Assegnazione posti senza indicazione dell'ordine del giorno
Con la sentenza n. 360 del 2019 il Tribunale di Rimini si esprime su quello che potremmo definire un grande classico delle diatribe condominiali: la decisione del condominio su un argomento non indicato nell'ordine del giorno. In particolare, nel caso di specie la delibera impugnata riguarda il posizionamento di due nuovi posti auto.
Nessuna novità sull'argomento, ma la riaffermazione, evidentemente necessaria, di un principio.
Vediamo allora i fatti di causa e poi i motivi della decisione.
Assegnazione di posti auto e impugnazione per mancanza di ordine del giorno in convocazione
Questi in breve i fatti di causa.
I comproprietari di un'unità immobiliare posta in condominio impugnano la delibera con cui il condominio ha stabilito di collocare due nuovi posti auto; in particolare questi saranno da posizionare accanto ad altri esistenti, posti a ridosso delle vetrine del negozio di cui il condomino beneficiario era titolare. I due attori il giorno dell'assemblea erano assenti.
Successivamente alla delibera erano stati iniziati i lavori per la creazione dei due novi posti auto: ad essi si sarebbe fatto accesso da uno scivolo posto su un marciapiede in una parte comune, ad esclusivo vantaggio del condomino.
Le norme che secondo i condomini sono state violate sono tante: citiamo quelle che nel discorso rileveranno di più e cioè gli artt. 1105 e 1136 c.c. in relazione all'indicazione dell'ordine del giorno nelle convocazioni all'assemblea.
Il condominio si difendeva nel merito con varie argomentazioni, affermando che era prassi all'interno del condominio di consentire ai singoli condomini l'utilizzo del parcheggio in area condominiale; prassi che nessuno aveva mai contestato, e si dichiarava da subito disponibile ad annullare la delibera, affermando altresì che l'inutilità dell'azione giudiziale avendo proposto il condominio sin da subito l'annullamento della delibera e che il condomino interessato si era dichiarato disponibile e riportare lo stato dei luoghi precedente.
E così in effetti accadeva: nel corso del giudizio infatti veniva annullata la delibera impugnata e rimesso in pristino lo stato dei luoghi, dunque riportato il luogo allo stato precedente ai lavori.
Ciò non varrà però ad evitare al condominio la condanna alle spese, per il principio della soccombenza virtuale.
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Invalidità della delibera senza ordine del giorno
Ed invero il Giudice dichiara la delibera manifestamente illegittima, perché emessa in assenza di ordine del giorno, in violazione di un principio affermato in maniera costante dalla giurisprudenza, secondo cui è "necessario che, affinché la delibera adottata nell'assemblea condominiale sia valida, l'ordine del giorno fissato nella convocazione elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza, e di poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia alla opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti" (Trib. Rimini n. 360/2019).
Si tratta di un principio già varie volte affermato in giurisprudenza. La decisione cita tra i tanti precedenti e cioè, tra tanti, quelli di Cass. n. 13047/2014, Cass. n. 21449/2010; Cass. n. 13763/2004; Cass. n. 3634/2000; Trib. Torino, 10.6.2016; Trib. Genova, 14.4.2010.
L'impugnazione può essere promossa da chi ha contestato il vizio in assemblea oppure era assente; in quanto vizio attinente al procedimento di informazione, si tratta di un caso di annullabilità e non di nullità, secondo la storica distinzione che fece la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4806 del 2005.
La delibera va dunque impugnata entro trenta giorni (ex art. 1137 c.c.).
Condanna alle spese per soccombenza virtuale
Come anticipato, la circostanza che il condominio abbia provveduto senza attendere la decisione del giudice non lo salva dalla condanna alle spese in applicazione di quello che è detto principio della soccombenza virtuale.
Peraltro, osserva il Giudice, vi è prova documentale che la contestazione sollevata in giudizio era stata precedentemente resa nota all'amministratore del condominio, né alcun accordo era stato aggiunto dell'esperimento del tentativo (obbligatorio) di mediazione esperito prima del giudizio.
Dunque, la disponibilità del convenuto a risolvere bonariamente la controversia era stata manifestata solo a giudizio già avviato.
Tale circostanza assume rilievo perché ove le richieste di chi promuove il giudizio siano del tutto soddisfatte, ma le parti non raggiungano un'intesa circa le spese del giudizio, dunque questo va avanti solo affinché il giudice decida sul punto. Questi dovrà comunque valutare la fondatezza della domanda al momento in cui è stato proposta; inoltre, dovrà valutare anche come si è arrivati al giudizio, se ad es., come nel caso de quo, chi lo ha attivato ha cercato di risolvere la questione prima; nel caso de quo, la questione richiedeva una valutazione anche perché era stata sollevata dal convenuto (caduto dalle nuvole, potremmo dire, quando afferma che l'azione giudiziale è inutile e defatigatoria, che il condominio si era dichiarato disponibile all'eliminazione etc.).
Sul punto è utile leggere ad es., la decisione della Corte di Cassazione n. 16067 del 2017, già commentata su questa rivista.
Il condominio è dunque condannato alla refusione delle spese del giudizio, mentre non è accolta la richiesta di refusione delle spese di mediazione, non essendone stata fornita prova.