La delibera dell'assemblea dei condòmini, che privi un singolo partecipante dei propri diritti individuale su una parte comune dell'edificio, rendendola inservibile all'uso e al godimento dello stesso, integra un fatto potenzialmente idoneo ad arrecare danno al condòmino medesimo; quest'ultimo, lamentando la nullità della suddetta delibera, ha perciò la facoltà di chiedere una pronuncia di condanna del Condominio al risarcimento del danno, dovendosi imputare alla collettività condominiale gli atti compiuti e l'attività svolta in suo nome, nonché le relative conseguenze patrimoniali sfavorevoli, e rimanendo il singolo condòmino danneggiato estraneo da gruppo ed equiparato a tali effetti ad un terzo (Principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, con Sentenza N° 23078 pubblicata il 26 settembre 2018).
Il fatto. Tizia, proprietaria di un'unità immobiliare compresa all'interno di un edificio condominiale, ha convenuto il Condominio innanzi al Tribunale di Trieste per vedersi risarcire il danno cagionatole dalla realizzazione di un ascensore nella corte interna.
Il danno lamentato consisteva nella riduzione di luce e aria all'appartamento posto al piano terra, e nell'impedimento all'uso di una rilevante porzione della suddetta corte.
Il Tribunale e la Corte di Appello hanno però rigettato la richiesta risarcitoria, sul presupposto che le delibere che avevano deciso l'installazione dell'impianto di ascensore non erano state impugnate in precedenza.
La causa perviene alla Corte di Cassazione, che la decide con Sentenza pubblicata il 26 settembre 2018
Il concetto di innovazione e il divieto posto in essere dalla legge. Tizia, ha assunto a fondamento della relativa pretesa risarcitoria che la realizzazione dell'impianto ascensore nella corte interna dell'edificio condominiale, deliberata dall'assemblea dei condòmini, le impedisca di far uso di una rilevante porzione di un'area comune.
Non solo, la stessa ha lamentato che l'impianto realizzato dal Condominio avrebbe avuto come conseguenza, a sé negativa, la riduzione della luce e dell'aria fruibili dal suo appartamento.
In quanto tale, l'opera condominiale, che integra una "innovazione", è stata qualificata come intervento in sé lesivo al divieto posto in essere dall'articolo 1120 codice civile, a mente del quale: "Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino".
Con riferimento alla nullità della deliberazione. Ciò posto, secondo i giudici di legittimità, la deliberazione in questione deve ritenersi nulla, in quanto lesiva dei diritti individuali di un condòmino su una parte comune dell'edificio, rendendola inservibile all'uso e al godimento dello stesso.
L'invalidità della statuizione viene argomentata in seno al provvedimento in commento sulla base del presupposto per il quale l'assemblea ha deciso in materia sottratta alle proprie competenze (in punto, cfr Cassazione civile, Sezioni Unite, 07.03.2005, n. 4806).
La nullità può essere rilevata, in via incidentale, in una causa risarcitoria. La nullità di una deliberazione dell'assemblea dei condòmini comporta che la stessa, a differenza delle ipotesi di annullabilità, non implichi la necessità di tempestiva impugnazione nel termine di trenta giorni previsto dall'articolo 1137 codice civile.
Una delibera nulla, secondo i principi generali degli organi collegiali, non può, pertanto, finchè (o perché) non impugnata nel termine di legge, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.
Alle deliberazioni prese dall'assemblea condominiale si applica, pertanto, il principio dettato in materia di contratti dell'articolo 1421 codice civile, secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d'appello, il potere di rilevare d'ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l'invalidità) dell'atto collegiale rientri tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (con riferimento proprio ad azione risarcitoria, cfr, Cass. Civ.10/03/2016 n. 4726).
In conclusione. Il ricorso in Cassazione formulata da Tizia è stato accolto, secondo il motivo di gravame qui considerato, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Trieste, al fine di dare luogo all'applicazione del principio sopra evidenziato: a mente del quale se una delibera condominiale è inficiata da un vizio di "nullità" la stessa è rilevabile anche in un giudizio avente ad oggetto una richiesta risarcitoria, e, anzi, rispetto a questa "causa" la relativa invalidità si pone come "questione pregiudiziale necessaria".