui lavori in prossimità di corsi d'acqua
In merito ai lavori che si intendono eseguire nei pressi di un corso d'acqua ancora oggi vige la normativa di cui al Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, nello specifico l'art. 96 (art. 168, legge 20 marzo 1985, n. 2248, allegato F) il cui testo è il seguente: "Sono lavori ed atti vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti:
a) La formazione di pescaie, chiuse, petraie ed altre opere per l'esercizio della pesca, con le quali si alterasse il corso naturale delle acque. Sono eccettuate da questa disposizione le consuetudini per l'esercizio di legittime ed innocue concessioni della pesca, quando in esse si osservino le cautele od imposte negli atti delle dette concessioni, o già prescritte dall'autorità competente, o che questa potesse trovare conveniente di prescrivere;
b) Le piantagioni che s'inoltrino dentro gli alvei dei fiumi, torrenti, rivi e canali, a costringerne la sezione normale e necessaria al libero deflusso delle acque;
c) Lo sradicamento o l'abbruciamento dei ceppi degli alberi che sostengono le ripe dei fiumi e dei torrenti per una distanza orizzontale non minore di nove metri dalla linea a cui arrivano le acque ordinarie. Per i rivi, canali e scolatori pubblici la stessa proibizione è limitata ai pianta menti aderenti alle sponde;
d) La piantagione sulle alluvioni delle sponde dei fiumi e torrenti e loro isole a distanza dalla opposta sponda minore di quella nelle rispettive località stabilita, o determinata dal prefetto, sentite le amministrazioni dei comuni interessati e l'ufficio del genio civile;
e) Le piantagioni di qualunque sorta di alberi ed arbusti sul piano e sulle scarpe degli argini, loro banche e sotto banche lungo i fiumi, torrenti e canali navigabili;
f) Le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi;
g) Qualunque opera o fatto che possa alterare lo stato, la forma, le dimensioni, la resistenza e la convenienza all'uso, a cui sono destinati gli argini e loro accessori come sopra, e manufatti attinenti;
h) Le variazioni ed alterazioni ai ripari di difesa delle sponde dei fiumi, torrenti, rivi, canali e scolatori pubblici tanto arginati come non arginati, e ad ogni altra sorta di manufatti attinenti;
i) Il pascolo e la permanenza dei bestiami sui ripari, sugli argini e loro dipendenze, nonché sulle sponde, scarpe e banchine dei pubblici canali e loro accessori;
k) L'apertura di cavi, fontanili e simili a distanza dai fiumi, torrenti e canali pubblici minore di quella voluta dai regolamenti e consuetudini locali, o di quella che dall'autorità amministrativa provinciale sia riconosciuta necessaria per evita re il pericolo di diversioni e indebite sottrazioni di acque;
l) Qualunque opera nell'alveo o contro le sponde dei fiumi o canali navigabili, o sulle vie alzaie, che possa nuocere alla libertà ed alla sicurezza della navigazione ed all'esercizio dei porti natanti e ponti di barche;
m) I lavori od atti non autorizzati con cui si venissero a ritardare od impedire le operazioni del trasporto dei legnami a galla ai legittimi concessionari.
n) Lo stabilimento di molini natanti."
Orbene su questo argomento si è di recente pronunciato il Supremo Collegio con la decisione n. 7644 del 01 aprile 2020. La norma in questione viene in rilievo per il punto f.
Autorizzazione idraulica in sanatoria
La vicenda nasce dalla richiesta di autorizzazione idraulica in sanatoria presentata da un condominio in quanto in parte ricadente nella fascia del corso d'acqua limitrofo.
In sede comunale, ottenuto due pareri favorevoli, il terzo - della Commissione Tecnica Regionale- ha contenuto negativo.
Inizia così la fase giudiziale della fattispecie con il ricorso del condominio al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche. Le lamentele principali dell'edificio sono: legittimo affidamento al rilascio dell'autorizzazione stante la licenza edilizia risalente al 1967; mero richiamo dell'orientamento della giurisprudenza senza entrare nel merito concreto del caso in esame; abbandono dell'alveo del fiume; l'esistenza dei due pareri favorevoli e la relazione tecnica di contenuto positivo dello stesso condominio.
L'autorità giudiziaria ha rigettato il ricorso affermando la natura inderogabile della norma, quindi l'impossibilità di edificare entro i dieci metri dagli argini dei corsi d'acqua in ragione della norma sopra richiamata.
In ragione di ciò, è impossibile il rilascio del provvedimento in sanatoria, vista la prevalenza delle norme statali rispetto al piano regolatore comunale, essendo quindi illegittimi i precedenti favorevoli.
"Il divieto di edificazione entro la fascia di servitù idraulica ha carattere assoluto e inderogabile, senza che possa avere alcun rilievo il tempo trascorso dall'abuso o la quantità di acqua effettivamente fluente": questa è in sintesi la motivazione della decisione del primo grado del giudizio.
Il condominio non si da per vinto e ricorre in Cassazione, riprendendo in sostanza le precedenti doglianze.
Il Supremo Collegio richiama la motivazione della sentenza di prime cure sopra riportata, confermando che si tratta di affermazione aderente ai principi giurisprudenziali interpretativi dell'art. 96 R.D. 523/1904: si tratta di divieto assoluto sotteso a ragioni pubblicistiche date dallo sfruttamento delle acque o dal loro libero deflusso.
Stante il divieto assoluto, non può essere concessa l'autorizzazione in sanatoria in ragione del disposto dell'art. 33 della Legge 28 febbraio 1985 n. 44, sulla cui base non sono concedibili provvedimenti in sanatoria per le opere in contrasto con i seguenti vincoli "… a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici; b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali; c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna; d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree".
Il divieto non opera dove risulti oggettivamente non sussistente un corso d'acqua pubblica o verosimile la sua ricostruzione per eventi naturali.
Sotto questo aspetto la difesa del condominio è stata carente non risultando dimostrato che l'alveo fosse asciutto da anni o che non fosse verosimile la sua rinascita. Da qui il rigetto del ricorso.
Riprendendo i principi della normativa, essa individua una "zona di tutela assoluta", data dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni con una estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione; quest'area deve essere adeguatamente tutelata e adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio, escludendosi pertanto tutte le altre opere.
Da quanto detto deriva che in essa vige il divieto di edificare. E' fatto divieto di realizzare, ad esempio, aree cimiteriali, cave che possono essere in connessione con la falda, apertura di pozzi, gestione di rifiuti, stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive; centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli pozzi perdenti.
Infine, quanto già realizzato deve essere oggetto di misure per il relativo allontanamento ed in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza.
Affianco alla normativa in esame vi è l'art. 133 (I comma, lett. a)) del Regio Decreto 8 maggio 1904 n. 368 che vieta, in modo assoluto, sui corsi d'acqua, strade, argini ed altre opere d'una bonificazione, "le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, e lo smovimento del terreno dal piede interno ed esterno degli argini e loro accessori o dal ciglio delle sponde dei canali non muniti di argini o dalle scarpate delle strade, a distanza minore di metri 2 per le piantagioni, di metri 1 a 2 per le siepi e smovimento del terreno, e di metri 4 a 10 per i fabbricati, secondo l'importanza del corso d'acqua".