È noto che la modifica dei criteri di ripartizione delle spese condominiali sancito dall'art. 1123 c.c. esuli dalle attribuzioni assembleari, per cui la decisione adottata a maggioranza che si proponga di raggiungere tale obiettivo è radicalmente nulla, con conseguente possibilità di essere contestata in ogni tempo dai condòmini che ne abbiano interesse.
A tale conclusione si giunge applicando l'insegnamento giurisprudenziale che affonda le sue radici nella celeberrima sentenza del 2005 resa a Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione (7 marzo 2005, n. 4806) le quali, quanto alla linea di demarcazione fra vizi di nullità e di annullamento delle delibere condominiali, hanno affermato: «in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi, relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto».
Più di recente le Sezioni Unite sono tornate sul punto; dando continuità alla decisione del 2005, hanno evidenziato che, in ambito condominiale, il legislatore ha optato per una disciplina giuridica improntata ad un «chiaro favore per la stabilità delle deliberazioni dell'assemblea dei condòmini, che sono efficaci ed esecutive finché non vengono rimosse dal giudice» tant'è che l'art. 1137 c.c. prevede, in caso di deliberazioni illegittime, la loro annullabilità, non già la loro nullità (Cass., Sez. Un., 12 aprile 2021 n. 9839).
Dunque, ove la delibera adottata dall'assemblea, quanto al suo profilo contenutistico, sia contraria ad una disposizione di legge la stessa è, di regola, annullabile.
Parimenti sono annullabili le delibere adottate nel caso in cui siano state violate le regole legislative che disciplinano la convocazione assembleare e, quindi, la corretta formazione della volontà condominiale.
A ritenersi diversamente le delibere condominiali potrebbero essere caducate in ogni tempo, data l'inapplicabilità alle ipotesi di nullità del termine decadenziale di cui all'art. 1137 c.c., così determinandosi una situazione di incertezza nella gestione degli interessi collettivi.
Residuano spazi per la declaratoria della nullità delle delibere condominiali in ipotesi specifiche, come ad esempio nel caso di loro illiceità per violazione di norme inderogabili le quali, in ambito condominiale, sono individuate per la maggior parte dall'art. 1138, quarto comma, c.c. e dall'art. 72 disp. att. c.c.
La giurisprudenza ha contribuito a individuare ulteriori ipotesi di inderogabilità, attribuendo ad esempio lo status di norma imperativa - e perciò assolutamente cogente - all'art. 1135 c.c., laddove stabilisce l'obbligo di costituire un fondo speciale per i lavori di manutenzione straordinaria e le innovazioni (ex multis, Cass., 5 aprile 2023, n. 9388).
Per quanto concerne specificamente la ripartizione delle spese condominiali, è la stessa norma di legge a sottrarre la materia alla competenza all'assemblea, laddove l'art. 1123 c.c. afferma che, salvo diversa convenzione, «Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno».
Più nel dettaglio, le delibere di approvazione delle spese condominiali, secondo il più recente orientamento, sono nulle nel caso in cui l'assemblea, con la maggioranza dei condòmini, modifichi, con effetto per il futuro, i criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la concreta ripartizione delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi (cfr. Cass., 29 gennaio 2024, n. 2580; Cass., 18 luglio 2023, n. 20888).
Sono altresì annullabili le deliberazioni che dividono le spese secondo un criterio illegittimo in precedenza adottato dal consesso, atteso che la nullità della deliberazione che modifica i criteri legali di ripartizione delle spese non si propaga alle successive decisioni che si conformano ad essa.
Così la giurisprudenza di legittimità: «le delibere dell'assemblea di condominio che ripartiscano le spese dando esecuzione a un criterio illegittimamente adottato in una precedente delibera nulla, sono annullabili e non nulle per propagazione, in quanto non volte a stabilire o modificare per il futuro le regole di suddivisione dei contributi previste-dalla legge o dalla convenzione, ma in concreto denotanti una violazione di dette regole, di tal-che la loro invalidità può essere sindacata dal giudice nel giudizio di opposizione al decret0 ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi solo se dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento nel termine previsto dall'art. 1137 c.c.» (Cass., 18 luglio 2023 n. 20888).
Dunque, l'aver ripetuto un criterio di ripartizione delle spese già adottato con precedente decisione nulla comporta un vizio di annullabilità della successiva deliberazione (Trib. Napoli, 21 maggio 2025, n. 5036).