Con ricorso giudiziario, Mevia, una "bella" signora ultranovantenne, quale conduttrice di un immobile in centro a Milano, ha chiesto al Tribunale locale - esasperata (almeno così la immaginiamo…) - di volersi inibire l'esercizio di un'attività di "risto-pub-discoteca" sita nel locale sottostante a proprio appartamento, previa condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria, a norma dell'articolo 614 bis c.p.c..
L'azione giudiziaria è stata da Mevia ben congegnata, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo.
In effetti - per quanto si legge nel provvedimento - il problema per l'anziana donna era per lei più che serio: vitale.
Il locale, nei fine settimana, veniva adibito a discoteca provocando immissioni rumorose (asseritamente) intollerabili che si protraevano fino alle quattro del mattino. Immissioni rumorose - ancora - che le impedivano di riposare, la cui entità era tale da creare addirittura delle crepe nei muri dell'appartamento. Senza tralasciare il chiacchiericcio che si sviluppava tra gli astanti avanti al locale.
Anch'esso denunciato appositamente e tacciato come rumore intollerabile (in seno al provvedimento in commento).
Insomma, una combinazione di eventi nefasti che ha costretto Mevia, addirittura, a prenotare costantemente una camera d'albergo per il fine settimana.
La causa è stata poi definita con una Sentenza del Tribunale di Milano pubblicata in data 05 dicembre 2018: assai interessante, per i tanti risvolti giuridici trattati. Esaminiamo quelli che riteniamo i più importanti o apparentemente tali. Ed invero.
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